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atto quarto 91


Panzana. Al corpo d’Ognisanti, che costui è pazzo quanto el mio padrone. Parvi che vi si sieno accozzati? State a udire: ch’io credo che noi aremo un bel piacere.

Messer Ligdonio. Besognará ca, per na notte, facciate lo meglio che se pò da voi a voi. Roberto. Io so’ stato in molte cittá, a’ miei giorni, e non m’è mai accaduto questo. Anzi, non so’ prima scavalcato ch’io ho visto qualche bella donna e, con qualche imbasciata e presente, n’ho spiccati di buon favori e, molte volte, n’ho avuto l’intento mio.

Panzana. Oh povare donne!

Messer Ligdonio. Lo credo. M’è intravenuto ancora a me lo simile. Ma la Signoria Vostra, se le piace, da dove è?

Roberto. So’ perugino e, al presente, son gentilomo del principe di Salerno e, da due anni in qua, mi so’ stato quando a Salerno e quando a Napoli.

Panzana. Al sangue di Dio, ch’io me l’indivinavo. Parvi che, in si poco tempo, gli abbino insegnato benissimo quei signori napolitani? Gli ha imparato prima e’ costumi che la lengua.

Messer Ligdonio. Oh quanto è bella stanza chillo Napoli! che songo de Napoli io ancora.

Roberto. Bellissima! divinissima! Lá vi sta Amore continuamente con l’arco in ponto.

Messer Ligdonio. Cussi è veramente; e io ne saccio rennere rascione chiú che omo.

Roberto. Non mettiam bocca a Napoli che è ’l fior del mondo. Ma io so’ stato in assaissime altre cittá; e per tutto trovo le donne con molta larghezza, salvo che qui in Pisa.

Messer Ligdonio. Non ne site molto informato; ca ancora qui hanno la medesima natura e ènee da darse no bellissimo tiempo. Saccio ben io quillo che me dico.

Panzana. Sa ben lui. State pur a udire.

Messer Ligdonio. E massimamente voi ce aresse vo lo luoco vostro perché mostrate a la cera che site molto pratico a far l’amore.