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220 il ragazzo


Flamminio. Ascolto.

Pedante. Io non so da qual causa, da qual pravo cogitamene) procede e deriva che tu sei diventato discolo.

Valerio. È egli qualche animale questo «discolo» o qualche uomo salvatico?

Pedante. «Discolus, quasi a schola divisus», Boétius, De scolastica disciplina. E, che ciò sia vero, non soleva prima passar giorno che tu non mi mostrassi qualche dettato o qualche epigrammatino. Nunc vero, e credo che luna quater latuit, non mi ostendi amplius né prosa né verso; e poi non frequenti cosí il ludo letterario come solevi da prima. E, pure se vi vieni, una letiuncula, e addio.

Flamminio. Non sapete voi.quello che dice Terenzio?

Pedante. Quid inquit comicus noster, fili? Egli ha una memoria acutissima.

Flamminio. «Haec dies aliam vifam adfert, alios mores postulata, se io ben mi ricordo.

Pedante. Ita est. Ma tu non penetri bene le medulle di questa pulcherrima sentenzia.

Flamminio. Disciferatela a modo vostro.

Pedante. Vuole inferir Terenzio che, quando il parvulo è uscito della etá puerile et ingresso nella adolescenzia, come sei ingresso tu, «tunc», allora, «illadies», quel tempo, «adfert» induce «aliam vitam», un’altra vita; et«ipsa», subintelligitur, «aetas» vel «dies postulat», inquire «alios mores», altri costumi. Id est che doverebbe ritenere in seipso alquanto piú di gravitá e lassare penitus, del tutto, i costumi puerili.

Valerio. E non praticar con spagnuoli, è vero?

Pedante. Optime locutus est famulus: e non praticar con spagnuoli, idest con qual si voglia sorte di cortigiani. Nanque, prò, quia, perché, quando non ci fosse altro, si dá cagione alle persone d’incorrer nel peccato della mormorazione, quod grave est.

Flamminio. Adunque, sono di si mala sorte i cortigiani?

Pedante. Lege le optime e saluberrime opere di quella tuba angelica, di quel profeta veridico, di quel flagellum principum