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128 il pedante


Malfatto. Misser si.

Prudenzio. Hai tu saputo chi sono?

Malfatto. Misser si: sono doi omini.

Prudenzio. Ben sai che non sono doi equi. Vedi risposta de insipido! Non vedesti tu almeno dove entrorno?

Malfatto. Misser si: in una casa, che ha una porta, quando si vole entrare dentro; e desopra ha poi le finestre e lo tetto ancora con li focolari.

Prudenzio. Oh insulsissimo Cerbero ignorante! Povera Cerere e Bacco, a chi lascieno epulare si infelicemente i frutti loro! Ecco che noi locuti sumus con monsignore, col vertice, col culmine della sacrosanta iustizia: e non arò fatto nihil; e terrammi Sua Signoria un mendace a posta di questo bubalo!

Malfatto. Fui Perdonateli, che è scapato da esso, da questo rotto straciato.

Prudenzio. Ah temerario! Non sai tu che «non sis ventosus si vis bonus esse videri»? Et stringe os et crepitum.

Malfatto. Però l’ho fatto: per non crepare.

Prudenzio.- Taci, inconsiderato adolescente! È possibile che non ti aricordi ove stia quella casa dove che sono entrati coloro?

Malfatto. Chi ve l’ha detto?

Prudenzio. Dicemolo noi.

Malfatto. Be’, lassateli dire, che non dicono lo vero.

Prudenzio. Se non guardassimo che tu sei un demente, te imparariamo a rispondere ai maggiori tuoi piú cautamente che non fai.

Malfatto. Voi avete torto a dir villania a lui. Ma sapete dove sta quella casa, mò che me ricordo?

Prudenzio. Dove? che non parli?

Malfatto. Sta de qua. Vedete; guardate bene.

Prudenzio. Di’ pur via; seguita.

Malfatto. No, no: io ho sbagliato. Sta da quest’altra banda; e poi se volta cosi, e cosi, e se agionge poi lá, e vassi poi in qua. E cosí la trovate.

Prudenzio. Questo sarebbe uno enucleare.

Malfatto. Oh! tengo ben a ment’io, si.