li iddíi t’onora esser cosí cagione.
Ma, se pur questo fosse in suo destino
e ’l ciel cosí dispuon che Amor questi occhi
lassi chiuda piangendo, a te mi volgo
(se feci mai perché benignamente
merti d’essere udito) che nel cielo
ss sei piú potente, Amore; e sol ti priego
che pria mi facci de la morte dono
(ch’io te la chieggio in grazia) che ciò segua:
che assai piú amara e piena di spavento
questa mi fora e quella men dogliosa,
lasciando in vita lui. Crisaulo Che fai, Fileno?
Mi pare aver sentito apparir, dentro
ne le tenebre mie dell’intelletto,
luce d’immortai guardo che gli oscuri
e dogliosi pensieri in parte m’abbia
riconfortato. E m’è venuto in mente,
quando si truova un poverino ignudo,
nel tempo de le nevi, essere, in luogo
diserto, si aggelato che giá l’alma
si sia partita, pur restando alquanto
nel cuore ancor del caldo naturale,
che, venuto un allegro e ardente sole,
li porta, insieme con un dolce caldo,
la vita giá perduta. Fileno I caldi prieghi
sono stati, signor, che ho qui, piangendo,
porti a quel Sol che col suo divin raggio
sempre ti può far vivo. Crisaulo Non fia mai
in me dimenticato tanto amore.
Anzi, per fin che sará questa vita
meco, l’avrò con gli altri tuoi infiniti
buoni uffici nel cuore.