Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo cinquantatreesimo

Capitolo cinquantatreesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Questa conversazione soddisfece così completamente Wickham che non cercò più di ritornare sull’argomento, evitando a sé e alla sua cara cognata Elizabeth questo imbarazzo, ed ella fu felice nel constatare che aveva detto abbastanza per farlo star zitto.

Ben presto arrivò il giorno della partenza sua e di Lydia, e Mrs. Bennet dovette adattarsi per forza a una separazione che si prospettava della durata di un anno almeno, visto che mai suo marito avrebbe acconsentito a un loro viaggio a Newcastle.

«Oh, Lydia cara! Quando ci rivedremo?», esclamò.

«Oh Dio! Non lo so. Forse tra due o tre anni».

«Scrivimi spesso, cara».

«Più spesso che potrò. Ma sai che quando si è maritate, non resta molto tempo per la corrispondenza. Possono scrivermi le mie sorelle, che non hanno altro da fare».

Gli addii di Mr. Wickham furono più affettuosi di quelli di sua moglie. Bellissimo, sorrideva dicendo molte cose gentili.

«È proprio un bel tipo», disse Mr. Bennet appena furono usciti. «Sorride, si inchina, ci fa la corte a tutti. Sono molto fiero di lui. Sfido perfino Sir Lucas a produrre un genero più decorativo».

La partenza della figlia rese Mrs. Bennet infelice per molti giorni.

«Credo», diceva, «non ci sia nulla di più triste che il separarsi dalle persone care. Ci si sente così sperduti!».

«È la conseguenza dei matrimoni delle figlie!», disse Elizabeth. «Dovete consolarvi, pensando di averne quattro ancora zitelle».

«Non è questo. Lydia non mi lascia perché è maritata, ma soltanto perché il reggimento di suo marito è così lontano. Se fosse stato più vicino, non sarebbe partita così presto».

Ma ben presto il suo abbattimento scomparve e il suo animo si riaprì alla speranza per una notizia che incominciò a circolare. La governante di Netherfield aveva ricevuto ordine di preparare ogni cosa per l’arrivo del suo padrone che sarebbe giunto tra uno o due giorni per poi fermarsi parecchie settimane per la caccia. Mrs. Bennet era fuori di sé. Guardava Jane, sorrideva e scuoteva il capo.

«Bene, bene! E così Mr. Bingley torna in campagna, sorella mia? (Perché era stata Mrs. Philips a portare la notizia.) Tanto meglio. Non che me ne importi. Per noi egli non è nulla, e non vorrei neppure rivederlo. Tuttavia, se ciò gli piace, venga pure a Netherfield. Possono accadere molte cose, ma del resto non ci riguarda. Ti ricordi, cara sorella, che rimanemmo d’accordo, tempo fa, di non parlarne più. E così, è proprio sicuro che arriva?»

«Puoi essere certa», rispose l’altra. «Mrs. Nicholls era l’altra sera a Meryton, e, quando la vidi passare, uscii appositamente per informarmi, e lei mi assicurò che era verissimo. Arriverà giovedì al più tardi, probabilmente mercoledì. Mrs. Nicholls andava dal macellaio a ordinare la carne per mercoledì, e ha comprato tre coppie di anitre proprio bell’e pronte per essere ammazzate».

Jane non poté udire la notizia dell’arrivo di Bingley, senza cambiar colore. Erano mesi che non lo aveva più nominato con Elizabeth, ma ora, appena sole, disse:

«Ho visto che mi guardavi oggi, Lizzy, quando la zia ci ha dato quella notizia e so che deve essere stata notata la mia confusione, ma non credere che dipenda da sciocche illusioni. Sono rimasta confusa, sul momento, perché sapevo che mi guardavano. Ma ti assicuro che questa notizia non mi dà né gioia né pena. Sono però contenta che venga solo, perché avremo meno occasione di vederlo. Non che io abbia paura per me, ma temo le osservazioni della gente».

Elizabeth non ci capiva nulla. Se non lo avesse veduto nel Derbyshire, avrebbe pensato che venisse soltanto per la caccia, ma lo credeva ancora innamorato di Jane, e non sapeva proprio se pensare che fosse venuto con il permesso del suo amico, o se accettare l’ipotesi che avesse avuto il coraggio di venire anche senza tale autorizzazione.

«È però ben duro», concluse, «che quel pover’uomo non possa venire in casa sua senza sollevare tanta curiosità. Almeno io voglio lasciarlo in pace».

Nonostante le dichiarazioni di sua sorella — che del resto era convinta di esprimere i propri sentimenti — Elizabeth si accorse che Jane era proprio commossa in attesa di quell’arrivo. Era più turbata, di umore più ineguale di quanto non l’avesse mai vista.

L’argomento tanto discusso tra i suoi genitori un anno prima, tornò a galla.

«Appena verrà Mr. Bingley, caro», disse Mrs. Bennet, «andrai a trovarlo».

«No, no, mia cara, mi hai già obbligato a fargli visita l’anno scorso promettendomi che avrebbe sposato una delle mie figliole. Ma è finito tutto in fumo, e ora non voglio muovermi inutilmente».

Sua moglie gli dimostrò come una tale cortesia fosse un dovere da parte di tutti i vicini, al suo ritorno a Nethfrfield.

«È una formalità che trovo inutile», disse. «Se desidera la nostra compagnia, venga lui a cercarla. Sa dove stiamo. Non perderò il mio tempo a correre dietro ai vicini ogni volta che partono o che ritornano».

«Bene; quello che è certo è che se non vai a trovarlo, sarà molto sgarbato da parte tua. Ma, ad ogni modo, questo non mi impedirà di invitarlo a pranzo: sono decisa. Dobbiamo invitare presto Mrs. Long e i Goulding, e siccome, noi compresi, si sarebbe in tredici, andrà benissimo avere lui come quattordicesimo».

Consolandosi con questa decisione, poté sopportare meglio lo sgarbato rifiuto del marito, anche se l’affliggeva molto pensare che tutti i vicini avrebbero visto Mr. Bingley prima di loro. Quando stava per giungere il giorno del suo arrivo, Jane disse a sua sorella:

«Incomincia a dispiacermi che venga. Per me non sarebbe nulla; lo potrò rivedere con la massima indifferenza, ma non posso sopportare di sentirne parlare continuamente. La mamma lo fa a fin di bene, ma non sa, nessuno può sapere come soffro di tutto quello che dice. Come sarò contenta quando ripartirà da Netherfield!».

«Vorrei poterti consolare», disse Elizabeth, «ma non so come, e non posso neppure raccomandarti di avere pazienza, perché ne hai sempre anche troppa».

Mr. Bingley arrivò. Mrs. Bennet riuscì ad avere la notizia per prima, grazie alla servitù, e così il periodo della sua agitazione e del suo nervosismo fu ancora più lungo; contava i giorni che avrebbe dovuto aspettare prima di mandare un invito, non illudendosi di poterlo vedere prima. Ma la terza mattina dopo il suo arrivo, lo vide apparire a cavallo nel viale e dirigersi verso la loro casa.

Le figlie furono subito chiamate a dividere la sua gioia. Jane, decisa, restò al suo posto, ma Elizabeth, per accontentare la madre, andò alla finestra, guardò, e vide con lui Mr. Darcy. Si sedette di nuovo accanto a sua sorella. «C’è con lui un signore, mamma», disse Kitty; «chi può essere?»

«Qualche amico, immagino; non posso saperlo».

«Oh!», esclamò Kitty, «sembra quel signore che stava sempre con lui anche prima. Mr.... non ricordo il nome. Quell’uomo alto, tanto superbo». «Buon Dio! Mr. Darcy! È proprio lui! Bene, qualunque amico di Mr. Bingley sarà sempre il benvenuto; a parte ciò, devo dire che mi è odioso solo a vederlo».

Jane guardò Elizabeth, sorpresa e preoccupata. Sapeva ben poco del loro incontro nel Derbyshire, e quindi pensava all’imbarazzo di sua sorella nel rivederlo dopo la sua lettera di spiegazioni. Tutt’e due si sentivano a disagio. Ognuna era commossa per l’altra, e ancor più, naturalmente, per se stessa; e intanto Mrs. Bennet continuava a parlare della sua antipatia per Mr. Darcy e della sua risoluzione di essere gentile con lui solo in quanto era amico di Bingley. Nessuna delle due ragazze l’ascoltava.

Elizabeth aveva ben altre ragioni di essere turbata di quanto non potesse supporre Jane, alla quale non aveva avuto il coraggio di mostrare la lettera della zia Gardiner, o di parlare del mutamento avvenuto nei suoi sentimenti verso di lui: Darcy era per Jane soltanto l’uomo che Elizabeth aveva respinto, e del quale non sapeva apprezzare i meriti nel loro giusto valore; ma per Elizabeth era colui al quale tutta la loro famiglia era debitrice del più grande dei favori, e al quale pensava ormai con un affetto, se non così tenero, certo profondo e giusto come quello di Jane per Bingley.

La sua meraviglia nel vederlo venire a Netherfield e a Longbourn, e quel suo ricercarla di nuovo, era quasi pari alla sorpresa che aveva provato nell’osservare il suo mutato contegno, nel Derbyshire.

Il colore, scomparso dal suo volto, tornò a illuminarlo per un attimo accrescendone lo splendore, e un sorriso di gioia accese i suoi occhi, pensando che l’affetto di lui e i suoi desideri non fossero cambiati. Ma non voleva illudersi.

«Starò prima a vedere come si comporta», disse, «sarò sempre in tempo a sperare».

Sedette intanto al suo lavoro per ricomporsi, senza osar alzare gli occhi, finché un’ansiosa curiosità la spinse a guardare sua sorella, mentre il domestico si avviava alla porta. Jane era un po’ più pallida del solito, ma più tranquilla di quanto Elizabeth si sarebbe aspettato. All’avvicinarsi dei signori il suo colore si accese, ma li ricevette con disinvoltura, e con un contegno perfettamente sereno, altrettanto privo di risentimento come di eccessiva compiacenza.

Elizabeth parlò solo quel tanto che la cortesia richiedeva, e si rimise al suo lavoro con un’inconsueta alacrità. Aveva appena osato gettare un’occhiata a Darcy. Questi appariva serio come sempre, più simile a quello che aveva conosciuto nell’Hertfordshire, che non a quello di Pemberley. Ma forse, in presenza di sua madre, non poteva mostrarsi come quando si trovava con gli zii; cosa triste a pensarci, ma non improbabile.

Aveva guardato per un momento anche Bingley e le era parso compiaciuto e imbarazzato nello stesso tempo. Mrs. Bennet lo accolse con una tale gentilezza da fare arrossire le due sorelle, tanto era evidente il contrasto con il freddo inchino che aveva rivolto al suo amico.

Elizabeth, soprattutto, che sapeva come sua madre dovesse proprio a lui se la figlia prediletta era stata preservata da un irrimediabile disonore, fu offesa e rattristata nell’intimo da questa differenza così inopportuna.

Darcy, dopo averle chiesto come stavano Mr. e Mrs. Gardiner, domanda alla quale Elizabeth non poté rispondere senza confusione, non parlò quasi più. Non era seduto vicino a lei, cosa che giustificava forse il suo silenzio, ma nel Derbyshire non era accaduto lo stesso. Laggiù, quando non poteva parlare con lei, parlava con i suoi amici. Ora invece passavano diversi minuti senza che si sentisse la sua voce e quando, non sapendo resistere alla curiosità, alzava gli occhi su di lui, lo vedeva guardare tanto Jane che lei, o tenere spesso lo sguardo rivolto a terra. Era assai più pensieroso e mostrava meno desiderio di piacerle dell’ultima volta. Elizabeth si sentiva a disagio ed era in collera con se stessa per il senso di delusione che provava. “Potevo aspettarmi altro?”, si disse. “Ma allora perché è venuto?”.

Non aveva voglia di parlare con altri se non con lui, e a lui non aveva quasi il coraggio di rivolgersi. Riuscì appena a informarsi di sua sorella.

«È passato molto tempo da quando siete partito, Mr. Bingley», disse Mrs. Bennet.

Bingley ne convenne.

«Cominciavo quasi a temere che non sareste più tornato. Si diceva che avevate l’intenzione di abbandonare la casa per San Michele, ma spero che non sia vero. Da che siete partito sono avvenuti molti cambiamenti. Miss Lucas si è sposata e bene. E anche una delle mie figlie. Penso che l’avrete sentito dire; dovete averlo letto sui giornali. Lo pubblicarono sul «Times» e sul «Courier», anche se la cosa non ha avuto la risonanza che meritava. Diceva soltanto: “Recentemente: George Wickham si è unito in matrimonio con Miss Lydia Bennet”, senza parlare né del padre né dell’abitazione della sposa; nulla. Ci pensò mio fratello Gardiner e non capisco come mai combinò una sciocchezza simile. Lo avete letto?».

Bingley rispose che aveva letto l’annuncio, e porse i suoi rallegramenti. Elizabeth non osò alzare gli occhi, così non poté vedere l’aspetto di Darcy.

«È una gran bella cosa avere una figlia a posto, ma nello stesso tempo, Mr. Bingley, è ben duro vedersela portar via», continuò la madre. «Sono andati a Newcastle, un posto nel Nord, sembra, e dovranno starci non so quanto. Il suo reggimento è laggiù, perché immagino che avrete saputo che ha lasciato il ...shire, e che è entrato a far parte dell’esercito regolare. Grazie al cielo ha molte relazioni importanti e diversi amici, sebbene forse non quanti ne merita».

Elizabeth che comprese questa allusione a Mr. Darcy, provò una tale vergogna da non sapere più dove stare. Si sentì quindi costretta a parlare, cosa che altrimenti non si sarebbe mai decisa a fare e chiese a Bingley se aveva l’intenzione di fermarsi, per ora, in campagna. Egli rispose che si sarebbe fermato qualche settimana.

«Quando avrete ucciso tutti i vostri uccelli, Mr. Bingley», disse la madre, «venite a cacciare da noi quando volete, nella tenuta di Mr. Bennet. Sono sicura che ne sarà felice, e che riserverà per voi le più belle covate».

Questo invito così ostentato, mise Elizabeth ancor più sulle spine. Se ancora i due giovani avessero nutrito quelle speranze che li avevano illusi l’anno precedente, era convinta che tutto l’insieme, ora, li avrebbe portati alle identiche conclusioni. In quel momento sentì che anni interi di felicità non avrebbero mai potuto compensare Jane e lei per questi momenti di così penosa confusione.

“Il più vivo desiderio del mio cuore”, andava dicendosi tra sé, “è di non rivedere più né l’uno, né l’altro. La loro compagnia non basta a compensarci di tanta amarezza. Speriamo di non incontrarli più”.

Eppure la grande pena di Elizabeth, che interi anni di gioia non avrebbero potuto riscattare, fu a poco a poco sollevata dalla constatazione che andava facendo di come la bellezza di sua sorella riaccendesse tutta l’ammirazione del suo antico innamorato. Appena entrato non le aveva quasi rivolto la parola, ma bastarono pochi momenti perché egli, nuovamente preso dal suo fascino, si dedicasse interamente a lei. La trovava bella come l’anno passato, e ugualmente cara e semplice, anche se meno loquace ed espansiva. Jane era ansiosa di non tradirsi né lasciar trapelare alcun mutamento, ed era convinta di parlare come al solito e di mostrarsi immutata. Ma il suo animo era troppo inquieto perché potesse accorgersi da se stessa di come rimaneva spesso silenziosa.

Quando i due giovani si alzarono per andarsene, Mrs. Bennet, ricordando il suo proposito di essere gentile, li invitò a pranzo a Longbourn per alcuni giorni dopo.

«Sapete che mi dovete ancora una visita, Mr. Bingley», disse, «perché quando l’anno scorso siete partito per Londra, mi avevate promesso di venire senza cerimonie da noi, al vostro ritorno. Come vedete, non l’ho dimenticato, e vi assicuro che sono stata molto delusa non vedendovi tornare e mantenere l’impegno».

Bingley si mostrò un po’ confuso e mormorò qualcosa sul rincrescimento di essere stato trattenuto dai suoi affari. Poi se ne andarono.

Mrs. Bennet aveva un gran desiderio di trattenerli a pranzo quel giorno stesso, ma, sebbene la loro tavola fosse sempre abbondantemente fornita, pensava che occorrevano almeno due portate per un uomo sul quale appuntava tutte le sue speranze, e per soddisfare l’appetito e la vanità di un altro che aveva una rendita di diecimila sterline annue.