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ATTO V
SCENA I
Virginio, Stragualcia, Scatizza, Gherardo e Pedante.
Virginio. Venite con me quanti voi séte. Stragualcia, vien tu ancora.
Stragualcia. Con l’arme o senza? Io non ho arme.
Virginio. Tolle costi, in casa dell’oste, qualche arme.
Scatizza. Padrone, con targone bisognarebbe una lancia.
Virginio. Non mi curo piú di lancia. Mi basta questo. .
Scatizza. Questa rotella sarebbe piú galante per voi, essendo in giubbone.
Virginio. No; questa copre meglio. Oh! Par che questo montone m’abbia trovato a furare. Ho paura che ’l non abbia amazzata quella povera figliuola.
Stragualcia. Questa è buona arme, padrone. Io lo voglio infilzare con questo spedone come un beccafico.
Scatizza. Oh! Che vuoi tu far dell’arrosto?
Stragualcia. Son pratico in campo; e so che, la prima cosa, bisogna far prò vision di vettovaglia.
Scatizza. Oh! Cotesto fiasco perché?
Stragualcia. Per rinfrescare i soldati, se alla prima battaglia fusser ributtati indrieto.
Scatizza. Questo mi piace; che ei avverrá.
Stragualcia. Volete che, insieme insieme, infilzi il vecchio e la figliuola, i famegli, la casa e tutti come fegatelli? Al vecchio cacciarò lo spedone in culo e faroglielo uscir per gli occhi; gli altri tutti a traverso come tordi.
Virginio. La casa è aperta. Costoro aran fatto qualche imboscata.