Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo quarantanovesimo

Capitolo quarantanovesimo

../Capitolo quarantottesimo ../Capitolo cinquantesimo IncludiIntestazione 23 novembre 2016 75% Da definire

Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
Capitolo quarantanovesimo
Capitolo quarantottesimo Capitolo cinquantesimo

Due giorni dopo il ritorno di Mr. Bennet, Jane ed Elizabeth passeggiavano nel boschetto dietro casa, quando videro venire verso di loro la governante, e, pensando che venisse a chiamarle da parte della madre, si affrettarono verso di lei; invece, quando fu vicina, la udirono dire a Jane:

«Scusatemi, signorina, se vi interrompo, ma speravo che aveste buone notizie da Londra, e mi sono presa la libertà di venire a chiedervele».

«Che vuoi dire, Hill? Non abbiamo saputo niente dalla città».

«Come!», esclamò Mrs. Hill con il più vivo stupore. «Non sapete che è arrivato un espresso per il padrone, da Mr. Gardiner? È già mezz’ora che il postino l’ha portato a Mr. Bennet».

Le ragazze corsero senza perdere tempo. Attraversarono l’atrio e la sala da pranzo, poi la biblioteca, ma il padre non era neppure lì; stavano per cercarlo di sopra dalla madre, quando incontrarono il maggiordomo che disse loro:

«Se le signorine cercano il signor padrone, sta dirigendosi verso il boschetto».

Riattraversarono l’atrio e corsero attraverso il prato dietro a loro padre che si dirigeva infatti verso un boschetto, su un lato del cortile. Jane, che non era né svelta, né abituata alla corsa come Elizabeth, rimase presto indietro, mentre sua sorella lo raggiunse senza fiato ed esclamò:

«Oh, papà, che notizie ci sono? Ha scritto lo zio?»

«Sì, ho appena ricevuto un espresso».

«Bene; e che notizie? Buone o cattive?»

«Che cosa possiamo aspettarci di buono?», rispose lui togliendosi la lettera dalla tasca. «Ma forse preferisci leggerla tu stessa».

Elizabeth la prese con impazienza. Intanto sopraggiunse Jane.

«Leggi forte», disse il padre, «perché non so quasi neppure io precisamente di che cosa si tratta».

Gracechurch Street, lunedì 2 agosto

Caro cognato,

finalmente posso dare a tutti voi qualche notizia di mia nipote, che, nell’insieme, spero ti soddisferanno. Poco dopo la tua partenza, sabato scorso, ho avuto la fortuna di scoprire in che parte di Londra si trovano i due. Vi darò maggiori particolari a voce; per ora basti dire che sono stati trovati. Li ho visti tutti e due...

«Allora è come ho sempre sperato», esclamò Jane, «sono sposati!».

Elizabeth continuò:

Li ho visti tutti e due. Non sono sposati, né mi pare che avessero alcuna intenzione di farlo; ma se tu vorrai sottoscrivere agli impegni che mi sono azzardato a prendere a tuo nome, spero che lo saranno presto. Tutto quello che ti si chiede è che tu garantisca a tua figlia la sua parte sulle cinquemila sterline che le spettano alla tua morte e a quella di tua moglie, e che, inoltre, ti impegni a passarle, finché vivi, cento sterline l’anno. Queste sono le condizioni alle quali, tutto considerato, non ho esitato ad acconsentire a tuo nome. Ti mando questa mia a mezzo espresso, per avere la tua risposta senza indugio. Da questi particolari, vedrai che la situazione di Mr. Wickham non è così disperata come era generalmente creduto. La gente, su questo punto, si è ingannata, e sono lieto di dire che, quando tutti i suoi debiti saranno pagati, rimarrà ancora un po’ di denaro per mia nipote, in aggiunta alla sua sostanza personale. Se dunque, come credo farai, mi delegherai pieni poteri per agire in tuo nome, darò subito gli ordini a Haggerston di preparare un contratto in regola. Non occorre affatto che torni a Londra; rimani dunque tranquillamente a Longbourn e fidati della mia premura e del mio zelo. Manda una risposta appena puoi e scrivimi molto chiaramente in merito. Ci sembra meglio che mia nipote si sposi partendo da casa nostra, cosa che spero approverai. Viene oggi stesso a stabilirsi da noi. Ti scriverò appenaci sarà qualcosa di definito. Tuo, ecc.

Edw. Gardiner

«Possibile?», esclamò Elizabeth appena finito. «Possibile che la sposi?»

«Non è dunque così indegno come lo giudicavamo», disse sua sorella. «Caro papà, sono proprio felice!».

«E avete risposto alla lettera?», disse Elizabeth.

«No, ma lo farò presto».

Elizabeth lo pregò allora molto seriamente di non perdere altro tempo. «Caro babbo», esclamò, «tornate a casa e scrivete immediatamente. Pensate all’importanza che ha ogni minuto in questo caso».

«Lasciate che scriva per voi», disse Jane, «se vi secca farlo».

«Mi secca moltissimo», rispose, «ma deve essere fatto». E così dicendo, tornò indietro con loro, avviandosi verso casa.

«E, posso chiedere?...», disse Elizabeth: «questi patti dovranno essere accettati, immagino?»

«Accettati? Mi stupisce solo che chieda così poco».

«E devono sposarsi! Con un uomo simile».

«Sì, sì, devono sposarsi. Non c’è altro da fare. Ma vorrei sapere due cose: una, quanto ha pagato tuo zio per deciderlo; e l’altra, come farò per sdebitarmi con lui».

«Denaro? lo zio?», gridò Jane, «che volete dire?»

«Voglio dire che nessun uomo ragionevole sposerebbe Lydia per la misera tentazione di un centinaio di sterline l’anno finché vivo io, e di cinquanta dopo la mia morte».

«È vero», disse Elizabeth, «non ci avevo pensato prima. I debiti pagati, e qualcosa ancora che avanza! Certo è tutta opera dello zio. Caro generoso uomo, temo che ciò gli sarà non poco gravoso. Certo non sarà bastata una piccola somma».

«No», disse suo padre, «Wickham sarebbe uno stupido a prenderla per meno di diecimila sterline. Mi dispiacerebbe pensare così male di lui fin dall’ inizio della nostra parentela».

«Diecimila sterline! Dio non voglia! Come si potrà rimborsare una somma simile?».

Mr. Bennet non rispose, e, tutti assorti nei loro pensieri, raggiunsero in silenzio la casa. Il padre andò in biblioteca a scrivere e le ragazze si ritirarono in sala da pranzo.

«E così si sposeranno davvero!», esclamò Elizabeth appena rimaste sole. «Come è tutto strano! E dobbiamo anche essergli grate! Siamo costrette a desiderare che si sposino, per quanto abbiano poca probabilità di essere felici, e nonostante che egli non sia un gentiluomo. Oh, Lydia, Lydia!».

«Mi conforta il pensiero», rispose Jane, «che, se non l’amasse veramente, non la sposerebbe. Anche se nostro zio ha fatto qualcosa per aiutarlo, non credo che abbia sborsato diecimila sterline o una somma simile. Ha dei figli, e ne può avere ancora. Come potrebbe sacrificare anche la metà di diecimila sterline?»

«Se potessimo sapere a quanto sommavano i debiti di Wickham», disse Elizabeth, «e quanto ha assicurato a nostra sorella, sapremmo esattamente quello che Mr. Gardiner ha fatto per loro, perché Wickham non ha un soldo di suo. Non potremo mai ricompensare gli zii per la loro bontà. Averla accolta in casa, dandole la loro protezione, è un sacrificio tale, per amor suo, che non basteranno anni e anni di riconoscenza per ripagarli. A quest’ora Lydia è già con loro. Se tanta bontà non la commuove e non la fa pentire, non meriterà mai di essere felice! Pensa che impressione il suo primo incontro con la zia!».

«Dobbiamo cercare di dimenticare tutto quanto è avvenuto da ambo le parti», disse Jane. «Spero e sono convinta che potranno essere felici nonostante tutto. Che Wickham abbia acconsentito al matrimonio dimostra che è già sulla retta via. Il loro reciproco affetto li renderà più saggi, e mi lusingo che si sistemeranno tranquillamente vivendo in modo da far dimenticare la leggerezza del passo che hanno fatto».

«La loro condotta è stata tale», rispose Elizabeth, «che né tu, né io, né nessuno potrà mai dimenticarla. Meglio non parlarne».

Intanto le ragazze si ricordarono che probabilmente la madre era all’oscuro di tutto. Andarono nella biblioteca per chiedere al padre se potevano dirle quanto era avvenuto. Mr. Bennet stava scrivendo, e senza alzare il capo, rispose freddamente:

«Fate come volete!».

«Possiamo portare la lettera dello zio per fargliela vedere?»

«Portate quello che volete, e andate via».

Elizabeth prese la lettera dalla scrivania e salirono. Mary e Kitty erano con la madre, così la comunicazione sarebbe servita per tutte. Dopo averla preparata a sentire le migliori notizie, la lettera venne letta a voce alta. Mrs. Bennet non stava quasi in sé dalla felicità. Appena Jane lesse come Mr. Gardiner sperava di vedere presto Lydia sposata, la sua gioia esplose e ad ogni frase il suo entusiasmo aumentava. Con la stessa violenza con cui si era abbandonata all’inquietudine e al dispetto, ora era trasportata dalla gioia. Le bastava sapere che sua figlia si sarebbe sposata. Non mostrava di nutrire alcuna trepidazione per la sua felicità, né si sentiva umiliata per la sua condotta.

«Cara, cara Lydia mia!», esclamò. «È magnifico! Si sposerà! La rivedrò! Maritata a sedici anni! Caro, ottimo fratello! Lo sapevo che sarebbe andata così! Sapevo che avrebbe messo a posto tutto! Come desidero rivederla, e anche quel caro Wickham! Ma gli abiti! Il corredo. Scriverò subito in proposito a mia cognata! Lizzy cara, corri dal babbo e chiedigli quanto le darà. No, aspetta, andrò io stessa. Suona il campanello, Kitty, chiamami Hill. Mi vestirò in un attimo. Cara, cara Lydia! Come saremo felici rivedendoci!».

La sua figlia maggiore cercò di moderare questi trasporti di gioia, ricordandole gli obblighi che avevano verso lo zio.

«Perché», aggiunse, «dobbiamo certo alla sua bontà questa felice conclusione. Siamo convinti che si è impegnato personalmente ad aiutare Mr. Wickham con il suo denaro».

«Bene», esclamò la madre, «è giustissimo; chi lo potrebbe fare se non lo zio? Se non avesse avuto una famiglia, il suo denaro sarebbe venuto a me e ai miei figli, ed è questa la prima volta che riceviamo qualche cosa da lui, se si eccettua qualche regalo. Bene! Sono così felice! Tra pochi giorni avrò una figlia maritata! La signora Wickham! Come suona bene! E ha compiuto appena sedici anni a giugno! Cara Jane, sono talmente agitata che non posso scrivere: ti detterò, e scriverai per me. Quanto al denaro decideremo più tardi, con tuo padre; ma gli abiti vanno ordinati subito».

Allora incominciò a calcolare la mussola e la tela, e avrebbe dettato tutta una lista di ordinazioni, se Jane non fosse riuscita con grande difficoltà a persuaderla che era meglio aspettare di consultare prima il babbo. «Un giorno di ritardo», osservò, «non avrebbe avuto molta importanza». E la madre era troppo felice per essere ostinata come di solito.

«Andrò a Meryton», disse, «a raccontare l’ottima notizia a zia Philips, e, tornando, mi fermerò da Lady Lucas e da Mrs. Long. Kitty, corri a ordinare la carrozza... un po’ d’aria mi farà un gran bene. Ragazze, avete bisogno di qualcosa da Meryton? Oh, ecco Hill! Cara Hill, hai saputo la bella notizia? Miss Lydia si sposa, e berrete un bel punch per le sue nozze».

La signora Hill espresse subito la sua gioia. Elizabeth ebbe la sua parte di rallegramenti, poi, disgustata di tanta leggerezza, si rifugiò nella sua camera per poter pensare liberamente.

La situazione della povera Lydia era abbastanza triste, eppure bisognava rallegrarsi che non fosse ancora peggiore. Elizabeth se ne rendeva conto, e, benché guardando all’avvenire non potesse aspettarsi per sua sorella né una vera felicità, né una florida situazione finanziaria, pensando a quanto avevano temuto solo poche ore prima, apprezzò tutto il vantaggio di quello che avevano almeno ottenuto.