in campo azzurro. Ma vi voglio dire
di me, se a sorte non mi cognosceste.
Io sono un uomo, come voi vedete.
E mia madre fu donna da bon tempo.
E, avendo un giorno tolto una satolla
di biroldi e di trippe, venne pregna
di me, com’ho poi inteso; ed in quel mese
mi fé’ in cucina a pie del focolare:
ond’io la maledico mille volte,
ch’ella si mori in quello ben pasciuta
ed io sto sempre per morir di fame
e so eh ’è sol per qualche suo peccato.
Ond’io volli, una volta, farmi frate
per viver lieto e non durar fatica;
e comperai i zoccoli e ’1 cordone
(la cappa me la dava un mio parente):
ma, pensando ai digiuni ch’essi fanno,
mi risolvei diventar parasito
acciò che il corpo non mi bestemmiasse
a petizion de l’anima da poca
che non mangia e non bee e non si vede v
e vuol, la sciocca, mille cacherie
per gire in paradiso a far la ninfa
o ver la sposa. Or lasciamo andar questo;
e ritorniamo al da ben Pilastrino
(che cosi mi dimando) e’ ha più fede
ne’ tordi e nel buon vino e nel pan’bianco
che i frati al campanel del refettorio.
E certo, se vivesse oggi Margutte, v
mi adoreria si come adoro lui:
massimamente s’egli mi vedesse
pelare e rassettare a la moderna
le donne, le matrone e le massare
et utriusque sexus fine ai vecchi.
Ma di che vi ridete? de’ miei fatti?
Ridiam pur tutti. Io riderò de’ vostri.