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184 | l’aridosia |
SCENA IV
Mona Pasqua, Erminio.
Mona Pasqua. Il mio padrone ha la cocente.
Erminio. O Dio, aiutami!
Mona Pasqua. Ah! s’tu fussi innamorato di me!
Erminio. Oimè! Io sono udito.
Mona Pasqua. Ti farei andar cento miglia per ora.
Erminio. L’è quella pazzaccia di mona Pasqua. E che bisbigli tu, befana?
Mona Pasqua. Dicevo ch’io trattavo meglio e’ mia innamorati che non fa Fiammetta voi.
Erminio. Guarda chi vuol metter la bocca in Fiammetta mia! E chi fu innamorato di te, se non fu il boia?
Mona Pasqua. El boia? Fate conto ch’io non ho quella cosa come l’altre!
Erminio. E piú un palmo. Ma che fai tu qui a quest’ora?
Mona Pasqua. Dove m’avevi voi mandato?
Erminio. Tu se’ giá stata a casa mona Gostanza?
Mona Pasqua. Che vi pensate? Si truovon poche mone Pasque!
Erminio. E massime belle come te.
Mona Pasqua. S’i’ non son bella, mio danno. Oh! Voi m’avete stracca. Sempre mai mi state a dir cento ingiurie.
Erminio. Dove è la lettera?
Mona Pasqua. Toglietela.
Erminio. Portala adesso adesso alla priora e dagnene in propria mano. Poi va’ alla maestra della Fiammetta e digli che, se la priora è contenta, che ti rimandi subito a me; e io manderò chi la porti.
Mona Pasqua. Che porti chi?
Erminio. Di’ a questo modo. La t’intenderá bene.
Mona Pasqua. Dove volete voi che ei la porti?
Erminio. Tu m’hai infastidito. Di’ a suor Manetta che ti dica se la priora è contenta; e non altro. Diavol che tu non tenga a mente!