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68 la calandria


Fessenio. Lassamela leggere.

Samia. Oimè! non fare, che forse te ne avverria qualche male.

Fessenio. S’io dovesse cascar morto, vedere la voglio.

Samia. Guarda, Fessenio, quel che fai. Le son cose da demoni.

Fessenio. Non mi dá noia. Mostra pur qua.

Samia. Non far, dico. Segnati prima, Fessenio.

Fessenio. Dch! da’ qua.

Samia. Si; ma vedi che in ciò sia tu piú muto che un pesce perché, se mai si risapesse, trist’a noi!

Fessenio. Noi pensare. Da’ qua.

Samia. Leggi forte, che intenda anch’io.

Fessenio. «Ruffo a Fulvia salute. Lo spirito sapeva che d maschio era fatto femina Lidio tuo. Meco ne ha riso assai. Ti medesima cagion fusti del suo danno e del tuo dispiacere; sta’ sicura che allo amante tuo rimetterá presto il ramo...».

Samia. Che dice di ramo?

Fessenio. Che riará la coda, ha’ lo inteso? «...e a te subito ne verrá. E piú dice che egli arde di te tanto piú che prima che altri che te piú non ama, piú non stima, piú non conosce piú non ha in memoria. Di ciò non parlare perché gran scan dolo ne seguiria. Mandali denari spesso; e cosí allo spirito, pei farlo a te grato e a me felice. Vivi lieta e di me te ricorda che fidelmente ti servo».

Samia. Or vedi s’egli è ’l vero che gli spiriti possino e sappin tutto?

Fessenio. Io resto il piú stupefatto omo del mondo.

Samia. Voglio portar presto questa buona nuova a Fulvia Fessenio. Vatti con Dio. Oh potenzia del cielo! Debbo io però credere che Lidio, per forza de incanti, sia converso in femina e che non amerá né conoscerá se non Fulvia? Altro che ’l cielo noi potria fare. E pur costei dice che Fulvia lo ha tócco con mano. Intendo vedere questo miraculo prima che maschio ridiventi; e poi adorare questo negromante, se cosí trovo. Per questa strada di qua a Lidio me ne vo; che in casa forse sará.