Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
atto secondo | 153 |
SCENA V
Lucido e Aridosio.
Lucido. Non vi date impaccio del prete, che io ve lo troverrò e tanto dabbene che non potresti trovar meglio; il maggiore scaccia-diavoli non è in Toscana.
Aridosio. Io ho scarico l’animo, da poi che la lastra sta bene.
Lucido. Che dite voi?
Aridosio. Dico che mi si leverá dell’animo una gran briga, se questi diavoli si mandan via. Ma io ti ricordo, Lucido, ch’io j son povero; ed, oltre ai danni che m’hanno fatti in casa, non vorrei aver a pagare a cotesto prete un occhio d’uomo.
Lucido. Non dubitate: ch’egli è persona che starebbe contento quando non gli dessi niente.
Aridosio. Io farò bene a cotesto modo. Ma come gli manderá egli via se gli hanno serrato l’uscio e le finestre?
Lucido. Con le orazioni e scongiuri: le quale entrano per tutto, benché sieno serrati li usci e le finestre.
Aridosio. Uscirann’eglin per l’uscio o per le finestre?
Lucido. Bella domanda! Posson uscir donde vogliono; ma bisogna che faccin un segno per il quale voi conosciate che ne sieno usciti. Ma basta. Avviatevi inverso Santo Frediano dov’è quel prete mio amico. Ed io vi vengo dreto. E merremlo qui di subito; e caverenne le mani. Intanto domanderò Erminio mio padrone, che di qua ne viene, s’ei vuol niente.
Aridosio. Andiamo insieme, Lucido.
Lucido. Avviatevi, ch’io vengo adesso.
Aridosio. No. Io ti voglio aspettare.
Lucido. Guarda che vecchio pazzo è questo! Dianzi voll’esser solo; adesso, a mio dispetto, vuol ch’io vadia seco. Lo domanderò pur se vuol niente.