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essi voluto farlo palese: a me non tocca scoprire ciò che essi celarono. Egli è certo però, che ogni uom di buon gusto, sol che intenda il parlar Genovese, di qualunque nazione egli siasi, ne resta preso in tal guisa, che non può a meno di paragonarlo co’ più eccellenti Poeti di qualsivoglia età o sermone: tanta è la facilità, la dilicatezza, lo spirito che regna in tutte le composizioni di esso.
Non vuolsi negar tuttavia, che non abbia egli ancor qualche neo, contratto dall’universale contagio del corrotto secolo, in cui viveva: disgrazia comune a tutti coloro, che toccarono anche i primi confini dell’infelice Secento, non che a quei che vi menarono tutta l’età loro, o la parte maggiore. Nulladimeno deesi confessare a gloria del Cavalli, che se un qualche raro raffinamento, una qualche allusione ritrovasi ne’ suoi scritti, ciò accade in quelli soltanto, ne’ quali non parla il cuore, ma piuttosto l’ingegno, e conseguentemente che meno dimostrano il buon fondo e giudizio del Poeta; il quale dal paragone di Lui con Lui medesimo apertamente dimostrasi avere in cotali scherzi e lievi arguzie voluto condiscendere alquanto alla insana passion di que’ tempi, i quali facevano a se stessi un piacere di essere ingannati, nè gustavano l’armonia delle Rettoriche o Poetiche lodi, senza il frastuono d’un infinito conflitto di frasche e d’orpelli.
Volesse Dio, che così facil cosa fosse il purgarlo da queste macchie, come facile ci riuscirà il sottrarlo dall'altra miserabile conseguenza del medesimo secolo, il quale alla trascuratezza del candore ne’ sentimenti accoppiò l’estrema negligenza riguardo alla nettezza delle edizioni. Quattro varie ne ho vedute del Caval