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114 | l’amor costante |
Maestro Guicciardo. Di tutto mi ricordo. E mi pregaste che io cercasse di saper nuove, in Roma, d’un vostro figlio.
Guglielmo. Cosí fu. Ora la Fortuna, buona in un tempo e cattiva, m’ha fatto oggi conoscer che questo è il mio figlio che vi dissi essere in Roma. E questo è mio fratello.
Maestro Guicciardo. Gran tenerezza sento, certissimo, della buona sorte vostra. Dunque questo è messer Consalvo? A pena vi riconoscevo; e giá eravamo molto amici. Vi voglio abbracciare.
Messer Consalvo. Or pur vi riconosco, maestro Guicciardo.
Maestro Guicciardo. E con voi ancora, messer Giannino, mi rallegro perché sempre v’ho amato da figlio.
Messer Giannino. Ed io vi reverirò sempre da padre.
Guglielmo. Ora, maestro Guicciardo, quel che per ora importa piú non v’ho detto. Avete a sapere come, acciò che in me questa consolazion durasse poco, ha voluto la sorte che, forse d’un’ora innanzi ch’io sapesse tutte queste cose, facesse dar bere la bevanda che voi m’ordinaste, com’io vi dissi, a quella giovene che io ho in casa: la quale ho saputo poi medesimamente che è la mia figliuola Ginevra. E quel Lorenzino, ch’io vi dissi aver trovato con essa, è il suo marito, come meglio intenderete poi in casa agiatamente, perché è pericolo nell’indugio. Or voi potete pensarvi quel che vogliamo da voi: che, se gli è possibile, si trovi rimedio a questa cosa.
Maestro Guicciardo. Oh sorte felicissima di questo uomo! caso non piú sentito! Quanto mi diceva oggi l’animo che simil cosa avesse da riuscire! quanto v’avete da lodare della fortuna vostra!
Messer Giannino. Perché, maestro Guicciardo?
Maestro Guicciardo. Felici e aventurati voi!
Guglielmo. Dite, di grazia, presto: perché felici?
Maestro Guicciardo. Perché, quando veniste oggi a me per questa composizione, non potendo io distorvi da tanta impictá, pensai che restasse per esser voi troppo fresco allora ne la còlerá e che, poco di poi, voi v’avesse a pentire di tutto il fatto. E, per questo, vi dèi una composizione vana: pensando di