che Pilastrino, un tratto, il peli e strini
fine in su l’osso. Specchiati in quel nome.
Da l’altro canto mi par si vedere
che ’l padrone (e Dio voglia ch’io mi menti)
faccia con colei tanto che la sposi.
Che ti parria di questo? Timaro Io non mi curo.
Sia come vuol. Non ho di questi impacci;
non penso tanto inanzi e mi contento
di questa vita: ben mangiare e bere
e gire a spasso, portato e’ ho su,
talor, come acqua e legne e governato
ben la mia stalla e spazzato la casa
e netto gli usuvigli di cucina,
le secchie e i caldaroni e, alcuna volta,
supplito anche ai bisogni de le fanti
che non mi lascian viver. Siro Si, t’ho inteso.
Tu la discorri bene. Timaro Io me ne vado
di lungo a casa (m’hai tenuto un pezzo),
che ’l padron non gridasse. Siro A posta tua.
Questi stan ben con queste simil gente
che sopportan com’asini venduti;
o ver gli adulatori. Io mi risolvo
di non vi tornar piú; ch’ornai son chiaro
ch’ogni or ne sarei a peggio, che Fileno
(perché dice a suo modo) è seco il totum.
Io sarei sempre schiavo.