onde mi colse ben, che è gran ventura
ch’io ne sia ritornata senza offesa.
Ma ancor, per questo, non aver pensieri;
che, anco che crepi, le vo’ trar del capo
la bizzarria. Crisaulo Ben l’avev’io pensato:
che la cognosco per la piú crudele,
la piú ingrata e scortese che nascesse
mai sotto il cielo. Ahi lasso sfortunato!
Questo è ’l buon guidardon di tanta fede?
Dch non foss’io mai nato! Artemona Taci, dico.
Ascolta. Crisaulo Si, s’io posso: ch’io mi sento
mancar l’anima dentro. Ma che ria?
Dopo tanta miseria, al fine, un giorno
verrá pur lieto e, dopo tante morti,
una che mi trarrá di questi affanni.
Questo s’acquista. Artemona E va’; riserba altrove
tanta disperazion: che, se sapessi
il lor cervello come è dentro fatto,
com’io so giá per mille, non potresti
se non sperar. Ti giuro, sopra questa
anima peccatrice, ch’io la tengo
piú sicura che s’io l’avessi in casa.
v Che, a dire il vero, non è cosa al mondo
si varia e ad ogni vento tanto mobile
quanto è la mente lor.^ Nulla è si stabile
in lor che non si muti poi col tempo
e con ingegno ed arte./ Crisaulo Io ben lo provo.
Orsú! Vo’ che mi dica che ti pare
che abbiamo a fare; e cosí governarmi,
se per me si potrá. Artemona Non ho tempo ora,
Commedie del Cinquecento - 1. 15