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118 l’amor costante


SCENA VII

Agnoletta, Cornacchia.

Agnoletta. Tic toc, tic toc.

Cornacchia. Chi è lá? chi è lá? Oh! oh! Addio, Agnoletta. Oh! Tu sei prete ingordo! Non ci è piú ordine.

Agnoletta. No, no; non vo’ cotesto: el serbaremo a domane. Ma dimmi: è tornato messer Giannino?

Cornacchia. Non è tornato, grattugina mia dolce.

Agnoletta. Addio. Sai? A rivederci domane.

Cornacchia. Si, si. Come le sardelle!

Agnoletta. Dove dia voi è intrato, oggi, costui? Bisognará riserbarlo a domane.

SCENA VIII

Sguazza, Agnoletta.

Sguazza. Ah! ah! ah! ah! ah! Che si ch’io crepo d’allegrezza! Ah! ah!

Agnoletta. Costui, qua, fa un gran ridere. Voglio un poco stare a udire che nuove ch’egli ha.

Sguazza. Criep, frap, ler! Ah! ah! ah! Brong, gualif, guendir! Ah! ah! ah! Che si ch’io impazzo per troppo bene!

Agnoletta. Che domine sará?

Sguazza. Non sia nissuno che mi dia impaccio. Io sarò felice, io sguazzarò, io sarò l’imperatore, io sarò re, io sarò il li conte dell’Anguillara. Chi stette mai in su la santa paparina come starò io? Oh! Se mi s’attraversasse per la via, or ch’io son felice, qualcun di questi frati traditori che par che non abbino altre facende mai che comandar digiuni, con un sol calcio lo vorrei mandare in paradiso. Oh corpiciuolo! Tu hai a avere il bel tempo, traditore! Ah goletta ladroncellina! Tu t’ingollami i buon bocconi! Denti, fatevi di ferro. O santo