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atto terzo | 47 |
E perché non mi è lecito da omo vestirmi una sol volta e trovar lui, come esso, da donna vestito, spesso è venuto a trovar me? Ragione voi è. Ed egli è ben tale che merita che questa e maggior cosa si faccia per lui. Perché far noi devo? perché non vo? perché perdo io la mia giovinezza? Non è dolor pari a quello de una donna che si trova aver perso la sua giovinezza in vano. Fresca sta chi crede, in vecchiezza, ristorarla. Quando tro verrò io uno amante cosí fatto? quando arò io tempo andarlo a trovare, come al presente, che egli è in casa e che il mio marito è di fuora? chi mei vieta? chi mi tiene? Certo, si farò, che ben mi accorsi che Ruffo interamente non si confidava disporre lo spirito per me. Li ministri non operano mai bene come colui a cui tocca; non eleggono il tempo commodo; non mostrano lo effetto de l’amante. Se io da lui vo, vedrá le mie lacrime, sentirá e’ mie’ lamenti, udirá e’ mie’ preghi. Or butteromegli ai piedi, or fingerò morire, or al collo le braccia li circunderò: e come sará mai si crudele che a pietá di me non si mova? Le parole amorose, per li orecchi dal core ricevute, hanno piú forza che stimar non si può e alli amanti quasi ogni cosa è possibile. Cosi spero; cosí far voglio. Or da omo a vestir mi vo. Tu, Samia, su l’uscio resta: né lassar fermarsici alcuno, acciò che io, a l’uscire di casa, cognosciuta non fusse. Tutto farò subito.
SCENA VI
Samia serva, Fulvia.
Samia. Oh povere e infelici donne! a quanto male siamo noi sottoposte quando ad Amore sottoposte siamo! Ecco, Fulvia, che giá tanto prudente era, ora, di costui accesa, non cognosce cosa che si faccia. Non possendo aver Lidio suo, a trovarlo va vestita da omo; sanza pensar quanti mali avvenir ne potriano, quando mai si sapesse. Forse ch’ella non è bene appagata? che ha dato a costui la robba, l’onore e le carne; ed esso tanto la stima quanto il fango. Ben semo noi tutte sventurate. Eccola che giá ne viene da omo vestita. Parti che l’abbia fatto presto?