Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/168

156 l’aridosia


Aridosio. Oh! Addio, Erminio. Io non t’avevo conosciuto.

Erminio. Mi raccomando a voi. Egli è in còllora meco perché e’ pensa ch’io li svii Tiberio; ed ha fatto vista di non mi conoscere.

Lucido. Che guardate voi, che non ne venite?

Aridosio. No; nulla. Va’ pur lá.

Erminio. Ed io non me ne curo, che gli è un uomo da non lo volere per amico non che per padre. Ma che rest’io di bussare alla ruota? Tò, tò, tò.

SCENA VII

Monaca alla ruota, Erminio, Suor Marietta.

Monaca. Ave Maria.

Erminio. V vorrei che voi mi chiamassi la Fiammetta.

Monaca. EU ’è malata grave e non vuole che nissun la visiti. Non so s’io me li potrò fare l’imbasciata.

Erminio. Fategnene in ogni modo e, se lei non può venire, dite che mandi la maestra.

Monaca. Orsú! Io vo.

Erminio. Egli è ben vero quel che si dice: che chi un paio di guanti logora intorno a queste grate ce ne logora ancora sei dozzine. Quante volte ho io annoverati questi ferri! e considerati quali si dimenino, quali sieno impiombati, quali no! E so in qua’ vani si può mettere la mano a chius’occhi.

Suor Marietta. Chi m’ha fatta chiamare? Oh Erminio! Che ci è?

Erminio. Male, suor Marietta mia, da poi che la Fiammetta ha male lei.

Suor Marietta. Ella ha avuto si grande dispiacere di non ti potere venire a parlare! E non è venuta, piú ancora, perché le monache non li veggano il corpo grosso; perché le doglie non la stringon tanto che la non fussi potuta venire.

Erminio. Che l’ha le doglie, ch? . Suor Marietta. Oh! La potrebbe far ogn’ora el bambino.