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16 | la calandria |
rimordimento ne l’animo perché e’ non è supplizio piú grave che la conscienzia delli errori commessi. E però lassa costei, Lidio.
Lidio. Tanto lassar posso io costei quanto il corpo l’ombra.
Polinico. Anzi, meglio faresti tu ad odiarla che a lassarla.
Fessenio. Oh! oh! oh! Non puole il vitello e vuol che porti el bue!
Polinico. Ella lasserá ben presto te, come da altri fia ricercata; che le femine sono mutabili.
Lidio. Oh! oh! oh! Non sono tutte d’una fatta.
Polinico. Non son giá d’una apparienzia; ma sono ben tutte d’una natura.
Lidio. Gran fallacia pigli.
Polinico. O Lidio, leva el lume, che i volti veder non si possino, non è una differenzia al mondo da l’una all’altra. E sappi che a donna non si può credere, etiam poi che è morta.
Fessenio. Costui fa meglio che or or non li ricordava.
Polinico. Che?
Fessenio. Te accommodi benissimo al tempo.
Polinico. Anzi, dico bene il vero a Lidio.
Fessenio. Piú su sta mona luna!
Polinico. In fine, che vuo’ tu inferire?
Fessenio. Voglio inferire che tu ti accommodi al viver d’oggi.
Polinico. In che modo?
Fessenio. Allo essere inimico delle donne, come è quasi ognuno in questa corte. E però ne dici male. E iniquamente fai.
Lidio. Dice il vero Fessenio, perché laudar non si può quel che tu hai detto di loro: per ciò che sono quanto refrigerio e quanto bene ha il mondo e sanza le quali noi siamo disutili, inetti, duri e simili alle bestie.
Fessenio. Che bisogna dir tanto? Non sappiam noi che le donne sono si degne che oggi non è alcuno che non le vadi imitando e che volentieri, con l’animo e col corpo, femina non diventi?
Polinico. Altra risposta non voglio darvi.
Fessenio. Altro in contrario dir non sai.