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190 | l’aridosia |
Marcantonio. E di chi?
Mona Pasqua. Della sua monaca.
Marcantonio. Sia col malanno che Dio ti dia! Che modo di dir le cose è questo?
Mona Pasqua. Oh! Marcantonio, perdonatemi. Le m’avevano detto ch’io non dicessi nulla.
Marcantonio. E che sai tu che l’abbi partorito?
Mona Pasqua. Sollo.
Marcantonio. E che, in malora?
Mona Pasqua. Vengo ora da lei; e ho visto el bambino e lei che l’ha fatto. E tutto el monasterio è sottosopra per questo caso. Ma, per questa croce, Marcantonio, che voi non vedesti mai il piú bel bambino.
Marcantonio. Ei debbe pur esser vero. O Marcantonio, troppo tardi sono stati e’ tua consigli! Io ho saputo prima che l’abbi fatto el bambino che ella sia grossa. Vattene, vecchia cicalacela! e fa’ che non ne parli con persona.
Mona Pasqua. Oh! A Erminio?
Marcantonio. A lui manco.
Mona Pasqua. Bisogna pur che ei proveggia la balia e l’altre cose.
Marcantonio. Provederò io quel che occorre.
Mona Pasqua. Se ei mi vede, bisogna pur ch’io li dica qualche cosa.
Marcantonio. Non ti lasciar vedere.
Mona Pasqua. Ve’ che non li potrò domandar la mancia! Volete voi altro?
Marcantonio. Oh Erminio! Tu mi dovevi pur dire che l’era per partorire; e non voler vituperare te e quel monasterio. Orsú! A’ rimedi! I’ sarei stato troppo felice, s’io non W avessi avuto aver di queste brighe. Ei bisogna pensare che i giovani faccino de’ disordini. Io voglio andar qua in chiesa e parlar con la priora e intender e’ particulari della cosa per poter pigliare poi quei rimedi che migliori ci parranno.