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322 gl’ingannati


SCENA III

Lelia da ragazzo chiamata per finto nome Fabio e Clemenzia balia.

Lelia. Gli è pure un grande ardire il mio, quando io ’l considero, che, conoscendo i disonesti costumi di questa scorretta gioventú modanese, mi metta sola in questa ora a uscir di casa! Oh come mi starebbe bene che qualcun di questi gioveni scapestrati mi pigliasse per forza e, tirandomi in qualche casa, volesse chiarirsi s’io son maschio o femina! E cosí m’insegnasseno a uscir di casa, cosí di buona ora. Ma di tutto questo è cagione l’amore ch’io porto a questo ingrato e a questo crudel di Flamminio. Oh che sorte è la mia! Amo chi m’ha in odio, chi sempre mi biasma; servo chi non mi conosce; ed aiutolo, per piú dispetto, ad amare un’altra (che, quando si dirá, nissun sará che lo creda) senza altra speranza che di poter saziare questi occhi di vederlo, un di, a mio modo. Ed infino a qui mi è andato assai ben fatto ogni cosa. Ma, da ora innanzi, come farò? che partito ha da essere il mio? Mio padre è tornato. Flamminio è venuto ad abitar nella cittá. E qui non poss’io stare senza esser conosciuta: il che se avviene, io resto vituperata per sempre e divento una favola di tutta questa cittá. E, per questo, sono uscita fuora a questa ora; per consigliarmi con la mia balia, che da la finestra ho veduta venire in qua, ed insieme con lei pigliarci quel partito che giudicaremo il migliore. Ma prima vo’ vedere s’ella in questo abito mi conosce.

Clemenzia. In buona fé, che Flamminio debbe essere tornato a stare in Modena, ch’io veggio l’uscio suo aperto. Oh! Se Lelia lo sapesse, gli parrebbe mill’anni di tornare a casa di suo padre. Ma chi è questo fraschetta che tante volte m’attraversa la strada, questa mattina? Che pur mi ti metti fra’ piei? che non mi ti levi dinanzi? che pur ti vai attorniando? che vuoi da me? Se tu sapesse come i tuoi pari mi piacciono...