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180 l’aridosia

sempre vi ho portati, di far in me ogni ultimo sforzo per contentarvi, pensando dover trovar poi in voi gran compassione.

Marcantonio. Se tu pensi d’aver bisogno di compassione, io sto fresco!

Erminio. Volete voi da me quel ch’io non posso?

Marcantonio. Né da te né da nessuno altro voglio l’impossibile. Ma pruova, figliuol mio, perché quel che ti par strano e spiacevole in sul principio alla fine grato e piacevol ti sará; che questa è la natura delle cose ben fatte. Però lasciati consigliare e pensa ch’io, e’ ho piú sperienzia di te, ti dico questo per il ben ch’io ti voglio.

Erminio. Io farò quel ch’io potrò.

SCENA III

Aridosio, Marcantonio ed Erminio.

Aridosio. Oimè!

Marcantonio. Ma chi si lamenta?

Aridosio. Oimè!

Erminio. Chi diavolo è questo? Aridosio, per Dio, che si rammarica de’ dumila scudi.

Aridosio. E’ mi mancava questo! Oh figliuol del diavolo, nato per farmi morire!

Erminio. Non dite niente, di grazia, che voi guastereste el disegno a Cesare.

Marcantonio. Io lo voglio aiutare in quel ch’io posso.

Aridosio. In un medesimo di ho perso dumila ducati, sono stato ingannato d’un rubino, uccellato da Lucido e sgarato da Tiberio: si che altro non mi resta che morire. Oh sorte! Tu se’ pur troppo crudele, quando ti deliberi di far male a uno. Io non ho giá mai offeso altri che me stesso.

Erminio. E’ s’è avvisto della burla degli spiriti.

Marcantonio. Infatti la fu troppo crudele.

Erminio. E’ non si potea fare altro.