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PROLOGO

Io vi veggio fin di qua, nobilissime donne, meravigliare di vedermivi cosí dinanzi in questo abito e, insieme, di questo apparecchio come se noi avessimo a farvi qualche comedia. Comedia non vi dovete pensare: che, infin l’anno passato, voi poteste conoscere che P Intronati avevano il capo ad altro che alle comedie; e poi vedeste, l’altro giorno, qual fusse intorno alle cose vostre l’animo loro e che non volevano piú vostra pratica né venirvi piú dietro, come quelli che non gli piaceva piú essere morsi, rimenati per bocca e tocchi fino al vivo da voi. E però abbruciarono, come voi vedeste, quelle cose che gli potevano far drizzare la fantasia e crescer l’appetito di voi e delle cose vostre. Ora vi voglio cacciar questa meraviglia del capo. Questi Intronati, a dirvi ’l vero (e crediatemi, ch’io gli ho sentiti), si dolgono strettamente d’essere entrati in questo farnetico ed hanno una gran paura che voi, come quelle che avete di che, non pigliate quella lor facenda per la punta di modo che, per l’avvenire, voi glie ne teniate la lingua e gli voltiate le spalle ogni volta che gli vedrete. E, per questo, m’hanno spinto qui per imbasciadore, oratore, legato, procuratore o poeta, pigliatel come v’entra meglio nella memoria. Io mi truovo il mandato ampio, in buona forma. Prestatemi la fede vostra; altrimenti gli è forza ch’io vel mostri, che l’ho portato meco. Dico ch’io so’ qui a posta per far questa pace e rappiccarvi insieme con loro, se ne séte contente; che, a dirvi il vero, le lor facende, senza voi, son fredde e presso che perdute e, se non ci si ripara, se ne vanno in un zero. Fatelo, ch! fatelo, donne; che ve ne metterá bene. Voi conoscete pur la natura loro: che, se voi gli volgete una volta gli occhi un poco pietosi, e’ si lasceranno maneggiare, portar per bocca (da voi, però, non da altri, che non starebbon forti) e straziare, toccar nel vivo con le parole, coi fatti, star di sopra a ogni