Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/315


atto quinto 307

          Pur si contenta; e ne vedrai gli effetti,
          come siam giunti. E ben ci fia che ridere:
          che parrá certo, appresso a lui, la sposa
          piú che donzella.
          Pilastrino  Io vado a sotterarmi
          per disperato sotto a la mia botte.
          Ma ci voglio un pitaffio ch’io m’ho fatto
          per mia memoria.
          Crisaulo  Dillo.
          Pilastrino  Falli onore.
          «Qui giace un ch’ebbe nome Pilastrino.
          Vivo, tanto m’amò che disperato
          morio mancando in me lo spirto e el vino».
          Crisaulo  Ha odor d’antico.
          Pilastrino  No. Ci manca questo:
          «Visse di baie e mori disperato,
          vedendo andare a nozze un che col tempo
          contendea d’anni».
          Crisaulo  Ah! ca!
          Pilastrino  Gli è pure il vero.
          Non vedi che non ha pur le gengie?
          Povera Orgilla, so che l’avrá buona
          come lo sa! che questo è appunto un tórgli
          la sua prò venda de la mangiatoia.
          Or non manca se non ch’io mi rassetti
          per poter ben mandar per le mascelle
          i denti a scrocco e far d’altro che d’esca
          farina macinata a duo palmenti.
          Oh! Scherza e salta e pigliati sollazzo
          or, Pilastrin, che di troppa dolcezza
          par che ti senta andar tutto in condime.
          Oh! Ve’ che starò, un tratto, un giorno allegro!
          che è giá quindici di che sono stato
          come le donne quando han le lor cose,
          fortuna ladra!
          Crisaulo  E che debbo dire io?