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146 l’aridosia


Tiberio. Costei? e perché?

Lucido. Vuoi tu che tuo padre la truovi qui?

Tiberio. Dove vuoi tu ch’io la mandi, cosí sola?

Lucido. Dove l’è usa a stare. E tu vattene, per un’altra via, in villa.

Tiberio. Oh! Cosí scalzo? Dch! Lucido, truova un altro modo che io non abbia a partir da Livia mia.

Lucido. Lo farò, se tu truovi un modo che tuo padre non venga qui. Se noi avessimo il tempo lungo e fussimo tutti d’accordo, difficile sarebbe trovar remedio a questo disordine. Oh! Pensa, essendo mal d’accordo e senza tempo!

Erminio. Tiberio, tu fai sopra le spalle tua. Se tuo padre ti truova qui, come pensi tu che l’abbia a ire?

Lucido. I’ mi maraviglio ch’egli stia tanto perch’egli era giá drent’alla porta. È ben vero che va appoggiandosi e par che porti i frasconi.

Tiberio. Non sarebbe meglio ch’io mi rinchiudessi con Livia in una di queste camere e non li rispondessi mai?

Erminio. Oh bel disegno! Non vorrebb’egli veder chi vi fussi?

Tiberio. Gli arebbe forse paura a entrar lá.

Lucido. Orsú! Io v’intendo. State di buon animo: che io ho trovato un remedio col quale, standovi nel letto, medicherò tutti questi mali. Vattene, tu, drento da Livia. Voi, Erminio, rimanete fuori.

Tiberio. Oh che buona pensata è stata questa!

Lucido. Ma chiudete questa porta col chiavistello e colla stanga; e fate conto che non sia nessuno in questa casa; e, se gli è bussato, e se fussi rovinata la porta, non rispondete niente; e non fate strepito per casa: abbiate insin cura che il letto non faccia romore. Dall’altro canto, state attenti che, quando io mi spurgo, voi facciate il maggior romore che sia possibile con la panca, col letto, con quel che v’è. Ed uno di voi vadia in sul tetto e gitti giú qualche tegolo quando sente brigate intorno all’uscio. E non uscite una iota di questa commissione, che voi e me ruineresti a un tratto.

Tiberio. Non dubitare. Cosí faremo.