Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova/XXVI

XXVI

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XXV XXVI - Sonetto


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PERSEO






statua di marmo


XXVI.


Era questo giovane superbo figliuolo di Danae e di Giove, a cui costò la più bizzarra trasformazione di quante mai ne abbia usate quel Dio singolarmente libertino. Venendoli comandato da Policlete, Re dell’Isola di Serifo, di uccidere la Gorgone Medusa, ebbe Perseo da Plutone, che volle favorirlo, un elmo in dono che rendealo invisibile, ed una spada mercè cui potea recidere a Medusa la testa. Da Mercurio, a cui pure era caro il giovinetto, ebbe ali e talari. Giovane di meravigliosa bellezza adorna era Medusa, e belli avea particolarmente i capelli. Minerva mascherando, con non so quale mancanza di rispetto, la sua naturale invincibile [p. 77 modifica]gelosia e gara di venustà, (gelosia e gara da cui la Dea stessa della sapienza non seppe andar esente) cangiolle una parte di quei suoi bellissimi capelli in orride serpi, che con orribile nodo le si allacciavano sotto del mento. Canova ci rappresenta il vago figliuolo di Danae nudo affatto della persona, con elmo in testa simile nella sua forma ad un berretto Frigio, a cui soprappose due picciole orecchie, e l’ali, dono di Mercurio. L’elmo è posto alquanto all’indietro della testa, sì che n’escono sulla fronte, e l’ombreggiano, alquante ciocche di capelli leggiadramente negletti. Egli ha i calzari ai piedi, ed un panneggiamento avvolto intorno al braccio sinistro, che gli scende poi fino a terra. Con la sinistra mano tiene ancora robustamente, e sdegnosamente pel ciuffo dei capelli la recisa testa della Gorgone, e con la destra languidamente la spada falcata, già ministra del suo trionfo. Tutta la persona di Perseo s’appoggia sul piede sinistro; il destro sembra volersi mettere in moto, ma premendo col maggior dito la terra, su quello fa forza, e si sostiene. Gli leggi nel volto ad un tempo la cessante ira dell’animo, e la nascente compiacenza. Alcune rigide pieghe della fronte, ed un moto nelle narici manifestano un avanzo di sdegno; il movimento della testa e delle labbra che si dispongono al sorriso, la soddisfazione per l’ottenuta vittoria. Nei puri e leggiadri contorni delle snelle e fresche sue membra, ed in un certo che di [p. 78 modifica]celeste, che in tutto lui spira, volle Canova mostrarci un essere, il quale, manifestando l’origine sua, fosse un composto di umano e di divino, composto singolare e bizzarro, distinto da quasi impercettibile filo, di cui ci favella spesso la Mitologia isvelandoci gli amori degli Dei e delle Dee pei mortali, ma difficilissimo a concepirsi, e più ancora ad esprimersi. Medusa ha nel volto un misto di bellezza sovrumana, e di sovrumano orrore, per cui chi la guarda in questa pietra medesima attonito resta, e diviso fra due contrarj affetti così, che ben comprende la ingegnosa allegoria di quella favola, che ci narra divenisse di pietra chiunque nella vera e vivente Medusa arrestava lo sguardo. Tutte le parti del suo volto orribilmente bello cominciano ad annunziare la mancanza di quel vigore che prima sostenevale; ed è così vera in quel volto la morte, ed il decadimento delle narici, della bocca semiaperta e delle guancie che fissandola alquanto progressivo lo crederesti: effetto mirabile del sommo talento dello Scultore, il quale non potendo disporre che d’un breve istante presente, riscaldando l’immaginazione, e commovendo il cuore, col presente il passato ci fa vedere, ed il non lontano avvenire.