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atto secondo | 229 |
SCENA VI
Pilastrino, avendo’ cenato col vecchio, esce ebbro di casa: e, caduto di contra a la porta di Crisaulo, la famiglia sua esce fuori con arme dubbiando di romori.
Pilastrino ebbro, Fileno.
Pilastrino Oh! oh! co! co!
Sta’, sta’, ch’io vengo. Ohu! Sii! su! Listagiro,
corri, che la casa trema, ca...cade.
Lascia, lascia ’l vecchio, che affumma tutta.
Oh! co! co! Ve’ ch’io ’l dissi. Eccola in terra.
L’addovinai pur. Leva! leva! Lasciami
spegn...gne...gne...gner quel mocchilone. Addio!
Sta’ su, Pilastrino, in su la persona.
Te n’hai fatt’una ben... ben... buona, a raso
canale. Oh! Stammi cosí bene allegro.
Si, si, gli è buono: ch’è piú dolce ch’essere
in su la pancia (oh che dolce morire!)
d’una vitella cotta col formaggio;
ch’è piú dolce che ’l mele. Oh! Cosí vogliono
esser gli uomini li... liberali! Ohu!
oh! co! Guarda come gira ben... bene
il tetto in su la piazza! So, so che noi
farebbe Iddio che non ci sia qui al mulin
di Bertaccio. Sta’, sta’, che viene. Eccolo.
Vello. Sta’ pur fermo. Non mi ti accostar,
che son troppo stanco. Ecco li quan... quante
belle donne! Se non mi pare ’l bor...boor...
borgo nuovo! Leva! leva! fugge! oh!
fugge sotto, che ’l ciel ca.. .casca! Ve’ che ’l
camino arde in cu... cucina. Su! Leva
la torta. Ve’ che mi struggo tutto, ahuè!
d’ambascia. Oh! S’io non pagassi un pan unto,
qui, il letto de la Gnesa, tan... tanto mi