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96 | l’amor costante |
SCENA X
Messer Giannino, Vergilio, Spagnuolo,
Todesco, Sguazza.
Messer Giannino. Con li amici piú che fratelli come siam noi, messer Luigi e messer Iannes, non bisogna far tante parole. Voi conoscerete, occorrendo mai, quanto prontamente ve ne renderò il cambio.
Spagnuolo. Non azemos estas palabras en nos mismos.
Vamos mas priesto á dar gastigo a el vieio locco della vellacaria que haveis narrado.
Messer Giannino. Voi sapete quanto m’importa la vita di Lucrezia da la qual depende l’esser mio totalmente.
Todesco. Torto fare, messer Iannin. Stare noi amici.
Messer Giannino. Or non indugiam piú, dunque. Su, Sguazza! Che fai che tu non vieni?
Sguazza. Non trovo arme da me, che non ci è qua altro che certe picche. Ma non mi piaccion picche, perché vorrei arma longa per combatter discosto.
Vergilio. Costui ci fará piú danno che utile, padrone.
Sguazza. Ecco ch’io l’ho trovata, per Dio! Questo è ’l mio bisogno. Oh che balestra de Dio! Parvi ch’io la ’ntenda? Starò discosto e farò piú fatti de nessun di voi. Ma vogliamo chiamare el Cornacchia, che saremo tanti piú?
Vergilio. Siamo d’avanzo noi.
Sguazza. Du’ volete ch’io li coglia a Guglielmo, messer Giannino? o in una orecchia o nella brachetta?
Spagnuolo. Vamos, vamos.
Sguazza. Cancar a mona Piera! Vedo aperta la porta. È segno che non han paura. Volete ch’io vi dia un buon consiglio?
Messer Giannino. Che cosa?
Sguazza. Riserbiamoci a domane, che ci sentirem meglio e sarem piú freschi.