Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/102

90 l’amor costante


SCENA VIII

Roberto gentiluomo del principe di Salerno,

Messer Ligdonio, Panzana.

Roberto. Questa terra è molto secca di gentildonne. Gira di lá, volta di qua, e’ non se ne vede una. In fine, questo messer Consalvo ara pazienzia; che non sarebbe possibile ch’io ci fornisse questi due giorni, se mi ci legasse. Ma qual sarebbe la via di ritornare all’ostaria? chi potrei trovar che m’insegnasse l’ostaria del «Cavallo»?

Messer Ligdonio. Quisso, per quanto se vede, dev’esser forastiere.

Roberto. Oh! Ecco qua chi forse saprá insegnarmela. Mantengavi Dio, signori gentiluomini. Saprestimi insegnar la via d’andare all’ostaria del «Cavallo»?

Messer Ligdonio. Segnor si. Vostra Signoria pigli da loco; e voltate a man diritta e po’ a mano manca, primo da ca e po’ da lá; e iate deritto, ca trovarite forse chi la saperá.

Roberto. Séte pisano voi, se vi piace, la Signoria Vostra?

Messer Ligdonio. Al comando de la Signoria Vostra.

Roberto. Questa vostra cittá è molto povera di gentildonne.

Messer Ligdonio. Non lo sapite bene, perdonatime. Ce ne songo assai e bellissime.

Roberto. O dove sono, che non se ne vede? Io m’ero partito da l’ostaria per veder di procacciarmene almanco una per stasera; e lu i ne veggio pure, non ch’io li possa parlare.

Panzana. Doh potta di santo Austino! Costui non è stato qua un giorno intero e pensa di por mano alle gentildonne. Ti menarai la rilla, si, a fé.

Messer Ligdonio. Serra defficile cussi oie; ma, se ve ce fermate quarche iorno, n’averite chiú ca non vorrite.

Panzana. Odi quest’altro!

Roberto. E stasera come potrò fare? ch’io non so’ avezzo con scarparie; e dormir solo non voglio, due sere a la fila.