Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo trentacinquesimo

Capitolo trentacinquesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Elizabeth si svegliò l’indomani mattina con gli stessi pensieri sui quali aveva chiuso gli occhi. Non poteva ancora riaversi dalla sorpresa per quello che era avvenuto; non poteva pensare ad altro, e incapace di dedicarsi a qualsiasi occupazione, risolvette di prendere un po’ d’aria e di fare del moto. Stava per avviarsi verso la sua passeggiata favorita, ma ricordandosi che Mr. Darcy talvolta dirigeva i suoi passi da quella parte, invece di entrare nel parco si avviò verso il sentiero che se ne allontanava. La palizzata del parco segnava sempre il confine da una parte, ed essa attraversò uno dei cancelli che davano nella campagna.

Dopo aver camminato su e giù due o tre volte per quel sentiero, fu tentata, dalla bellezza della mattinata, di fermarsi al cancello e gettare un’occhiata nel parco. Le cinque settimane che aveva trascorse nel Kent avevano trasformato la campagna e ogni giorno aumentava il verde degli alberi più precoci. Stava per continuare la sua passeggiata, quando intravide qualcuno nel boschetto che costeggiava il parco; veniva verso di lei, ed ella, temendo che fosse Mr. Darcy, si ritrasse prontamente. Ma questi era abbastanza vicino per vederla, e avvicinandosi la chiamò per nome. Elizabeth, che era già voltata, sentendosi chiamare, pur riconoscendo la voce di Mr. Darcy, si riavvicinò al cancello. Anch’egli vi era arrivato, e porgendole una lettera che Elizabeth prese istintivamente, disse con tono freddamente altero: «Ho passeggiato nel boschetto per qualche tempo nella speranza di incontrarvi. Volete farmi l’onore di leggere questa lettera?». E, con un leggero inchino, rientrò – nel parco e scomparve.

Senza alcun piacere, ma con la più viva curiosità, Elizabeth aprì la lettera e con sempre crescente stupore vide che conteneva due fogli scritti assai fitti, con una minutissima calligrafia. Continuando nel sentiero, incominciò a leggere. Era datata da Rosings, alle otto del mattino, e diceva così:

Non vi allarmate, signorina, nel ricevere questa lettera, pensando che contenga una ripetizione di quei sentimenti o il rinnovarsi di quella proposta che la sera scorsa vi furono tanto sgraditi. Scrivo senza nessuna intenzione di addolorarvi, né per umiliarmi ritornando su desideri che, per il bene di entrambi, non potranno essere dimenticati mai abbastanza presto; e avrei risparmiato lo sforzo che costa a me lo scrivere e a voi il leggere questa lettera, se la mia coscienza non richiedesse che fosse e scritta e letta. Vogliate dunque perdonare la libertà che mi prendo; so che il vostro sentimento lo farà a malincuore, ma lo chiedo al vostro senso di giustizia.

Ieri sera mi avete accusato di due colpe di natura assai diversa, e di ben diversa portata. La prima era che, incurante dei sentimenti di entrambi, avevo distaccato Mr. Bingley da vostra sorella; e l’altra che, nonostante ogni diritto e contro ogni senso di onore e di umanità, avevo rovinato l’avvenire di Mr. Wickham spogliandolo di ciò che gli spettava. L’aver volutamente respinto il compagno della mia gioventù, il beniamino di mio padre, un giovane che non aveva quasi altra fortuna all’infuori della nostra protezione e che era cresciuto aspettandosene i benefici, sarebbe una tale prova di malvagità, che davanti a essa la separazione di due persone, il cui affetto durava da poche settimane, è senza confronto assai meno grave. Ma spero che per tutti e due questi fatti sarò scagionato dal durissimo biasimo con il quale mi avete così severamente colpito ieri sera, quando avrete letto la relazione dei miei atti e dei motivi che mi hanno indotto ad agire. Se per spiegare le mie ragioni sarò costretto a toccare argomenti che possono dispiacervi, non mi resta che esternarvi il mio rincrescimento e obbedire alla necessità che me lo impone; ulteriori scuse sarebbero assurde. Non ero da molto tempo nell’Hertfordshire quando mi accorsi, e la cosa non era un mistero per nessuno, che Bingley preferiva vostra sorella a tutte le signorine dei dintorni. Compresi però che si trattava di un vero e proprio attaccamento soltanto la sera del ballo a Netherfield. Avevo visto Bingley innamorarsi spesso, prima di allora. A quel ballo, mentre avevo l’onore di danzare con voi, fui informato per la prima volta dalle fortuite osservazioni di Sir William Lucas, che la corte fatta da Bingley a vostra sorella aveva destato la generale aspettativa del loro matrimonio. Se ne parlava come di un avvenimento sicuro, del quale rimaneva da stabilire soltanto la data. Da quel momento osservai attentamente il mio amico e non potei fare a meno di riconoscere che egli era attratto da Miss Bennet più di quanto non lo fosse mai stato da nessun’altra ragazza. Osservai anche vostra sorella. Il suo aspetto e i suoi modi erano aperti, vivaci e seducenti come sempre, senza pertanto che desse segno di provare un’inclinazione speciale, e dalle osservazioni di quella sera rimasi convinto che, se accoglieva la corte di Bingley con piacere, non la sollecitava con nessun particolare sentimento da parte sua. Se non siete stata voi a ingannarvi, devo essere io in errore. Cosa probabile, visto che conoscete vostra sorella meglio di me. Se è così, se questo mio errore è stato causa di dolore per lei, il vostro risentimento contro di me non è irragionevole. Ma non mi faccio scrupolo nell’asserire che la serenità del contegno e dell’espressione di vostra sorella era tale che avrebbe dato al più attento osservatore la convinzione che, per quanto fosse attratta da Bingley, il suo cuore non ne fosse veramente preso. Che io desiderassi crederla indifferente è certo; posso però garantire che le mie convinzioni e le mie decisioni non sono di solito influenzate dalle mie speranze e dai miei desideri. Non la giudicai indifferente perché desiderassi crederlo; lo credevo per un convincimento imparziale con la stessa sincerità con cui desideravo che così fosse.

Le mie obiezioni a quel matrimonio non erano soltanto quelle che solo la travolgente forza della passione mi fece superare nel mio caso; l’inferiorità della famiglia non poteva essere così grave per il mio amico come per me. Ma vi erano altre ragioni, che sussistono tuttora, e sussistono in pari misura in entrambi i casi, anche se io ho cercato di dimenticarle. Queste ragioni vanno dette, anche se brevemente. La posizione sociale di vostra madre, anche se discutibile, non era niente in confronto a quella mancanza di contegno dimostrata così spesso, quasi costantemente da lei e dalle vostre tre sorelle, e talvolta persino da vostro padre. Perdonatemi; mi duole di offendervi. Ma se vi deve rattristare che vengano notati i difetti dei vostri parenti, dovete pur consolarvi nel sapere che nemmeno l’ombra di un simile biasimo può sfiorare, e questo sia detto a lode vostra e di vostra sorella Jane, il comportamento di entrambe. Dirò soltanto che quanto avvenne quella sera non fece che confermare la mia opinione su tutte queste persone, e rafforzò il mio desiderio di trattenere il mio amico da quella che giudicavo una infelicissima unione. Egli lasciò Netherfield per Londra il giorno dopo, come ricordate, con l’intenzione di tornare presto. E ora devo spiegare la parte sostenuta da me. L’inquietudine delle sorelle di Bingley non era inferiore alla mia; ci accorgemmo presto che eravamo d’accordo nel nostro modo di sentire, e, ugualmente convinti che non c’era tempo da perdere per staccare Bingley da Jane, risolvemmo senz’altro di raggiungerlo subito a Londra. Così facemmo, e io mi assunsi l’incarico di mostrare al mio amico l’errore della sua scelta. Ma, per quanto le mie parole possano aver scossa o ritardata la sua decisione, non credo che alla fine avrebbero impedito il matrimonio, se io non lo avessi assicurato, come feci senza esitare, che vostra sorella non era innamorata di lui. Egli aveva sempre creduto che il suo affetto fosse corrisposto con sincera, se non uguale tenerezza. Ma Bingley è di natura assai semplice e si fida più del mio giudizio che del proprio. Fu quindi facile convincerlo che si era illuso, e, con una simile convinzione, fu questione di poco persuaderlo a non tornare nell’Hertfordshire. Non riesco a biasimarmi per quello che ho fatto. C’è soltanto un punto, nel mio modo di procedere, al quale penso con poca soddisfazione, ed è che mi abbassai a nascondergli che vostra sorella era in città. Io lo sapevo, come lo sapeva Miss Bingley, ma suo fratello lo ignora anche adesso. È probabile che il loro incontro sarebbe stato senza conseguenze, ma mi sembrava che il suo affetto per lei non fosse abbastanza attenuato perché la potesse rivedere senza pericolo. Forse questo silenzio, questa dissimulazione furono indegni di me, ma ormai è cosa fatta, e fu fatta a fin di bene. Non ho più nulla da aggiungere in proposito, né altre giustificazioni da dare. Se ho ferito i sentimenti di vostra sorella, l’ho fatto senza saperlo, e se anche i motivi che mi hanno guidato possono sembrarvi insufficienti, io non sono ancora arrivato a condannarli.

Riguardo all’altra, più grave accusa, di avere danneggiato Mr. Wickham, posso solo ribatterla esponendovi tutti i suoi rapporti con la mia famiglia. Ignoro di che cosa egli mi abbia particolarmente incolpato, ma posso produrre più di un testimone a prova della indubbia verità di quanto vi narrerò. Mr. Wickham è figlio di un uomo rispettabile che per molti anni ebbe l’amministrazione di tutte le proprietà di Pemberley, e la cui abilità nel ricoprire tale carica indusse spontaneamente mio padre a cercare di essergli utile: per cui fu largo della sua bontà verso George Wickham, suo figlioccio: lo mantenne a scuola, e più tardi all’università di Cambridge, aiuto non indifferente perché suo padre, sempre in ristrettezze per la prodigalità di sua moglie, non sarebbe stato in grado di dargli un’educazione signorile. A mio padre non soltanto piaceva la compagnia di questo giovane le cui maniere furono sempre seducenti, ma aveva anche grande opinione di lui, e sperando che volesse abbracciare la carriera ecclesiastica, aveva l’intenzione di provvedere per lui anche in quel campo. Quanto a me, sono molti, molti anni che per la prima volta incominciai a considerarlo in modo ben diverso. Le tendenze viziose, la mancanza di ogni principio, che sapeva accuratamente nascondere, non potevano sfuggire a me che avevo occasione di vederlo quando non si sorvegliava, cosa che a mio padre non era dato di fare. E anche qui devo ancora procurarvi un dispiacere, la profondità del quale può essere giudicata soltanto da voi... Ma quali che siano i sentimenti suscitati in voi da Mr. Wickham, nessun dubbio sulla loro natura può trattenermi dal rivelarvi il suo vero carattere; anzi può offrirmi un motivo di più per farlo.

Il mio ottimo padre morì cinque anni fa, e il suo affetto per Mr. Wickham fu così profondo fino alla fine, che nel suo testamento mi raccomandò particolarmente che lo favorissi nel modo migliore in qualunque carriera egli volesse abbracciare, e, se avesse preso gli ordini sacri, manifestava il desiderio che gli fosse destinata, appena si fosse resa vacante, una buona parrocchia dipendente dalla nostra famiglia. Vi era, in più, un legato di mille sterline. Il padre di Wickham non sopravvisse a lungo al mio, e sei mesi dopo questi avvenimenti, Mr. Wickham mi scrisse per informarmi che, avendo definitivamente rinunciato a prendere gli ordini, sperava che io non avrei trovato irragionevole da parte sua la richiesta di un immediato compenso materiale al posto della rendita della parrocchia di cui non avrebbe più potuto beneficiare. Aveva l’intenzione, aggiungeva, di studiare legge e l’interesse di mille sterline era un ben misero aiuto. Desideravo credere, più che non lo credessi, che fosse sincero, ma comunque ero prontissimo ad acconsentire alla sua richiesta. Sapevo che non era adatto per la carriera ecclesiastica. La cosa fu dunque conclusa: egli rinunciò a ogni pretesa sulla parrocchia e in compenso accettò tremila sterline. Con questo sembrava che ogni rapporto tra noi fosse finito. Pensavo troppo male di lui per invitarlo a Pemberley o per accoglierlo come amico nella mia casa in città. Credo che vivesse a Londra, ma lo studio della legge era soltanto un pretesto, e, libero da ogni freno, conduceva una vita oziosa e dissoluta. Per circa tre anni non udii quasi più parlare di lui; ma alla morte del titolare della parrocchia che gli era stata destinata, mi scrisse di nuovo per ottenerla. La sua situazione, mi assicurava (e non avevo alcuna difficoltà a credergli), era assai difficile. Riteneva che lo studio della legge non dovesse essergli di grande utilità, e si sarebbe risoluto a prendere gli ordini se io gli avessi dato la parrocchia in questione; cosa che non metteva in dubbio, sapendo che io non avevo l’obbligo di provvedere a nessun altro, e che non potevo aver dimenticato le intenzioni del mio riverito padre. Non credo che potrete biasimarmi per aver rifiutato di soddisfare questa domanda, e di aver poi ignorato il ripetersi di tale richiesta. Il suo rancore fu proporzionato alle difficoltà in cui si trovava e non si fece scrupolo di accusarmi indegnamente presso gli altri. Da quel momento parve che ogni rapporto fosse chiuso tra noi. Ma l’estate scorsa, per mia disgrazia, si impose nuovamente alla mia attenzione, nel modo più doloroso.

Devo ora riferirvi una circostanza che vorrei dimenticare io stesso, e che soltanto un caso come questo può indurmi a rivelare ad altra persona. Dopo quanto vi ho detto non dubito della vostra lealtà e segretezza. Mia sorella, che è di dieci anni minore di me, fu affidata alla tutela di un nipote di mia madre, il colonnello Fitzwilliam, e alla mia. Circa un anno fa uscì dal collegio, e si stabilì a Londra. L’estate scorsa si recò, con la signora alla quale era affidata, a Ramsgate; qui si trovava pure Mr. Wickham, probabilmente di proposito, perché si venne poi a sapere che egli conosceva già Mrs. Jounge, sul cui carattere ci eravamo disgraziatamente ingannati. Con il suo aiuto e la sua connivenza, infatti, si rese talmente accetto a Georgiana, nel cui cuore affettuoso era rimasto impresso il ricordo delle gentilezza di cui la colmava da bambina, che finì col persuadersi di esserne innamorata e acconsentì a fuggire con lui. Non aveva allora che quindici anni, sia detto a sua discolpa; ma, dopo aver riferito la sua imprudenza, sono lieto di poter aggiungere che devo a lei stessa se riuscii a scoprire e sventare tutto.

Li raggiunsi inaspettatamente un giorno o due prima della progettata fuga, e Georgiana, incapace di sopportare l’idea di addolorare e offendere un fratello che aveva considerato quasi come un padre, mi confessò ogni cosa. Potete immaginare quello che provai e come agii. Per riguardo a mia sorella non permisi che la cosa fosse risaputa, ma scrissi immediatamente a Mr. Wickham, che abbandonò il posto; naturalmente Mrs. Jounge fu licenziata. Certo il principale movente di Mr. Wickham era la sostanza di mia sorella che ammonta a trentamila sterline; ma non posso fare a meno di credere che fosse anche spinto da un vivo desiderio di vendicarsi di me. E la sua vendetta sarebbe stata davvero completa. Questa è, signorina, la narrazione fedele di tutte le circostanze nelle quali fummo insieme coinvolti; e, se non la respingerete come falsa, spero che mi assolverete da ogni accusa di crudeltà verso Mr. Wickham. Non so in quale forma, sotto quale falso aspetto egli vi abbia ingannato, ma non c’è da stupirsi che vi sia riuscito, ignara come eravate di tutti i precedenti. Non vi era possibile smascherarlo e non è nella vostra natura essere sospettosa. Forse vi stupirete che io non vi abbia raccontato tutto questo ieri sera; ma non ero abbastanza padrone di me per sapere quello che potevo e dovevo fare. Per la verità di quanto ho asserito, posso invocare la testimonianza del colonnello Fitzwilliam, che, come nostro stretto parente e vivendo costantemente nella nostra intimità (e per di più come uno degli esecutori testamentari di mio padre), è stato sempre al corrente di tutte queste vicende. Se l’avversione che nutrite per me vi impedisce di dar peso alle mie asserzioni, non avete le stesse ragioni per diffidare di mio cugino, e perché abbiate ancora la possibilità di consultarlo, cercherò di avere l’occasione di consegnare questa lettera nelle vostre mani stamattina stessa. Aggiungo soltanto poche parole: che Dio vi benedica.

Fitzwilliam Darcy