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atto quinto 147


Trappolino. E va’ alle forche, sciagurato!

Malfatto. Orsú! Basta. Adunque recomandami a esso e dilli ch’a lui sempre sempre...

Luzio. E camina, se vói! Non vedi tu che parli col vento, che colui s’è partito?

Malfatto. Be’, io volevo che facessi l’imbasciata a quel compagno.

Luzio. Tutti te Ili fai compagni. Non te vergogni? Ma va’ bussa, va’.

Malfatto. O aspetta un poco. Tic, toc.

Prudenzio. Chi impulsa l’hostio?

Luzio. Ego sum, domine.

Prudenzio. Bene veniat. Oh! Magnifico misser Antonio, fate introire il nostro discipulo.

Malfatto. Vedi mò che t’ho ditto lo vero?

Luzio. Oh! tu sei el buon figliolo! Ma sta’ cheto, de grazia.

Malfatto. Voglio parlare per dispetto tuo, voglio parlare; misser si, che voglio parlare. Vedi mò!

SCENA VI

Repetitore.

Non credo ch ’un equo con tanta velocitá avessi itinerato al domo del condiscipulo come sono andato io per gratularmi al precettore. E non l’ho trovato: che me hanno referto i domestici suoi di casa ch’ipse e una col famulo nostro illieo s’era partito e che andavano per questa strada vicino allo emporio. Non so dove mei possa reperire e maravigliomi che, s’ell’è cosi, de non lo avere obviato. Pur temo che quello insolente non l’abbia condutto in qualche cauponaria e che non emino per i quadranti qualche vasculo de mulso, per il che se ebriaranno. Ed è un peccato, che quel Luzio è di bona indole e di capacissimo ingenio; ma quel furcifer è bene uno inepto ai laterali costumi e facilmente potrá conducerlo a qualche precipizio. Ho deliberato, benché mi sia laborioso, prima che torni a casa,