senza vergogna, senza amore e senza sale; e, insomma, un mostro ingenerato da’ vizi e dalla sciocchezza. E la mia mala sorte ha voluto che io abbia a esser sottoposto a tanto male. Non m’è mal chi mi ha sottoposto; perché quattro anni sono ch’io cominciai a voler bene a Cassandra, la sua figliuola, non pensando però che questo nostro amore avessi avere si tristo effetto. Ma, andando crescendo, come fanno tutti li amori ben collocati, mi condussi a tale grado che poco piú accender mi poteva che quel ch’io ero, rendendomi pur lei del continuo il cambio. Né altro far potevamo che scriver, talvolta, l’uno all’altro qualche lettera, pur con molti rispetti. E, sendo venuto a termine che viver piú senza lei non poteva, né trovando via piú facile a satisfare il desiderio mio, pensai di addimandarla per moglie. E, conferito la cosa con mio padre, laudò il parentado per ogni altro conto che per il suocero; ma, considerando la voglia ch’io n’avevo e l’altre tutte buone parti, deliberò di farne parlare a persone di auttoritá con Aridosio, pensando che la cosa dovessi aver effetto perché era giudicato cosí da ogni omo. E cosi, trovato, pur con fatica, chi volessi negoziare tal cosa e parlato seco, s’ebbe risposta che il parentado li piaceva; ma che era povero e che non aveva il modo a dar una dote conveniente alla sua figliuola. Ed a me questa risposta, che in sul principio mi parve buona, mi diventò col tempo cattivissima in fra mano: perché io cercavo lei, e non la dote, e lei ignuda, non che senza dote, mi bastava; ma mio padre mi comandò che, senza mille ducati d’oro, mai concludessi il parentado o facessi conto di mai piú li capitare innanzi. Ond’io, per paura di mio padre, fui forzato a chinar le spalle e cercar nuove vie perché a farli dar mille ducati era tanto possibile quanto farlo diventar omo da bene. E cosi, riprovando altri modi, lo feci, credo, insospettire; e, forse anche per fare piú masserizia, el buon uomo se ne andò in villa ed èvvi giá stato piú di uno anno: dove mal contenta tien quella povera figliuola, credo, a zappar la terra; che meriterebbe di essere regina...