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224 | il ragazzo |
sicuro che, succedendo lo effetto, ne sarebbono derivati molti beni, fra li quali quello del matrimonio non mi pare il minore.
Flamminio. Non parliamo di matrimonio.
Valerio. Quasi che tu non ne avessi parlato poco innanzi e che non lo avessi a cuore! Ma sappi certo che, non togliendo lei per moglie, le fatiche saranno poste indarno. Ed a che effetto estimi tu che siano i molti segni che Livia dimostra in amarti e le spesse imbasciate che tu ne hai avuto? Non ti parlo della conclusione di questa notte.
Flamminio. Alla buon’ora.
Valerio. È da credere che la buona fanciulla faccia ciò che ella fa per consiglio della madre: si come fanno, molte volte, le povere gentildonne; le quali, per questa via, trovano modo di maritar le figliuole senza dote agevolmente.
Flamminio. Avegna ciò che si voglia. Ben ti voglio far certo che io amo assai piú il contento mio che la grandezza delle doti.
Valerio. E tu savio, perché egli s’ha a vivere e a morire con la moglie: la quale se aviene che si conformi con le tue voglie, la vita tua è il paradiso; se è ritrosa e bestiale come sono la maggior parte delle femine, credi a chi l’ha provato che minor pena è l’inferno. L’inferno, Flamminio, è minor pena.
Flamminio. Se io non ci saprò essere, mio danno. Ma pure che Ciacco, in questo mezzo, non mi tradisca.
Valerio. Non dubitar di lui, che egli ti serve da vero ed è per fare a tuo padre una burla la piú piacevole del mondo.
Flamminio. S’egli desse a te parole, e che io fosse il burlato, che ti parrebbe?
Valerio. Pensi tu che io sia una bestia? Chi la fará a me la potrá fare anco a un ghiotto. E poi la cosa va a un altro modo; che io sono l’autore, se noi sai.
Flamminio. Potrebbesi far senza? che a me non piace che si facciano burle a mio padre; e non mi par ben fatto.
Valerio. Hai paura ch’egli non s’uccida?
Flamminio. Potrebbe sdegnarsi meco di maniera che non si rapaci fi carebbe piú.