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388 | gl’ingannati |
Stragualcia. Imboscata? Mal va. Io ho piú paura del legname che delle spade. Ma ecco il maestro che esce fuora.
Pedante. Lasciate fare a me, ch’io vi do la cosa per acconcia, messer Gherardo.
Stragualcia. Guardatevi, padrone: che questo maestro si potrebbe essere ribellato e accordato coi nimici; che pochi si I trovan de’ suo’ pari che tenghino il fermo. Volete ch’io cominci a infilzarlo e ch’io dica «e uno»?
Pedante. Messer Virginio, padrone, perché queste arme?
Stragualcia. Ah! ah! Non tei dissi io?
Virginio. Che è della mia figliuola? Diemela, ch’io lavo’ (menare a casa mia. E voi avete trovato Fabrizio?
Pedante. Si, ho.
Virginio. Dov’è?
Pedante. Qui dentro, che ha tolto una bellissima moglie, I se ne séte contento.
Virginio. Moglie, ch? e chi?
Stragualcia. Molto presto! Ricco, ricco!
Pedante. Questa bella e gentil figliuola di Gherardo.
Virginio. Oh! Gherardo, testé, mi voleva amazzare.
Pedante. Rem omnem a principio audies. Entriamo in casa, che saprete il tutto. Messer Gherardo, venite fuora.
I Gherardo. O Virginio, il piú strano caso che fusse mai al mondo! Entra.
Stragualcia. Infílzolo? Ma gli è carne da tinello.
Gherardo. Fa’ metter giú queste arme, che gli è cosa da ridere.
Virginio. Follo sicuramente?
Pedante. Sicuramente, sopra di me.
Virginio. Orsú! Andate a casa, voi altri, e ponete giú l’armi e portatemi la mia veste.
Pedante. Fabrizio, viene a conoscer tuo padre.
Virginio. Oh! Questa non è Lelia?
Pedante. No; questo è Fabrizio.
Virginio. O figliuol mio!
Fabrizio. O padre, tanto da me desiderato!