Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo nono
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Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Elizabeth passò gran parte della notte in camera di sua sorella, e al mattino ebbe la gioia di dare una risposta confortante alle domande che le pervennero assai di buon’ora da parte di Mr. Bingley tramite una donna di servizio, e un po’ più tardi dalle sue sorelle, a mezzo di due eleganti cameriere addette alla loro persona. Ma nonostante questo miglioramento, Elizabeth chiese di mandare un biglietto a Longbourn, desiderando che sua madre venisse a trovare Jane e giudicasse personalmente la situazione. Il biglietto fu spedito immediatamente, e il desiderio esaudito con grande prontezza. Mrs. Bennet, accompagnata dalle due figlie minori, arrivò a Netherfield poco dopo colazione.
Non si può mettere in dubbio che, se la signora Bennet avesse trovato Jane in pericolo, ne sarebbe stata profondamente desolata, ma, data la lievità della malattia, non provava alcun desiderio che sua figlia si rimettesse prontamente, perché una volta guarita, avrebbe dovuto lasciare Netherfield. Non volle quindi nemmeno ascoltare la proposta di Jane di essere trasportata a casa, e anche il farmacista, arrivato in quel momento, giudicò la cosa sconsigliabile. Dopo aver trascorso un po’ di tempo con Jane, accogliendo un vago invito di Miss Bingley, la madre e le tre figlie la seguirono in sala da pranzo. Bingley le accolse esprimendo la speranza che Mrs. Bennet non avesse trovato sua figlia peggio di quanto si aspettava.
«Purtroppo sì», fu la sua risposta, «è ancora troppo malata per poter essere trasportata a casa. Mr. Jones dice di non pensarci nemmeno. Saremo proprio costretti ad approfittare ancora della vostra cortesia».
«Trasportarla!», esclamò Bingley, «non è neppure il caso di parlarne. Sono sicuro che mia sorella non acconsentirebbe mai a lasciarla partire».
«Potete esser sicura, Madam», disse Miss Bingley con fredda cortesia, «che Miss Bennet avrà tutte le cure fino a quando starà con noi».
Mrs. Bennet si profuse in ringraziamenti.
«Non so proprio», aggiunse, «che ne sarebbe di lei se non avesse trovato amici tanto gentili, perché sta proprio poco bene e soffre parecchio, sebbene con molta pazienza, com’è del resto sua abitudine, perché ha, posso dirlo con cognizione, il miglior carattere che io conosca. Dico spesso alle mie altre figliole che non valgono nulla in confronto a lei. Come è bella questa camera, Mr. Bingley, e che graziosa veduta sul viale! Non conosco altra villa in campagna paragonabile a Netherfield. Spero che, anche se avete concluso un affitto breve, non penserete di lasciarla tanto presto».
«Sono sempre piuttosto precipitoso nelle mie decisioni», egli rispose, «e così, se venissi nella determinazione di lasciare Netherfield, probabilmente me ne andrei in cinque minuti. Tuttavia, per ora, mi considero qui come se mi ci fossi stabilito per sempre».
«Questo risponde esattamente all’idea che mi sono fatta di voi», disse Elizabeth.
«Incominciate a capirmi, non è vero?», esclamò Bingley rivolto alla ragazza.
«Oh sì, vi capisco perfettamente».
«Vorrei che fosse un complimento, ma ho paura che l’esser capito così a prima vista significhi che sono una persona di ben poco valore».
«Non è detto che un carattere chiuso e complicato sia più stimabile di uno come il vostro».
«Lizzy», interruppe sua madre, «ricordati dove sei e non lasciarti andare a parlare a vanvera come ti lasciamo fare a casa».
«Non sapevo che foste un’osservatrice di caratteri», continuò in fretta Bingley. «Dev’essere uno studio interessante».
«Sì, ma i caratteri complicati sono i più divertenti. Hanno almeno questo vantaggio».
«La campagna», disse Darcy, «offre generalmente pochi soggetti per uno studio del genere. Ci si muove sempre nel cerchio della solita invariata e limitata società».
«Ma la stessa gente cambia talmente, che c’è sempre qualcosa di nuovo da osservare».
«È proprio così», esclamò Mrs. Bennet, offesa di quell’apprezzamento sul modo di vivere in campagna. «Vi assicuro che anche in mezzo a noi c’è altrettanta animazione che in città».
Tutti rimasero sorpresi a quest’uscita, e Darcy, dopo averla fissata un istante, volse altrove lo sguardo silenziosamente. Mrs. Bennet, sicura di averlo totalmente sconfitto, continuò trionfante:
«Per conto mio, non vedo proprio in che cosa Londra sia tanto superiore alla provincia, se non per i negozi e i luoghi pubblici. In campagna si sta molto meglio: non è vero, Mr. Bingley?»
«Quando sono in campagna non vorrei mai andarmene», rispose, «ma mi avviene lo stesso quando sono in città. Tutte e due hanno i loro vantaggi, e sono ugualmente felice tanto in un posto come nell’altro».
«Questo dipende dal vostro buon carattere; ma quel signore», disse guardando Darcy, «aveva l’aria di pensare che la campagna non valga un gran che».
«Ma ti sbagli, mamma», disse Elizabeth arrossendo per sua madre. «Non hai compreso Mr. Darcy: voleva dire che in campagna non si trova una società così varia come in città; e devi riconoscere che è vero».
«Certamente, cara, nessuno dice che ci sia; ma quanto a vedere tanta gente, non credo esista un posto nel quale si possano coltivare le relazioni come questo. Basti pensare che noi frequentiamo e siamo invitate a pranzo in ben ventiquattro case».
Bingley mantenne la sua gravità solo per un riguardo verso Elizabeth; le sue sorelle, con minor delicatezza, lanciarono a Mr. Darcy un sorriso molto espressivo. Elizabeth, per cambiare il corso dei pensieri di sua madre, chiese se Charlotte Lucas era stata a Longbourn dopo la loro partenza.
«Sì, è venuta a trovarci ieri con suo padre. Che persona simpatica è Sir William, non è vero Mr. Bingley? Un vero uomo di mondo. Tanto semplice e cortese! Trova sempre una parola per tutti. Questa, secondo me, è la vera educazione; ma chi si dà tante arie e non apre mai bocca, mostra proprio di esserne sprovvisto».
«Charlotte si è fermata a pranzo?»
«No, ha voluto tornare a casa. Credo fosse attesa per preparare la torta di frutta secca. Io, vede, Mr. Bingley, ho sempre della servitù che sa il suo mestiere e le mie figliole sono state educate ben diversamente, ma ognuno ha il suo modo di vedere, e le Lucas sono delle ottime ragazze. Peccato che non siano belle! Non si può dire che Charlotte sia proprio una nullità e del resto è la nostra amica prediletta».
«Sembra una signorina molto simpatica», disse Bingley.
«Oh, sì! Ma dovete convenire che è proprio brutta. Lo riconosce anche Lady Lucas, e spesso mi invidia la bellezza di Jane... non si vede spesso una bellezza simile. Lo dicono tutti e questo giudizio non è davvero frutto della mia parzialità. Aveva appena quindici anni quando un signore, che si trovava da mio fratello Gardiner a Londra, era talmente innamorato di lei che mia cognata credeva si dichiarasse prima della nostra partenza. Non lo fece. Forse la trovò troppo giovane. Tuttavia scrisse per lei alcuni versi, ed erano proprio graziosi».
«E così terminò il suo amore», disse Elizabeth con impazienza. «Non sarà l’unico, credo, che avrà fatto la stessa fine. Mi domando chi sarà stato il primo a scoprire l’efficacia della poesia per spegnere l’amore!».
«Ho sempre pensato che la poesia fosse il nutrimento dell’amore», disse Darcy.
«Forse di un amore deciso e vigoroso. Quello che è già forte, trae nutrimento da ogni cosa. Ma se si tratta soltanto di una tenue, pallida inclinazione, sono sicura che un buon sonetto ne ha subito ragione».
Darcy sorrise e la pausa che seguì fece tremare Elizabeth per il timore che sua madre si esponesse di nuovo al ridicolo. Mrs. Bennet avrebbe voluto parlare, ma non sapeva pensare a nulla da dire, e dopo un breve silenzio, riprese a ringraziare Mr. Bingley per la sua bontà verso Jane e a scusarsi per il disturbo che arrecava Lizzy. Mr. Bingley rispose con cortese naturalezza, e obbligò sua sorella minore a essere gentile a sua volta e a dire quello che l’occasione richiedeva. Costei fece la sua parte senza troppa buona grazia, ma la signora Bennet se ne accontentò ugualmente e poco dopo ordinò la carrozza. A questo segnale Lydia, la figlia minore, si fece avanti. Le due ragazze non avevano fatto che bisbigliare tra loro durante l’intera visita e il risultato era stato che la minore dovesse ricordare a Mr. Bingley la promessa fatta di dare un ballo a Netherfield.
Lydia era una ragazza di quindici anni, forte e ben sviluppata, con una bella carnagione e un carattere spigliato; era la preferita dalla madre, che, per questa predilezione, l’aveva condotta in società troppo presto. Era molto vivace e molto disinvolta; tale disinvoltura era aumentata fino a diventare sfacciataggine da quando era oggetto delle attenzioni degli ufficiali, attirati dagli ottimi pranzi di suo zio e dal suo fare tutt’altro che riservato. Era quindi indicata per fare la richiesta a Mr. Bingley a proposito del ballo; e infatti gli rammentò a bruciapelo la sua promessa, aggiungendo che sarebbe stata una vera vergogna se non l’avesse mantenuta. La risposta a questo improvviso attacco suonò deliziosamente agli orecchi della madre:
«Vi assicuro che sono prontissimo a mantenere la mia promessa; e appena vostra sorella sarà guarita, fisserà lei stessa la data del ballo. Non vorreste certamente ballare mentre è ancora malata».
Lydia si dichiarò soddisfatta. «Oh, senza dubbio sarà molto meglio aspettare che Jane stia bene, e così sarà anche più facile che per allora sia tornato a Meryton il capitano Carter. E, quando avrete dato il vostro ballo», aggiunse, «insisterò perché ne diano uno anche gli ufficiali. Dirò al colonnello Forster che sarebbe una vergogna, se non lo dessero».
La signora Bennet e le figlie se ne andarono, ed Elizabeth tornò subito da Jane, lasciando che le due signore e Mr. Darcy commentassero il contegno suo e della sua famiglia. Ma quest’ultimo, nonostante tutto lo spirito di Miss Bingley a proposito di certi “begli occhi”, non poté essere indotto a unirsi a loro nelle critiche.