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36 | la calandria |
figlia porriano farmi uccidere. Negar di sposarla non posso; e, se pur niego di farlo, sdegnati, a casa maladetta me ne manderanno. Se paleso esser femina, io medesima a me stessa fo il danno. Tener cosí la cosa piú non posso. Misera a me! che, da uno lato, ho il precipizio; da l’altro, e’ lupi.
Fannio. Non te disperare, che forse e’ cieli non te abbandoneranno. A me par che si segua el parer tuo di non te lassar trovare oggi da Perillo; e lo andare da colei viene a proposito; y e io li panni da donna, per vestirti, ho in ordine. Chi scampa d’un punto ne schiva mille.
Lidio femina. Ogni cosa farò. Ma dove è quel Ruffo?
Fannio. Rimanemo che chi prima arrivava l’altro aspettassi.
Lidio femina. Meglio è che Ruffo aspetti noi. Leviamoci di qui, perché colui che è lá non ci veda, se fusse alcuno che per ordine di Perillo me cercasse: se ben de’ sua non mi pare.
SCENA IX
Fessenio servo, Calandro.
Fessenio. Non potria meglio esser ordinata la cosa. Lidio da donna si veste e in la sua camera terrena Calandro aspetta e da fanciulla galantissima se gli mosterrá. Poi, al far quella novella, chiuse le finestre, una scanfarda a canto se gli metterá: attento che di si grossa pasta è il gocciolone che l’asino dal rosignolo non discerneria. Vedilo che ne viene tutto allegro. Contentiti el ciel, padrone.
Calandro. E te, Fessenio mio. È in ordine il forzieri?
Fessenio. Tutto. E vi starai drento sanza snodarti pure un capello, pur che bene vi ti acconci drento.
Calandro. Meglio del mondo! Ma dimmi una cosa ch’io non so.
Fessenio. Che?
Calandro. Arò io a stare nel forziero desto o adormentato?
Fessenio. Oh salatissimo quesito! Come desto o adormentato? Ma non sai tu che in su’ cavalli si sta desto, nelle strade