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atto primo | 209 |
ATTO I
SCENA I
Messer Cesare vecchio, Valerio famiglio.
Messer Cesare. In fine, quando io vo bene tra me stesso discorrendo, io trovo che Amore è gran signore. Valerio. «Gran pazzo» era piú bel detto. Messer Cesare. Che dice costui? Valerio. Io dico, padrone, che egli ha una sorella che lo avanza di signoria e ha maggior copia di cavalieri che la cortégiano. Messer Cesare. Questo io non ho piú inteso. E come si chiama ella? Valerio. La signora Pazzia; la quale non è pur solamente sorella, ma corpo e anima di Amore. Messer Cesare. Tu vói inferire che gli innamorati son pazzi f è vero? Valerio. Non tutti, ma una parte. Messer Cesare. Adunque, il tuo dire non tocca a me? Valerio. Io stimo che tocchi piú a voi che ad altri. Messer Cesare. Fa’ un poco di distinzione. Qual sorte d’innamorati intendi tu che sian pazzi? Valerio. I vecchi pari vostri. Messer Cesare. Adunque, tu di’ ch’io son pazzo? Valerio. Pazzo no, che sarebbe troppo; ma dico che Amore ha fatto del vostro intelletto il medesimo che e’ suol fare di quello degli altri vecchi. Messer Cesare. Parti che un servitore debba col suo padrone favellare a cotesto modo? Commedie del Cinquecento - il. 14