Nuova Cronica/Libro quinto

Libro quinto

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Libro quarto Libro sesto

I Qui comincia il quinto libro: come la lezione dello ’mperio di Roma venne agli Alamanni, e come Otto primo di Sassogna fu consegrato imperadore.

Regnando nel papato Giovanni duodecimo figliuolo d’Alberto imperadore, come adietro è fatta menzione, e guastando la Chiesa per le sue ree opere, fue per parte de’ cardinali rimandato per Otto re d’Alamagna per levare il detto papa di signoria, e fare lui imperadore; per la qual cosa il detto papa, sappiendo ciò, a Giovanni suo diacano cardinale ch’avea ordinato ciò e trattato fece mozzare il naso, e a un altro Giovanni soddiacano ch’ave’ scritto le lettere fece tagliare la mano. Per la qual cosa, e per le pessime opere di Berlinghieri e d’Alberto, faceano in Lombardia e in Toscana, Otto con tutta sua forza passò ancora in Italia, e abatté al tutto la signoria de’ detti imperadori in Lombardia, come in parte fu detto dinanzi. E poi venne in Toscana, e da’ Lucchesi e da’ Fiorentini fu ricevuto onorevolemente, e soggiornò assai in Lucca, e alquanto in Firenze; poi se n’andò a Roma, e da’ Romani fu ricevuto a grande gloria e triunfo; il quale giunto a Roma, fece disporre e cacciare del papato il detto Giovanni papa, il quale poi morì vilmente e in avolterio, e fece eleggere papa Leone ottavo, il quale per la malvagità de’ Romani fece decreto che niuno papa fosse fatto sanza l’asentimento dello ’mperadore. E veggendo il papa e tutto il chericato che·lla Chiesa non si potea difendere, né avere sua libertà per la retà de’ malvagi Romani e de’ tiranni d’Italia che·ll’occupavano, sanza l’aiuto e forza degli Alamanni, e conoscendo la bontà e valore e potenzia del detto Otto re, per dignissimo fue per lo popolo di Roma e per la Chiesa eletto imperadore, e consegrato e coronato in Roma dal detto papa Leone a grande gloria, negli anni di Cristo VIIIIcLV, il quale fece molti doni a santa Chiesa. Questo Otto fu di Sassogna, e regnò imperadore XII anni, faccendo grandi e buone opere in esaltamento della Chiesa e dello ’mperio, e pacificò tutta Italia; e ciò fatto, si tornò in Alamagna colla sua moglie Alunda, della quale avea avuto uno figliuolo, ch’ebbe nome simigliante al padre Otto secondo. Ma tornato lui in Alamagna, per gli malvagi Romani fu disposto papa Leone, e feciono papa Benedetto V, della qual cosa, sappiendolo Otto, molto isdegnato e crucciato tornòe a Roma con sua forza, e assediolla; per la qual cosa i Romani per avere sua pace gli rendero preso il detto Benedetto papa, e rimise in sedia Leone, che prima era stato papa, e tornossi in Alamagna, e menonne il detto Benedetto, il quale morì vilmente. E dopo molte pietose e buone opere, e fatti ricchi monasterii, il detto Otto si morì in Alamagna. Questo Otto amendò molto tutta Italia, e mise in pace e buono stato, e abatté le forze de’ tiranni; e al suo tempo assai de’ suoi baroni rimasono signori in Toscana e in Lombardia. Intra gli altri fu il cominciamento de’ conti Guidi, il quale il primo ebbe nome Guido, che ’l fece conte Palatino, e diedegli il contado di Modigliana in Romagna; e poi i suoi discendenti furono quasi signori di tutta Romagna, infino che furono cacciati di Ravenna, e tutti morti dal popolo di Ravenna per loro oltraggi, salvo uno picciolo fanciullo ch’ebbe nome Guido, sopranomato Sangue, per gli suoi che furono tutti in sangue morti; il quale poi per lo ’mperadore Otto quarto fu fatto signore in Casentino, e questi fu quegli che tolse per moglie in Firenze la contessa Gualdrada, figliuola che fu del buono messere Bellincione Berti de’ Ravignani onorevole cittadino di Firenze. Ancora troviamo che ’l detto Otto primo soggiornava in Firenze quando andava e tornava a Roma, e mise amore e piacquegli la città, e perch’era stata sempre figliuola della città di Roma e fedele allo ’mperio, sì·lla favorò e brivileggiò, e dielle infino in sei miglia di contado. E quando tornò in Alamagna, de’ suoi baroni vi rimasero e furono cittadini; e intra gli altri fu quegli ch’ebbe nome Uberto, onde si dice che nacque la casa e progenia degli Uberti, e per suo nome così fu nomata; e un altro barone ch’ebbe nome Lamberto, che si dice che discesono i Lamberti: questo però non affermiamo; e più altri di sua gente de’ migliori baroni, e di quegli d’Otto secondo, rimasono in Toscana in signoria, onde poi sono stratti molti lignaggi in Firenze di gentili uomini, e molte terre d’Italia. Questo Otto primo brivileggiò i Lucchesi che potessero battere moneta d’oro e d’ariento, e però la loro moneta è improntata del suo nome. Dapoi che morì Otto primo fu fatto imperadore Otto secondo suo figliuolo, il quale regnò XV anni. Al tempo di questo Otto uno papa Giovanni tredecimo, che·ll’avea coronato, fue preso da Piero prefetto di Roma e messo in Castello Santo Angelo, e poi si fu cacciato in Campagna; ma il detto Otto il rimise in sedia, e molti Romani che di ciò ebbono colpa fece morire di mala morte, e molti ne mandò presi in Sassogna. Al tempo di costui i Saracini e’ Greci presono Calavra, il quale andò loro incontro con grande oste di Romani, e Tedeschi, e Lombardi, e Pugliesi; ma per mala condotta, e perché i Romani e’ Beneventani si fuggiro, fue sconfitto con grande danno de’ Cristiani, e egli preso da’ corsali greci; ma per ingegno e promesse si fece menare in Cicilia; essendovi arrivato co·lloro, essendo conosciuto, tutti gli fece morire di mala morte. E poi il detto Otto assediò Benivento, e prese la terra e guastolla per lo loro tradimento, e trassene il corpo di santo Bartolomeo appostolo, e recollo a Roma per portarlo in Sassogna; ma tornato a Roma morìo poco appresso, e nell’isola di Roma lasciò il detto corpo di santo Bartolomeo.

II Del terzo Otto imperadore, e del marchese Ugo che fece la Badia di Firenze.

Dopo la morte del secondo Otto fue eletto imperadore Otto terzo suo figliuolo, e coronato per papa Gregorio quinto negli anni di Cristo VIIIIcLXXVIIII, e regnò questo Otto XXIIII anni. Poi che fue incoronato andòe in Puglia in pellegrinaggio al Monte Santo Angelo, e poi si tornò per la via di Francia in Alamagna, lasciando Italia in buono stato e pacefico. Ma lui tornato in Alamagna, Crescenzo consolo e signore di Roma cacciò il detto Gregorio del papato, e misevi uno Greco, ch’era vescovo di Piagenza, molto savio; ma sentendo ciò Otto imperadore, molto crucciato con sua forza tornò in Italia, e assediò in Roma il detto Crescenzo e ’l suo papa in Castello Santo Angelo, che là entro s’erano fuggiti; il quale per assedio ebbe il detto castello, e Crescenzo fece dicollare, e papa Giovanni XVI trarre gli occhi e tagliare le mani, e rimise in sedia il suo papa Gregorio che di nazione era suo parente; e lasciando Roma e Italia in buono stato, si tornò in suo paese in Alamagna, e di là morì bene aventurosamente. Col detto Otto terzo venne in Italia il marchese Ugo: credo che fosse marchese di Brandimborgo, però che in Alamagna nonn-ha altro marchesato. A costui piacque sì la stanza di Toscana, spezialmente de la nostra città di Firenze, ch’egli ci fece venire la moglie, e in Firenze fece suo dimoro, sì come vicario d’Otto imperadore. Avenne, come piacque a·dDio, ch’andando lui a una caccia nella contrada di Bonsollazzo, per lo bosco si smarrì da sua gente, e capitò, a la sua avisione, a una fabbrica dove s’usa di fare il ferro. Quivi trovando uomeni neri e sformati che in luogo di ferro parea che tormentassono con fuoco e con martella uomeni, domandò che ciò era. Fugli detto ch’erano anime dannate, e che a simile pena era condannata l’anima del marchese Ugo per la sua vita mondana, se non tornasse a penitenzia; il quale con grande paura si raccomandòe a la vergine Maria, e cessata la visione, rimase sì compunto di spirito, che tornato in Firenze, tutto suo patrimonio d’Alamagna fece vendere, e ordinò e fece fare sette badie: la prima fu la Badia di Firenze a onore di santa Maria; la seconda quella di Bonsollazzo, ove vide la visione; la terza fece fare ad Arezzo; la quarta a Poggibonizzi; la quinta alla Verruca di Pisa; la sesta a la Città di Castello; l’ultima fu quella di Settimo: e tutte queste badie dotò riccamente, e vivette poi colla moglie in santa vita, e nonn-ebbe nullo figliuolo, e morì nella città di Firenze il dì di santo Tommaso gli anni di Cristo MVI, e a grande onore fu soppellito alla Badia di Firenze. E vivendo il detto marchese Ugo, fece in Firenze molti cavalieri della schiatta de’ Giandonati, de’ Pulci, de’ Nerli, de’ conti da Gangalandi, e di quegli della Bella, i quali tutti per suo amore ritennero e portarono l’arme sua adogata rossa e bianca con diverse intransegne.

III De’ VII prencipi d’Alamagna ch’hanno a eleggere lo ’mperadore.

Morto Otto il terzo, per cagione che·llo ’mperio era andato per lignaggio in tre Otti, l’uno figliuolo dell’altro, si parve a Sergio papa quarto, e a’ cardinali, e a’ prencipi di Roma che·llo ’mperio fosse alla lezione degli Alamanni, imperciò ch’erano possenti genti, e grande braccio del Cristianesimo; ma che d’allora innanzi lo ’mperio andasse per elezione del più degno, confermandosi poi per la Chiesa, essendo aprovato degno: e furono per dicreto ordinati sette lettori dello ’mperio in Alamagna, e ch’altri non potesse degnamente essere eletto imperadore, se non per gli detti prencipi. Ciò furono l’arcivescovo di Maganza cancelliere d’Alamagna, l’arcivescovo di Trievi cancelliere in Gallia, l’arcivescovo di Cologna cancelliere in Italia, il marchese di Brandimborgo camerlingo, il duca di Sassogna che gli porta la spada, e ’l conte Palatino del Reno che oggi succede per retaggio al duca di Baviera, e servelo a tavola del primo messo, e ’l re di Boemme che ’l serve della coppa: e sanza lui consentire non vale la lezione. E fecesi dicreto che per cagione che gli Alamanni aveano tutta la lezione dello ’mperio d’Alamagna, non potesse essere papa o cardinale, per levare le disensioni del papato; ma non s’attenne. E imperò che, dapoi che·llo ’mperio venne al tutto agli Alamanni, sì seguiremo omai d’imperadore in imperadore, e simile de’ papa, quanto regnò ciascuno, e brievemente le sue operazioni, imperciò che in questi tempi la nostra città di Firenze cominciò ad avere stato e potenzia per le revoluzioni de’ detti imperadori; e per le disensioni che talora ebbono col papa e colla Chiesa, molte mutazioni e parti ebbe nella nostra città di Firenze, come innanzi per gli tempi faremo menzione ordinatamente. E ancora n’è di nicessità di fare memoria degli re di Francia e di Puglia, imperciò che molto si mischia la loro signoria alla nostra materia per le novità che seguiranno appresso; e però in brieve per lo primo capitolo ne faremo menzione.

IV Della progenia delli re di Francia che discesono d’Ugo Ciappetta.

Ugo Ciappetta, come addietro facemmo menzione, fallito i·lignaggio di Carlo Magno, fu re di Francia nelli anni di Cristo VIIIIcLXXXVII. Questo Ugo fu duca d’Orliens (e per alcuno si scrive che fur sempre i suoi antichi e duchi e di grande lignaggio), figliuolo d’Ugo il Grande, e nato per madre della serocchia d’Otto primo della Magna; ma per gli più si dice che ’l padre fu uno grande e ricco borgese di Parigi stratto di nazione di bucceri, overo mercatante di bestie; ma per la sua grande ricchezza e potenzia, vacato il ducato d’Orliens, e rimasene una donna, sì l’ebbe per moglie, onde nacque il detto Ugo Ciappetta, il quale fu molto savio e possente, e reame di Francia tutto si governava per lui; e fallito i·legnaggio di Carlo Magno, come fatta è menzione, si fece fare re, e regnò XX anni. Questo Ugo Ciappetta e suo legnaggio sempre portarono il campo azzurro e fioredaliso d’oro, e truovasi che Carlo Magno portò mezza l’arme dello ’mperio, cioè il campo ad oro e l’aguglia nera, e l’altra metà fioridaliso; ma in San Donigi di Francia si trovarono insegne vecchie reali, il campo azzurro con ispronelle ad oro; non si sa se furono del legnaggio di Carlo, o de’ primi re venuti di Siccambria. Apresso Ugo Ciappetta regnò Uberto suo figliuolo XII anni, e fu uno grande cherico inniscrittura, e molto cattolico e santo. Poi regnò Arrigo suo figliuolo XXX anni; e poi regnò Filippo suo figliuolo XLVIIII anni; poi regnò Luis il Grosso suo figliuolo XXXI anno; poi regnò Luis il Pietoso suo figliuolo XLIII anni, e fu col nome il fatto, pietoso e buono, e con tutte le virtù. Questi ebbe per moglie la contessa di Ciarte, la qual fu discesa de·legnaggio di Carlo Magno, imperò che fu nata della casa di Normandia, della qual donna ebbe uno figliuolo ch’ebbe nome Filippo il Bornio, il quale regnò XLIIII anni. Questo Filippo fu uomo di grande valore, e molto acrebbe il reame. Prima il conte di Fiandra, che·ll’avea levato a’ fonti, co li più de’ baroni di Francia si rubellò; il quale per suo senno e prodezza tutti gli ridusse a sua signoria, e per lo detto fallo tolse al conte di Fiandra Vermandosi e Piccardia. Questo Filippo andò al conquisto d’oltremare col re Riccardo d’Inghilterra, e vinse Acri in Soria; poi ebbe discordia col re Riccardo per moneta che gli avea prestata al passaggio, onde avea pegno la duchea di Normandia per CCm di libbre di parigini; e quando la venne a ricogliere, non volle il re di Francia altro che parigini piccioli, come dicea la carta; e non potendosi trovare al termine, si trasattò Normandia, e recolla a sua sugezzione, onde grande guerra fu poi tra·lloro, che ’l detto re Riccardo s’allegò contra il re Filippo con Ferrante conte di Fiandra, e con Otto quarto re de’ Romani; il quale, in uno medesimo giorno, Filippo re combatté col detto Otto e Ferrante al ponte al Bovino in Fiandra, e sconfissegli, e prese Ferrante, e Otto si fuggì; e Luis figliuolo del detto re Filippo ebbe battaglie in Paito contro al re d’Inghilterra e altri baroni, e sconfissegli, e recò sotto la sua signoria Paito, Guascogna, Torena, e Angieri, e Chiermonte; alla fine lasciò grande tesoro per limosina alla terra d’oltremare, e morì negli anni di Cristo MCCXVI. Apresso Filippo il Bornio regnò il detto Luis suo figliuolo tre anni. Questo Luis ebbe quattro figliuoli della reina Biancia figliuola del re di Spagna: il primo fu il buono re santo Luis che succedette a·llui re di Francia; il secondo Ruberto il primo conte d’Artese; il terzo fu Alfarante che fu conte di Pittieri e di Lanzone; il quarto fu il buono Carlo conte d’Angiò e poi di Proenza, e poi per suo valore e prodezza fu re di Cicilia e di Puglia, come innanzi farà menzione la storia al trattato di Federigo imperadore e di Manfredi re suo figliuolo. Il detto santo re Luis regnò XLVIII anni, e sconfisse il re d’Inghilterra e ’l conte della Marcia, e andò oltremare a Damiata, e là preso alla Mensura con Carlo suo fratello, e morìvi il conte d’Artese, e ricomperarsi dal soldano grande tesoro; e poi fu al passaggio di Tunisi, e là morì santamente gli anni di Cristo MCCLXX. Dopo il re santo Luis regnò Filippo suo figliuolo XIIII anni, e questi fu quegli che fece il passaggio in Araona, e là morì. Questo re Filippo ebbe della figliuola del re d’Araona due figliuoli: il primo fu Filippo il Bello, il quale fu il più bello Cristiano che·ssi trovasse al suo tempo (questi regnò re in Francia XXVIII anni a’ nostri tempi); l’altro fu Carlo di Valois, detto Carlo Sanzaterra, che assai mutazioni fece a la nostra città di Firenze, come innanzi al suo tempo farà menzione. Questo re Filippo il Bello ebbe tre figliuoli: il primo fu Luis re di Navarra per retaggio della madre; il secondo Filippo conte di Pittieri; il terzo Carlo conte della Marcia; e morto il padre negli anni di Cristo MCCCXV, furono tutti e tre re di Francia l’uno apresso l’altro in picciolo tempo. Avemo raccontato sì per ordine gli re di Francia e di Puglia discesi de·legnaggio d’Ugo Ciappetta, perché contando le nostre storie di Firenze, e dell’altre province e terre d’Italia, si possono meglio intendere. Lasceremo de’ Franceschi, e torneremo a nostra materia degl’imperadori di Roma e de’ fatti di Firenze.

V Come Arrigo primo fu fatto imperadore.

Dapoi che fu morto il terzo Otto imperadore gli elettori della Magna si elessono nello ’mperio Arrigo primo duca di Baviera; e questi fu stratto del legnaggio di Carlo Magno, sì come adietro facemmo menzione, e ciò fu negli anni di Cristo MIII, e regnò XII anni e VI mesi bene aventurosamente in ogni battaglia contro a’ suoi nemici in Alamagna, e in Buemmia, e in Italia, e fece tornare alla fede di Cristo Stefano re d’Ungheria e tutto suo reame, e dégli per moglie la serocchia. Questi fu il primo Arrigo imperadore, ma il secondo fu re della Magna; e però si scorda la cronica nel nomare gli Arrighi; ove dice IIII vuole dire III, così lo terzo secondo, quanto allo ’mperio. Questo Arrigo e la sua moglie, ch’ebbe nome santa Cunegonda, stettero e conservaro insieme virginitade, overo castitade, e molti miracoli feciono dopo la loro morte. Questo imperadore e la detta sua moglie stettero in Firenze, e feciono reedificare la chiesa di Santo Miniato, siccome adietro facemmo menzione. Lasceremo alquanto a raccontare gli ’mperadori, e torneremo a nostra materia de’ fatti di Firenze, come ne’ detti tempi, e con volontà del detto imperadore Arrigo, i Fiorentini presono e abbatterono la città di Fiesole, e crebbesi la città di Firenze.

VI Come al tempo del detto Arrigo i Fiorentini presono la città di Fiesole, e feciolla disfare.

Ne’ detti tempi, regnando imperadore Arrigo primo, quegli della città di Firenze erano molto cresciuti di gente e di podere secondo il loro piccolo sito, e massimamente per lo favore e aiuto d’Otto primo imperadore, e del secondo e terzo Otto suo figliuolo e nipote, che sempre favoreggiarono la città di Firenze; e come la città di Firenze cresceva, la città di Fiesole sempre calava, avendo al continuo guerra e nimistà insieme; ma per lo forte sito e fortezza di mura e di torri che avea la città di Fiesole, invano si travagliavano i Fiorentini di conquistarla, con tutto che fossero più genti, e di maggiore amistà e aiuto, anzi erano continuo guerreggiati da’ Fiesolani. Ma veggendo ciò i Fiorentini, che per forza no·lla poteano aquistare, sì·ssi intreguarono co’ Fiesolani, e lasciarono il guerreggiare tra·lloro; e di triegua in triegua si cominciarono a dimesticare insieme, e usare l’uno cittadino nella città dell’altro, e imparentarsi insieme, e picciola guardia facea l’uno dell’altro. I Fiorentini veggendo che·lla loro città di Firenze nonn-avea podere di fare grande montata, avendo sopra capo sì fatta fortezza com’era la città di Fiesole, provedutamente e segretamente una notte misono aguato di loro gente armati da più parti di Fiesole. I Fiesolani essendo assicurati da’ Fiorentini e non prendendosi guardia, la mattina della loro festa principale di santo Romolo, aperte le porte, essendo disarmati i Fiesolani, i Fiorentini entrando nella città sotto titolo di venire alla festa, quando ve n’ebbe dentro buona quantità, gli altri armati ch’erano nell’aguato presono le porte della città; e fatto cenno a Firenze, come era ordinato, tutta l’oste e potenzia de’ Fiorentini vennero a cavallo e a piè al monte, e entrarono nella città di Fiesole, e corsolla tutta sanza uccidere quasi gente, o fare altro danno, se non a chi si contendesse. I Fiesolani veggendosi subitamente e improviso sopresi da’ Fiorentini, parte di coloro che poterono si fuggirono in su la rocca, la quale era fortissima, e tennersi lungo tempo apresso. La città di sotto alla rocca essendo presa e corsa per gli Fiorentini, e prese le fortezze e le genti che·ssi contendeano, l’altro minuto popolo s’arenderono a patti che non fossono morti né rubati di loro cose, faccendo i Fiorentini loro volontà di disfarla, rimanendo il vescovado in sua giuridizione. Allora i Fiorentini patteggiarono che chi volesse uscire della città di Fiesole e venire ad abitare in Firenze potesse venire sano e salvo con tutti i suoi beni e cose, e andare in altra parte che gli piacesse; per la qual cosa in grande quantità ne scesoro ad abitare in Firenze, onde poi furono e sono grandi schiatte in Firenze; altri n’andarono ad abitare intorno per lo contado ove aveano loro villate e possessioni. E ciò fatto, e la città vota di genti e di cose, i Fiorentini la feciono abattere tutta e disfare, salvo il vescovado e certe altre chiese, e la rocca, che·ssi tenea ancora e non s’arendeva a’ detti patti; e ciò fu negli anni di Cristo MX, e recarne i Fiorentini e’ Fiesolani che·ssi feciono cittadini di Firenze tutte le dignità e colonne, e tutti gl’intagli de’ marmi che lassù erano, e il carroccio del marmo ch’è in San Piero Scheraggio in Firenze.

VII Come molti Fiesolani tornarono ad abitare in Firenze e fecionsi uno popolo co’ Fiorentini.

Essendo disfatta la città di Fiesole, salvo il castello della rocca, come detto è di sopra, molti Fiesolani ne vennoro ad abitare in Firenze e feciono uno popolo co’ Fiorentini, e per la loro venuta convenne che·ssi crescesse di mura e di giro la città di Firenze, come innanzi farà menzione. E acciò che’ Fiesolani venuti ad abitare in Firenze fossono con più fede e amore co’ Fiorentini, sì raccomunarono l’arme de’ detti Comuni, e feciono allora l’arme dimezzata vermiglia e bianca, come ancora a’ nostri tempi si porta in su il carroccio e nello oste de’ Fiorentini. Il vermiglio fu l’antica arme che i Fiorentini ebbono da’ Romani, come adietro è fatta menzione, che soleano usare iv’entro il giglio bianco; e ’l bianco fu l’antica arme de’ Fiesolani, ma avevavi dentro una luna cilestra: ma nella detta arme comune levarono il giglio bianco e la luna, e fu pur dimezzata; e feciono leggi e statuti comuni, vivendo ad una signoria di due consoli cittadini e consiglio del senato, ciò era di C uomini i migliori della città, com’era l’usanza data da’ Romani a’ Fiorentini. E così crebbe molto in quegli tempi la città di Firenze e di popolo e di potenzia per lo disfacimento della città di Fiesole, e per li Fiesolani che vennono ad abitare in Firenze, ma però nonn-era di grande popolo a comparazione ch’ella è a’ nostri tempi; che·lla città di Firenze era di piccolo sito, come fatto è menzione, e ancora si vede al primo giro, e non v’avea abitanti il quarto ch’è oggi. I Fiesolani erano molto scemati, e alla disfazione di Fiesole molto si sparsono, e chi andò in una parte e chi in una altra; ma i più ne vennoro a Firenze, e pur fu grossa città al tempo d’allora; ma per quello troviamo, con tutti i Fiesolani non furono la metà ch’è oggi a’ nostri dì. E nota perché i Fiorentini sono sempre in scisma, e in parti, e in divisioni tra·lloro, che nonn-è da maravigliare: l’una ragione si è perché la città fu reedificata, come fu detto al capitolo della sua reedificazione, sotto la signoria e influenzia della pianeta di Marti che sempre conforta guerre e divisioni; l’altra ragione più certa e naturale si è che’ Fiorentini sono oggi stratti di due popoli così diversi di modi, e sempre per antico erano stati nemici, siccome del popolo de’ Romani e di quello de’ Fiesolani; e ciò potemo vedere per isperienza vera, e per le diverse mutazioni e partigioni e sette che dapoi che’ detti due popoli furono congregati in uno avennero in Firenze di tempi in tempi, come in questo libro omai più stesamente farà menzione.

VIII Come la città di Firenze crebbe lo cerchio, prima di fossi e steccati, poi di mura.

Dapoi che’ Fiesolani tornarono in grande parte ad abitare in Firenze, come detto è dinanzi, la città s’empié più di gente e di popolo, e crescendo in borghi e abituri di fuori della vecchia e piccola città, poco tempo appresso convenne di nicessità che·lla città si crescesse di cerchio, prima di fossi e di steccati; e poi al tempo d’Arrigo terzo imperadore si feciono le mura, acciò che·lle borgora e acrescimenti di fuori per le guerre che apparieno in Toscana per cagione del detto Arrigo non potessono essere presi né guasti, e la città più tosto assediata da’ nemici. E però a quel tempo, negli anni di Cristo MLXXVIII, come innanzi incidendo le storie d’Arrigo terzo farà menzione, cominciarono i Fiorentini le nuove mura, cominciando dalla parte del levante alla porta di San Piero Maggiore, la quale fu alquanto dietro alla detta chiesa, mettendo il borgo di San Piero Maggiore e la chiesa detta dentro alle nuove mura. E poi ristrignendosi dalla parte di tramontana, poco di lungi al detto borgo fece gomito ad una postierla che·ssi chiamò la porta Albertinelli per una schiatta ch’era in quel luogo, che così fu chiamata; poi seguendo insino alla porta di borgo San Lorenzo, mettendo la detta chiesa dentro alle mura; e poi appresso ebbe due postierle, l’una alla forca di campo Corbolini, e l’altra si chiamò poi la porta del Baschiera; conseguendo poi insino alla porta di San Paolo, e appresso seguendo insino alla porta alla Carraia, a la quale fece fine il muro in su l’Arno, ove poi si cominciò e fece uno ponte che·ssi chiama il ponte alla Carraia per lo nome di quella porta; e poi seguendo le mura non però troppe alte in su la riva d’Arno, mettendo dentro ciò ch’era di fuori alle mura vecchie, ciò era il borgo di San Brancazio, e quello di Parione, e quello di Santo Appostolo, e quello di porte Sante Marie insino al ponte Vecchio; e poi appresso in su la riva d’Arno insino al castello Altrafonte. Di là si partirono alquanto le mura dalla riva d’Arno, sicché vi rimase via in mezzo, e due postierle onde s’andava al fiume. Poi faceano tanto e volgeano ove è oggi la coscia del ponte Rubaconte, e ivi alla rivolta avea una porta che·ssi chiamava la porta de’ Buoi, perché ivi di fuori si facea il mercato de’ buoi, che poi fu nomata la porta di messere Ruggieri da Quona, però che i detti da Quona quando vennero ad abitare alla città si puosono in su la detta porta. Poi seguirono le mura dietro a Sa·Iacopo tra·lle fosse, perché era in su’ fossi, insino ov’è oggi il capo della piazza dinanzi alla chiesa de’ frati minori detta Santa Croce; e quivi avea una postierla ch’andava all’isola d’Arno, poi seguendo le dette mura per linea diritta sanza niuna porta o postierla, ritornando insino a San Piero Maggiore ove cominciano. E così ebbe la città nuova di Firenze di qua dall’Arno V porte per gli V sesti, una porta per sesto, e più postierle, com’è fatta menzione. Oltrarno si avea tre borghi, i quali tutti e tre cominciavano al ponte Vecchio di là da Arno: l’uno si chiamava e chiama ancora borgo Pidiglioso, perch’era abitato di vile gente, e era in capo del detto borgo una porta che·ssi chiamava la porta a Roma, ove sono oggi le case de’ Bardi presso a Santa Lucia de’ Magnoli e passato il ponte Vecchio, e per quella via s’andava a Roma per lo cammino da Fegghine e d’Arezzo; altre mura non avea al detto borgo se non il dosso delle case di costa al poggio. L’altro borgo era quello di Santa Felicita, detto il borgo di Piazza, che avea una porta ove è oggi la piazza di San Filice, onde va il cammino a Siena; e un altro borgo che·ssi chiamava di Sa·Iacopo, che avea una porta ove sono oggi le case de’ Frescobaldi, che andava il cammino a Pisa. A’ detti tre borghi del sesto d’Oltrarno non avea altre mura se non le porte dette e’ dossi delle case di dietro che chiudeano le borgora con giardini e ortora di dietro. Ma da poi che·llo ’mperadore Arrigo terzo venne ad oste a·fFirenze, i Fiorentini feciono murare Oltrarno, cominciando a la detta porta a Roma montando adietro al borgo a la costa di sotto a San Giorgio, e poi riuscieno dietro a Santa Felicita, rinchiudendo il borgo di Piazza e quello di Sa·Iacopo, e quasi come andavano i detti borghi; ma poi si feciono le mura d’Oltrarno al poggio più alte, come sono ora, al tempo che di prima i Ghibellini signoreggiarono la città di Firenze, come faremo menzione a luogo e a tempo. Lasceremo alquanto de’ fatti di Firenze, e tratteremo degl’imperadori che furono appresso il primo Arrigo, che·cci sono di nicessità a raccontare per conseguire la nostra storia.

IX Come Currado primo fu fatto imperadore.

Dopo la morte d’Arrigo primo imperadore fu eletto e consegrato Currado primo per Benedetto papa ottavo negli anni di Cristo MXV. Questi fu di Soavia, e regnò nello ’mperio XX anni, e quando egli passò in Italia, non possendo avere la signoria di Melano, sì·ll’assediò infino ne’ borghi; ma prendendo la corona del ferro di fuori di Melano in una chiesa, cantando la messa, sì venne uno grande tuono e saetta in quella chiesa, e alquanti ne morirono; e levato l’arcivescovo che cantava la messa dall’altare, disse a Currado imperadore che visibilemente vide santo Ambruogio che fortemente il minacciava se non si partisse dall’assedio di Melano; e egli per quella amonizione si levò da oste, e fece pace co’ Melanesi. Questi fu giusto uomo, e fece molte leggi, e tenne lo ’mperio in pace lungo tempo. Bene andò in Calavra contro a’ Saracini ch’erano venuti a guastare il paese, e co·lloro combattéo, e con grande spargimento di sangue de’ Cristiani gli cacciò e conquise. Questo Currado si dilettò assai della stanza della città di Firenze quando era in Toscana, e molto l’avanzò, e più cittadini di Firenze si feciono cavalieri di sua mano e furono al suo servigio. E acciò che si sappia chi erano i nobili e possenti cittadini in quegli tempi nella città di Firenze, brievemente ne faremo menzione.

X De’ nobili ch’erano nella città di Firenze al tempo del detto imperadore Currado: prima di quegli d’intorno al Duomo.

Come adietro è fatta menzione, la prima reedificazione della picciola Firenze era divisa per quartieri, cioè per quattro porte; e acciò che noi possiamo meglio dichiarire i nobili legnaggi e case che a’ detti tempi, disfatta Fiesole, erano in Firenze grandi di podere, sì gli conteremo per gli quartieri ove abitavano. E prima quegli della porta del Duomo, che fu il primo ovile e stazzo della rifatta Firenze, e dove tutti i nobili cittadini di Firenze la domenica facieno riparo e usanza di cittadinanza intorno al Duomo, e ivi si faceano tutti i matrimoni e paci, e ogni grandezza e solennità di Comune: e appresso porta San Piero, e poi porta San Brancazio, e porta Sante Marie. E porte del Duomo erano abitanti il legnaggio de’ filii Giovanni, e quegli de’ filii Guineldi, che furono i primi che reedificarono la città di Firenze, onde poi sono discesi molti lignaggi di nobili in Mugello e in Valdarno e in città assai, che oggi sono popolari e quasi venuti a fine: furono i Barucci che stavano da Santa Maria Maggiore, che oggi sono venuti meno; bene furono di loro legnaggio gli Scali e’ Palermini. Erano ancora nel detto quartiere Arrigucci, e’ Sizii, e’ figliuoli della Tosa. Questi della Tosa furono uno legnaggio co’ Bisdomini, e padroni e difenditori del vescovado; ma partissi uno di loro da’ suoi di porta San Piero, e tolse per moglie una donna chiamata la Tosa, che n’ebbe lo retaggio, onde dirivò quello nome. Eravi quelli della Pressa che stavano tra’ Chiavaiuoli, gentili uomini.

XI Delle case de’ nobili del quartiere di porta San Piero.

Nel quartiere di porta San Piero erano i Bisdomini che, come di sopra è detto, e’ sono padroni del vescovado, e gli Alberighi, che fu loro la chiesa di Santa Maria Alberighi da casa i Donati, e oggi non n’è nullo; i Ravignani furono molto grandi, e abitavano in sulla porta San Piero, che furono poi le case de’ conti Guidi, e poi de’ Cerchi, e di loro per donna nacquero tutti i conti Guidi, come adietro è fatta menzione, della figliuola del buono messere Bellincione Berti: a’ nostri dì è venuto tutto meno quello legnaggio. I Galligari, e Chiarmontesi, e Ardinghi che abitano in Orto San Michele, erano molto antichi; e simile i Giuochi che oggi sono popolani, che abitavano da Santa Margherita; Elisei che simile sono oggi popolani, che stanno presso a Mercato Vecchio; e in quello luogo abitavano i Caponsacchi, che furono grandi Fiesolani; i Donati, overo Calfucci, che tutti furono uno legnaggio, ma i Calfucci vennoro meno; e quegli della Bella di San Martino anche divenuti popolani; e il legnaggio degli Adimari i quali furono stratti di casa i Cosi, che oggi abitano in Porta Rossa, e Santa Maria Nipotecosa feciono eglino; e bene che sieno oggi il maggiore legnaggio di quello sesto e di Firenze, non furono però in quelli tempi de’ più antichi.

XII Di quegli del quartiere di porta San Brancazio.

Nel quartiere della porta di San Brancazio erano grandissimi e potenti la casa de’ Lamberti, nati per loro antichi della Magna; gli Ughi furono antichissimi, i quali edificarono Santa Maria Ughi, e tutto il poggio di Montughi fu loro, e oggi sono spenti; i Catellini furono antichissimi, e oggi non n’è ricordo: dicesi che’ figliuoli Tieri per bastardo nati fossono di loro lignaggio; i Pigli gentili uomini e grandi in quegli tempi, Soldanieri, e Vecchietti; molto antichi furono quegli dell’Arca, e oggi sono spenti; e’ Migliorelli, che oggi sono niente; e’ Trinciavelli da Mosciano furono assai antichi.

XIII Di quegli del grande quartiere di porta Santa Maria e di San Piero Scheraggio.

Nel quartiere della porta Sante Marie, ch’è oggi nel sesto di San Piero Scheraggio, e quello di Borgo, avea molto possenti e antichi legnaggi. I maggiori erano gli Uberti, nati e venuto il loro antico della Magna, che abitavano ov’è oggi la piazza de’ priori e ’l palagio del popolo; i Fifanti, detti Bogolesi, abitavano in sul canto di porte Sante Marie, e’ Galli, Cappiardi, Guidi, e Filippi che oggi sono niente allora erano grandi e possenti, abitavano in Mercato Nuovo; e simile i Greci, che fu loro tutto il borgo de’ Greci, oggi sono finiti e spenti, salvo che n’ha in Bologna di loro legnaggio; Ormanni che abitavano ov’è oggi il detto palagio del popolo, e chiamansi oggi Foraboschi. E dietro a San Piero Scheraggio, ove sono oggi le case de’ figliuoli Petri, furono quegli della Pera, overo Peruzza, e per loro nome la postierla che ivi era si chiamava porta Peruzza: alcuno dice che’ Peruzzi che sono oggi furono stratti di quello legnaggio, ma non l’affermo. I Sacchetti che abitano nel Garbo furono molto antichi; intorno a Mercato Nuovo erano grandi i Bostichi, e quegli della Sannella, e Giandonati, e Infangati; in borgo Santo Appostolo erano grandi Gualterotti e Importuni, che oggi sono popolani; i Bondelmonti erano nobili e antichi cittadini in contado, e Montebuoni fu loro castello, e più altri in Valdigrieve; prima si puosono Oltrarno, e poi tornarono in Borgo. I Pulci, e’ conti da Gangalandi, Ciuffagni, e Nerli d’Oltrarno furono ad un tempo grandi e possenti con Giandonati e con quegli della Bella insieme nomati di sopra; e dal marchese Ugo che fece la Badia di Firenze ebbono l’arme e la cavalleria, imperciò che intorno a·llui furono molto grandi.

XIV Come in quegli tempi era poco abitato Oltrarno.

Avemo nomati i nobili e possenti cittadini che a’ tempi dello imperadore Currado primo erano di rinnomea e di stato in Firenze; altri più legnaggi v’avea di più piccolo affare che non se ne facea rinnomea, e oggi sono fatti grandi e possenti; e degli antichi nomati di sopra sono calati, e tali venuti meno, che a’ nostri dì apena n’è ricorso se non per questa nostra cronica. Oltrarno nonn-avea in quegli tempi gente di lignaggio né di rinnomo, però che, come avemo detto addietro, e’ nonn-era della città antica, ma borghi abitati di vili e minute genti. Lasceremo ora di raccontare de’ fatti di Firenze infino che fia tempo e luogo, quando i Fiorentini cominciarono a mostrare loro potenzia, e diremo brievemente degl’imperadori che furono dopo Currado primo, e della contessa Mattelda, e di Ruberto Guiscardo che conquistò in quegli tempi Puglia e Cicilia, che di raccontare di tutti ci è di nicessità per le mutazioni che n’avennero in Italia e poi alla nostra città di Firenze.

XV Come fu fatto imperadore Arrigo secondo detto terzo, e le novità che furono al suo tempo.

Dopo la morte del detto Currado fu eletto imperadore Arrigo secondo: e chi disse figliuolo, ma e’ fu pure genero del detto Currado imperadore, e figliuolo del conte Leopoldo Palatino di Baviera nipote del primo Arrigo. Questo Arrigo fu profetato la notte ch’egli nacque in questo modo: che ’l detto Currado essendo egli cacciando, arrivato di notte solo in una foresta in povera casa, ove abitava il padre e la madre isfuggiti e in bando dello ’mperio per micidio, ove il detto Arrigo nacque, vegnendogli in visione che ’l detto nato fanciullo sarebbe suo genero e succederebbe allo ’mperio, Currado, credendo che fosse figliuolo di villano, non conoscendo il conte suo padre, per disdegno il comandò a uccidere nella foresta; e i suoi famigliari per volontà di Dio lo lasciarono vivo, rapportando che·ll’aveano morto. E poi crebbe in bontà e inn-istato, sicché nella corte del detto Currado fu al servigio il detto Arrigo; e ricordandosi lo ’mperadore di lui, e riconoscendolo per certi indizii e segnali di lui, il mandò alla moglie con lettere che ’l facesse uccidere incontanente; e per uno prete con cui albergò in cammino, come piacque a·dDio, sì levò delle lettere quelle parole contamente, e mise che gli desse la figliuola per moglie, e così fu fatto; e il distino premesso da Dio pure seguì. Con tutti i contasti di Currado, questo Arrigo fu coronato negli anni di Cristo MXL, e regnò XVII anni. Questo Arrigo imperadore passò in Italia, e lui coronato a Roma da papa Clemente secondo, il quale papa il detto imperadore fece fare, e dispuose tre papi ch’erano in questione; l’uno si chiamò papa Benedetto nono, l’altro papa Silvestro terzo, l’altro papa Gregorio sesto; e aveano l’uno l’altro disposto e cacciato di Roma. Poi ciò fatto, il detto Arrigo si andò nel Regno per guerreggiare in Puglia e in Campagna tra’ signori insieme; sì prese Pandolfo prencipe di Capova e menolne in Alamagna, e mise in signoria un altro Pandolfo conte di Tarentino, e poi si tornò nella Magna dimorando poco in Italia. Per la qual cosa il paese d’Italia si commosse molto in guerra l’uno signore contra l’altro, e’ Romani tra·lloro, e rubarono la Chiesa, e le sue possessioni, e cose, e pellegrini. Ma essendo in quegli tempi tornato in istato papa Gregorio sesto, di Roma cacciò papa Clemente ch’era uomo di poco valore; come signore laico con armata mano difese e racquistò le giuridizioni, possessioni, e cose della Chiesa; e ebbe guerra e battaglia col detto Arrigo che·ll’avea disposto, e soprastogli; e tutto fosse per questa cagione uomo di sangue, sì fece buona fine e con santo repentimento, mostrando a’ suoi frati cardinali che ciò che avea fatto era per ricoverare lo stato di santa Chiesa, e non per niuna singulare propietà di sua avarizia, assegnando per autorità di santa Scrittura come i cherici al bisogno si debbono mettere come muro dinanzi alle battaglie a difensione della fede e di santa Chiesa. E Idio mostrò miracoli per lui; ché lui morto, i cardinali e l’altro chericato di Roma no·llo voleano soppellire in San Piero in luogo sagro, ma missollo di fuori dalle reggi, siccome alla sua fine ordinò, perch’era stato uomo di sangue, che se Idio mostrasse miracolo in lui, che ’l seppellissono dentro alla chiesa. E ciò fatto, e chiuse e serrate le porte di San Piero, subitamente venne uno turbo con uno vento sì impetuoso che per forza levò le porte della chiesa, e portolle in coro. Allora conosciuto il miracolo del santo uomo, sì ’l soppellirono nella chiesa con grande solennità e reverenzia.

XVI Come Arrigo terzo fu fatto imperadore, e le novità d’Italia che furono al suo tempo, e come la corte di Roma fu in Firenze.

Apresso la morte d’Arrigo secondo fu eletto imperadore Arrigo terzo, detto quarto quanto in nome di re, ma terzo ch’ebbe corona d’imperio, negli anni di Cristo MLV, e regnò nello imperio XLVIIII anni. Questi fu figliuolo dell’altro Arrigo di Baviera. Al tempo di costui ebbe molte novità in Italia e in Firenze, come faremo menzione. Al suo tempo fu fame e mortalità per tutto il mondo, e nel cerchio della luna apparve la pianeta di Venus chiara e aperta, e mai non si vide in tale aspetto. Questo Arrigo fece fare per sua fortezza papa Vittorio nato d’Alamagna, il quale papa nella città di Firenze fece concilio negli anni di Cristo MLVIIII, e molti vescovi dispuose per loro peccati di fornicazioni e di simonia. E partendosi la corte di Firenze, e ’l detto papa andando in Alamagna allo ’mperadore Arrigo, ricevuto a grande onore, poco appresso sì morìo. E dopo lui fu fatto papa nella città di Firenze per gli cardinali papa Stefano nato di Lotteringa in Brabante: vivette da X mesi, e morì nella detta città di Firenze, e nella chiesa maggiore di Santa Reparata fu sepulto. E dopo lui fu fatto per forza papa Benedetto vescovo di Velletro, e poi fu in capo de’ VIIII mesi cacciato del papato e morì. E dopo lui fu fatto papa il vescovo di Firenze ch’era di Borgogna, essendo la corte nella città di Siena, e fu chiamato papa Niccolaio secondo, e regnò tre anni e mezzo, e morì in Roma. E dopo a·llui regnò papa Allessandro nato di Melano XI anni e mezzo, ma al suo tempo i Lombardi feciono un altro papa, chiamato Calduco vescovo di Parma, e contra Allessandro venne due volte colla forza de’ Lombardi a Roma per avere il papato, ma niente gli valse. Alla fine papa Allessandro a richiesta d’Arrigo imperadore andò a Mantova, e là fece concilio, e chetarsi le riotte e scisme ch’erano nella Chiesa; e questo Allessandro rimase papa, e tornossi a Roma, e là morì; e poi fu papa Gregorio settimo. In questi tempi infino gli anni di Cristo MLXXVIII, essendo la città di Firenze assai agrandita e montata in istato per l’essere della corte di Roma che più tempo vi stette, e per la guerra che·ssi cominciò al tempo del detto papa Gregorio tra lo ’mperadore Arrigo e la Chiesa e la contessa Mattelda, come innanzi farà menzione, i Fiorentini feciono il secondo cerchio di mura alla città, ov’erano i fossi e steccati, come addietro è fatta menzione nel capitolo della detta edificazione.

XVII Come santificò santo Giovanni Gualberti cittadino di Firenze e padre dell’ordine di Valembrosa.

Al tempo del detto Arrigo imperadore fu uno gentile uomo del contado di Firenze nato di messere Gualberto cavaliere de’ signori da Petroio di Valdipesa, il quale avea nome Giovanni. Questi essendo laico e in guerra co’ suoi vicini, i quali aveano morto uno suo fratello, vegnendo a Firenze con sua compagnia armati a cavallo, trovò il nimico suo che aveva morto il fratello, assai presso della chiesa di San Miniato a Monte; il quale suo nimico veggendosi sorpreso, si gittò in terra a’ piedi di Giovanni Gualberti, faccendogli croce delle braccia, cheggendogli mercé per Iesù Cristo che fu posto in croce. Il quale Giovanni compunto da Dio, ebbe pietà e misericordia del nemico, e perdonogli, e menollo a offerere nella chiesa di Santo Miniato dinanzi al Crocifisso. Della quale misericordia Iddio mostrò aperto miracolo, che veggente tutti il Crocifisso si chinò al detto Giovanni Gualberti, e a·llui fece grazia di lasciare il secolo e convertirsi a religione, e fecesi monaco nella detta chiesa di Santo Miniato. Ma poi trovando l’abate simoniaco e peccatore, se n’andò come eremita nell’alpe di Valembrosa, e quivi gli crebbe la grazia d’Iddio e la sua santità, che, come piacque a·dDio, fu il primo cominciatore di quella badia e santo ordine, onde poi molte badie sono scese in Toscana e in Lombardia, e molti santi monaci. E egli vivendo, e poi, fece molti miracoli, come racconta la sua leggenda, e fu molto tenuto chiaro di fede e di vita da papa Stefano ottavo, e poi da papa Gregorio settimo; e passò di questa vita alla badia di Pasignano gli anni di Cristo MLXXIII, e dal detto papa Gregorio fu poi con grande divozione calonizzato.

XVIII Innarrazione di più cose che furono a questi tempi.

In questi tempi, gli anni di Cristo MLXX, passò in Italia Ruberto Guiscardo duca de’ Normandi, il quale per sua prodezza e senno fece grandi cose, e operò in servigio di santa Chiesa contro ad Arrigo terzo imperadore che·lla perseguitava, e contro Allessio imperadore, e contro a’ Viniziani, come appresso faremo menzione; per la qual cosa egli fu fatto signore di Cicilia e di Puglia colla confermagione di santa Chiesa, e gli suoi discendenti appresso infino al tempo d’Arrigo di Soavia, padre di Federigo secondo, ne furono re e signori. E simigliante in questi medesimi tempi si fu la valente e savia contessa Mattelda, la quale regnava in Toscana e in Lombardia e quasi di tutto fu donna, e molte grandi cose fece al suo tempo per santa Chiesa, sicché mi pare ragione e che·ssi convegna dire di loro cominciamento e stato in questo nostro trattato, imperciò che molto si mischia a’ fatti della nostra città di Firenze per le successioni che de’ loro fatti seguirono in Toscana. E prima diremo di Ruberto Guiscardo e poi della contessa Mattelda, e’ loro prencipii e le loro operazioni brievemente, tornando poi a nostra materia e fatti della nostra città di Firenze, i quali per acrescimento e operazioni de’ Fiorentini cominciò a moltiplicare e a istendere la fama di Firenze per l’universo mondo, più che non era stato per lo addietro; e imperciò quasi per necessità ne conviene nel nostro trattato [raccontare] più universalmente da quinci innanzi de’ papi, e degl’imperadori, e de’ re, e di più province del mondo le novità e cose state per gli tempi, imperciò che molto riferiscono alla nostra materia, e perché il sopradetto terzo Arrigo imperadore fu cominciatore dello scandalo dalla Chiesa allo ’mperio, e poi Guelfi e Ghibellini, onde si cominciarono le parti d’imperio e della Chiesa in Italia, le quali crebbono tanto che tutta Italia n’è maculata e quasi tutta Europia, e molto mali, e pericoli, e distruggimenti, e mutazioni ne sono seguitate alla nostra città e a tutto l’universo mondo, sì come innanzi conseguendo nel nostro trattato per li tempi faremo menzione. E cominceremo omai al di sopra d’ogni carta a segnare gli anni Domini seguendo di tempo in tempo ordinatamente, acciò che più apertamente si possano ritrovare le cose passate.

XIX Di Ruberto Guiscardo e di suoi discendenti i quali furono re di Cicilia e di Puglia.

Adunque, come addietro è fatto menzione, nel tempo di Carlo imperadore che detto è Carlo il Grosso, che imperiò negli anni Domini VIIIcLXXX insino in VIIIcLXXXII, i Normanni pagani venuti di Norvea, in Alamagna e in Francia passarono, con guerra strignendo e tormentando i Galli e’ Germani. Carlo con potente mano contro a’ Normanni venne, e fatta la pace e confermata per matrimonio, i·re de’ Normanni battezzato, e del sacro fonte dal detto Carlo ricevuto fu; e alla perfine non potendo Carlo i Normanni di Francia cacciare, concedette loro regioni ch’è di là dalla Seccana, chiamata Lada Serna, la qual parte insino a oggi è detta Normandia per gli detti Normandi, nella qual terra infino d’allora il duca per lo re vi sono mutati. Fu dunque il primo duca Ruberto, a cui succedette il figliuolo suo Guiglielmo, il quale generò Ricciardo, e Ricciardo ingenerò il secondo Ricciardo. Questo Ricciardo ingenerò Ricciardo e Ruberto Guiscardo, il quale Ruberto Guiscardo non fu duca di Normandia, ma fratello del duca Ricciardo. Questi secondo l’usanza loro, però che minore figliuolo era, non ebbe la signoria del ducato, e imperò volendo spermentare la sua bontà, povero e bisognoso in Puglia venne, e era in quel tempo duca in Puglia Ruberto nato del paese, al quale Ruberto Guiscardo vegnendo, prima suo scudiere, e poi da·llui fatto cavaliere. Adunque venuto Ruberto Guiscardo a questo duca Ruberto, molte vittorie con prodezze contro a’ nemici mostrò, il quale aveva guerra col prenze di Salerno, e guidardonato magnificamente tornò in Normandia: le dilizie e le ricchiezze di Puglia recò in fama, ornati i cavagli con freni d’oro e con ferri d’argento ferrati, in testimonio di ciò sì com’era; per la qual cosa provocati a sé più cavalieri, seguendo questa cosa per cuvidigia di ricchezze e di gloria, tornando in Puglia tostamente, seco gli menò, e stette apo il duca di Puglia fedelmente contro a Gottifredi duca de’ Normanni; e non lungo tempo poi, Ruberto duca di Puglia vegnendo a la morte, di volontà di suoi baroni nel ducato il fece successore, e come promesso gli avea, la figliuola prese a moglie, gli anni di Cristo MLXXVIII. E poco tempo passato, Alesso imperadore di Gostantinopoli, che Cicilia e parte di Calavra aveva occupata, e’ Viniziani vinse, e tutto il regno di Puglia e di Cicilia prese; e avegna che contro alla Chiesa romana questo facesse a cui il regno di Puglia era propia possessione, e la contessa Mattelda era contro a Ruberto Guiscardo, guerra facesse in servigio di santa Chiesa; ma Ruberto riconciliato alla perfine colla Chiesa di sua volontà, fatto ne fu signore. E non molto poscia Gregorio settimo, assediato co’ cardinali da Arrigo quarto imperadore nel Castello di Santo Angelo, vegnendo a Roma, e cacciato per forza il detto Arrigo co l’antipapa suo il quale avea fatto per sua forza, dall’asedio il papa e’ cardinali diliberò, e il papa nel palagio di Laterano rimise, puniti gravemente i Romani che contro a papa Gregorio favore allo ’mperadore Arrigo e al papa per lui fatto aveano dato. Questo Ruberto Guiscardo duca di Puglia faccendo una volta caccia, seguitando una bestia al profondo d’una selva, e ignorando quello che avenisse di lui e compagni, e dov’egli fosse e che facesse non potendolo sapere, veggendo adunque Ruberto appressata la notte, abbandonata la bestia che seguitava, a casa procacciava reddire; e tornando, trovò nella selva uno lebbroso che stantemente aiuto gli domandava; e quando alcuna cosa gli dicesse, rispuose al lebbroso che non faccea a·ssé utile penitenzia, ma egli vorrebbe innanzi portare ogni incarico e ogni gravamento; e domandando al lebbroso che volesse, disse: «Voglio che dopo voi mi pognate a cavallo»; acciò che forse abbandonato nella selva, le bestie no·llo divorassono. Allora Ruberto dopo sé nel cavallo lietamente il ricevette; e come cavalcando procedessero, a cotal conte così il lebbroso disse: «Tanto freddo aghiaccia le mie mani, che se nelle tue carni no·lle riscaldo a cavallo non mi potrò tenere». Allora quegli al lebbroso concedette che sicuramente sotto i suoi panni le mani ponesse, e le carni sue e le membra contentasse sanza nulla paura. E terza volta il lebbroso ancora per misericordia richeggendolo, in sella il puose, e egli venendo in groppa, il lebbroso abracciava, e insino alla sua propia camera il menava, e nel suo propio letto il puose; e acciò che si riposasse, diligentemente il collogò, non sentendolo alcuno della sua famiglia. E come la festa della cena fatta fosse, detto alla moglie che nel letto suo avea allogato il lebbroso, la moglie incontanente alla camera andò, a sapere se quello povero infermo volesse cenare; la camera sanza libamina trovò tanto odorifera, come se di tutte le cose odorifere fosse piena, sì fattamente che mai Ruberto né la moglie tanto odore mai non sentirono, e·lebbroso cerco che venuto v’era, non conobbero, maravigliandosi oltre misura il marito e la moglie di tanta maraviglia; ma con reverenzia e con tremore Iddio l’uno e l’altro addimandano che debbia loro rivelare che ciò sia. E il seguente dì per visione apparve Cristo a Ruberto dicendo che sé in forma di lebbroso gli s’era mostrato, acciò che provasse la sua pietà; e anunziogli che della sua moglie avrebbe figliuoli, de’ quali l’uno imperadore, l’altro re, il terzo duca sarebbe. Di questa promessione confortato Ruberto, abattuti i rubelli di Puglia e di Cicilia, di tutto aquistò la signoria, e ebbe V figliuoli: Guiglielmo, che prese per moglie la figliuola d’Alesso imperadore de’ Greci, e fu dello ’mperio di colui duca e possessore, ma morì sanza figliuoli (questi si dice che fu Guiglielmo il quale fu detto Lungaspada; ma questo Lungaspada molti dicono che non fu del legnaggio di Ruberto Guiscardo, ma della schiatta de’ marchesi di Monteferrato); e ’l secondo figliuolo di Ruberto Guiscardo, Boagdinos, che fu in prima duca di Taranto; il terzo fu Ruggieri duca di Puglia, che dopo la morte del padre fu coronato re di Cicilia da papa Onorio secondo; il quarto figliuolo di Ruberto Guiscardo fu Arrigo duca de’ Normandi; il quinto figliuolo Ricciardo conte Cicerat, credo della Terra. Questo Ruberto Guiscardo dopo molte e nobili cose in Puglia fatte, per cagione di divozione dispuose di volere andare in Gerusalem in peregrinaggio; e detto gli fu in visione che morrebbe in Gerusalem. Dunque acomandato il regno a Ruggieri suo figliuolo, prese per mare il viaggio verso Gerusalem, e pervenendo in Grecia al porto che si chiamò poi Porto Guiscardo per lui, cominciò ad agravare di malatia; e confidandosi nella rivelazione che fatta gli fu, in niuno modo temea di morire. E era incontro al detto porto una isola, alla quale per cagione di ripigliare forza e riposo si fece portare, e portatolo, là non migliorava, ma quasi forte agravava. Allora domandò come si chiamava quella isola; e risposto gli fu per gli marinai che per l’antica Gerusalem si chiama. La qual cosa udita, incontanente certificato della sua morte, divotamente tutte le cose che alla salute dell’anima s’appartengono acconciò, e morì grazioso a·dDio, negli anni di Cristo MCX; il quale regnò in Puglia XXXIII anni. Queste cose di Ruberto Guiscardo in alcuna cronica parte se ne leggono, e parte a coloro n’udì narrare i quali le storie del regno di Puglia pienamente seppono.

XX De’ successori di Ruberto Guiscardo che furono re di Cicilia e di Puglia.

Apresso, Ruggieri figliuolo del duca Ruberto Guiscardo generò l’altro Ruggieri; e questo Ruggieri dopo la morte del padre fatto re di Cicilia, generò Guiglielmo e Costanzia sua serocchia. Questo Guiglielmo onoratamente e magnamente il regno di Cicilia possedette, e ebbe per moglie la figliuola del re di Inghilterra, e di lei nonn-avendone né figliuolo né figliuola, e con ciò sia cosa che morto Ruggieri il padre, adempiuta già la signoria del regno di Guiglielmo, alcuna profezia divolgata fu che Costanzia sua serocchia in distruzione e ruina reggerebbe il reame di Cicilia; onde il re Guiglielmo chiamati gli amici e’ savi suoi, adomandò consiglio di quello che avesse a·ffare della serocchia sua Costanzia; e fu consigliato dalla maggiore parte di coloro che se volesse che·lla signoria reale fosse sicura, che·lla facesse morire. Ma intra gli altri uno ch’avea nome Tancredi duca di Taranto, il quale era stato nipote di Ruberto Guiscardo della serocchia che·ssi crede che fosse moglie di Bagnamonte principe d’Antioccia, questi contradicendo il detto degli altri, umiliò il re Guiglielmo che innocentemente non facesse morire la donna; e così fu fatto che·lla detta Costanzia fosse riservata da morte; la quale non voluntariamente, ma per temenza di morte, quasi come monaca si nutricava in alcuno munistero di monache. Morto Guiglielmo, Tancredi sopradetto succedette a Guiglielmo nel regno, e recatolo a·ssé sanza volontà della Chiesa di Roma, alla quale la ragione di quello regno e la propietà pertenea. Questo Tancredi, di natural senno amaestrato, fu molto pieno di scienzia, e ebbe una moglie più bella che·lla Sibilla, donna sanza urba secondo l’oppinione di molti, della quale generò due figliuoli e tre figliuole: il primo fu chiamato Ruggieri, il quale vivendo il padre fu fatto re, e morissi; il secondo fu Guiglielmo il giovane, il quale vivendo il padre fu fatto re, e morto il padre alquanto tenne il regno. Intra queste cose vivendo Tancredi e regnando, Costanzia serocchia del re Guiglielmo era, già forse d’età di L anni, del corpo non della mente monaca nella città di Palermo. Nata adunque discordia intra re Tancredi e l’arcivescovo di Palermo, forse per questa cagione che Tancredi le ragioni della Chiesa occupava, pensò adunque l’arcivescovo come il regno di Cicilia potesse trasmutare ad altro signore, e trattò segretamente col papa che Gostanzia si maritasse ad Arrigo duca di Soavia figliuolo di Federigo maggiore; e Arrigo presa per moglie, a cui il regno parea ch’apartenesse di ragione, imperadore fu coronato da papa Cilestrino. Questo Arrigo, morto Tancredi, entrò nel regno di Puglia e molti punì di quegli che con Tancredi s’erano tenuti, e che favore gli aveano dato, e che alla reina Costanzia aveano portata ingiuria, e vergogna aveano fatta contro a la nobilità del suo onore. Questa Costanzia fu madre di Federigo secondo, il quale del romano imperio non nudritore, ma più tosto Federigo che a distruzione il recò, siccome pienamente ne’ suoi fatti aparirà. Morto adunque Tancredi, il regno rimase al suo figliuolo Guiglielmo, giovane d’età e di senno; ma Arrigo entrato nel regno col suo esercito gli anni di Cristo MCLXXXXVII, pace non vera col giovane re Guiglielmo prese d’avere, e lui frodolentemente pigliando e occultamente, pochi sentendolo, in Soavia colla serocchia inn-iscacciamento mandò, e privatolo degli occhi, ivi infino alla morte il fece sotto guardia guardare. Con questo Guiglielmo figliuolo di Tancredi furono tre serocchie, cioè Alberia, Costanzia, e Madama. Morto Arrigo imperadore, e Guiglielmo il giovane castrato e tratti gli occhi morto, Filippo duca di Soavia queste tre figliuole di Tancredi re, a preghiere della moglie che fu figliuola dello ’mperadore Manovello di Costantinopoli, e liberatele dello esilio e della carcere, le lasciò andare. E Alberia, overo Aceria, tre mariti ebbe. Il primo fu conte Gualtieri di Brenna fratello del re Giovanni, del quale nacque Gualterano conte d’Ioperi, a cui il re di Cipri diede la figliuola per moglie; morto il conte Gualtieri dal conte Tribaldo Tedesco, Albira si fece a moglie il conte Iacopo di Tricario, del quale ebbe il conte Simone e madonna Adalitta; e costui morto, papa Onorio Albira per moglie diede al conte Tigrimo Palatino conte in Toscana, e per dote gli diede il contado di Letia e di Montescaglioso nel regno di Puglia. Ma Costanzia fu moglie di Marchesono duca de’ Viniziani. La terza serocchia che Madama ebbe nome marito non ebbe. Queste furono cose de’ successori di Ruberto Guiscardo nel regno di Cicilia e di Puglia infino a Gostanzia madre di Federigo imperadore figliuolo del re Arrigo; e così mostra che signoreggiassono il regno di Cicilia e di Puglia Ruberto Guiscardo e’ suoi successori CXX anni. Lasceremo de’ re di Cicilia e di Puglia, e diremo chi fu la valente contessa Mattelda.

XXI Della contessa Mattelda.

La madre della contessa Mattelda è detto che fu figliuola d’uno che regnò in Costantinopoli imperadore, nella cui corte fu uno Italiano di nobili costumi e di grande lignaggio e liberale, e amaestrato nell’armi, destro e dotato di tutti doni, sì come quegli in cui i·legnaggio chiaramente suole militare. Per tutte queste cose era a tutti amabile, e grazioso in costumi. Cominciando a guardare la figliuola dello ’mperadore, occultamente di matrimonio si congiunse, e prese i gioelli e la pecunia che poterono avere, e co·llui in Italia si fuggì, e prima pervennono nel vescovado di Reggio in Lombardia, e di questa donna e del marito nacque la valente contessa Mattelda; ma il padre della detta donna, cioè lo ’mperadore di Costantinopoli, che non avea altra figliuola, assai fece cercare come la potesse trovare, e trovata fu da coloro che·lla cercavano nel detto luogo; e richiesta da·lloro che tornasse al padre che·lla rimariterebbe a qualunque principe volesse, rispuose costui sopra tutti avere eletto, e che impossibile sarebbe che abandonato costui, mai con altro uomo sì congiugnesse. E nunziate queste cose allo ’mperadore, mandò incontanente lettere e confermamento del matrimonio, e pecunia sanza novero, e comandò che·ssi comperasse castella e ville per cheunque pregio si potessono trovare, e nuove edificazioni fare. E comperarono nel detto luogo tre castella, cioè, insieme, molto presso, per la quale pressezza Reggio quelle Tre Castella volgarmente chiama. E non molto di lungi da’ detti tre castelli la donna edificare fece una rocca nel monte da non potere essere combattuta, la qual si chiamava Canossa, ove poi la contessa fondò uno nobile munistero di monache e dotollo. Questo ne’ monti; ma nel piano fece Guastalla e Suzzariani, e lungo il fiume del Po comperò, e più munisteri edificò, e più nobili ponti fece sopra i fiumi di Lombardia. E anche Carfagnana e la maggiore parte del Frignano, e nel vescovado modonese si dice che furono le sue possessioni, e nel bolognese Orzellata e Medicina, grandi ville e spaziose, di suo patrimonio furono, e molte altre n’ebbe in Lombardia; e in Toscana castella fece e la torre a Polugiano pertinenti alla sua signoria; e molti nobili uomini largamente datò; loro sotto fio vassalli si fece; in diversi luoghi molti munisteri e edificò; molte chiese cattedrali e non cattedrali dotò. E alla perfine morto il padre e la madre della contessa Mattelda, e ella rimasa ereda, si diliberò di maritare; e inteso la fama e la persona e l’altre cose d’uno nato di Soavia che avea nome Gulfo, solenni messi mandò a·llui e legittimi procuratori, che intra·llui e lei, avegna che non fossono presenti, i patti del matrimonio confermassono, e ratificassono il luogo ove si doveano fare le nozze; l’anello si diede al castello nobile de’ conti Cinensi, avegna che oggi sia distrutto. E vegnendo Gulfo al detto castello, la contessa Mattelda con molta cavalleria gli andò incontro, e con molta letizia ivi sono le feste delle nozze fatte. Ma tosto la trestizia succedette a quella allegrezza, quando il contratto matrimonio non annodato si manifestò per lo mancamento dello ingenerare, il quale spezialmente è detto d’essere la volontà del matrimonio, però che Gulfo la moglie carnalmente non potea conoscere né altra femmina per friggidità naturale, o per altro impedimento perpetuo impedito; ma impertanto volendo ricoprire la sua vergogna, diceva a la moglie che questo gli aveniva per malie che fatte gli erano per alcuno che invidiava gli suoi felici avenimenti. Ma la contessa Mattelda piena di fede dinanzi di Dio e dinanzi dagli uomini magnanimi, di questi malificii nulla intendendo, schernita sé per lo marito tenendo, la camera sua e tutti gli ornamenti e letti e vestimenti e tutte cose comandò che·ssi votassero, e la mensa nuda fece apparecchiare, e chiamato Gulfo suo marito tutto spogliata di vestimenti, e’ crini del capo diligentemente scrinati, questa disse: «Niune malie essere possono, meni e usa il nostro congiuramento». E quegli non potendo, allora gli disse la contessa: «Alle nostre grandezze tu presummisti di fare inganno; per lo nostro onore a te perdonanza concediamo, ma comandianti sanza dimoranza che·tti debbi partire, e alle tue propie case ritornare; la qual cosa se di fare ti starai, sanza pericolo di morte non puoi scampare»; e egli spaventato di paura, confessata la verità, avacciò il suo ritorno in Soavia. La contessa adunque tacendo, temendo lo ’nganno, e gli altri incarichi del matrimonio avendo in odio, la sua vita infino a la morte in castità trasportò; e attendendo ad opere di pietà, molte chiese e monisteri e spedali edificò e dotò; e due volte con grande oste in servigio della Chiesa e in suo soccorso potentemente venne, l’una volta contro a Normandi che ’l ducato di Puglia violentemente alla Chiesa aveano tolto, e i confini di Campagna guastavano, i quali la contessa Mattelda divota figliuola di san Piero con Gottifredi duca di Spuleto cacciò infino ad Aquino al tempo d’Allessandro papa secondo di Roma; l’altra volta contra ad Arrigo terzo di Baviera imperadore combattéo e vinselo; e poi altra volta contra ad Arrigo quarto suo figliuolo combattéo per la Chiesa in Lombardia e vinselo al tempo di papa Calisto secondo. E questa fece testamento, e tutto il suo patrimonio sopra l’altare di San Piero offerse, e la Chiesa di Roma ne fece erede; e non molto appresso morì in Dio, e sepulta è nella chiesa di Pisa, la quale magnamente avea dotata. Morta la contessa nell’anno della Natività di Cristo MCXV. Lascereno della contessa Mattelda, e torneremo adietro a seguire la storia d’Arrigo terzo di Baviera imperadore.

XXII Ancora come Arrigo terzo di Baviera ricominciò guerra contra la Chiesa.

Il detto imperadore Arrigo fu molto savio e malizioso. Per meglio signoreggiare Roma, in tutta Italia sì mise parte e disensione nella Chiesa, tegnendo setta contro al papa con certi cardinali e altri cherici; e a sua petizione uno grande Romano chiamato..., figliuolo di Celso, prese il papa la notte di Natale, quando cantava la prima messa in Santa Maria Maggiore, e miselo in pregione in una sua torre; ma il popolo di Roma quella medesima notte il liberarono, e disfeciono la detta torre, e cacciarono di Roma il detto figliuolo di Celso, però che ’l detto Gregorio papa era uomo di santa vita. Per la quale cosa il detto papa Gregorio settimo in concilio di CX vescovi scomunicò il detto Arrigo imperadore che volea rompere l’unione di santa Chiesa; ma poi vegnendo il detto imperadore in Lombardia alla misericordia del detto papa per molti dì a piedi scalzo in su la neve e in su il ghiaccio, appena gli fu perdonato, ma però non fu mai amico della Chiesa, ma sempre la ditraeva e occupava, e dava le ’nvestiture delle chiese contro al volere del papa. Per la qual cosa, stando egli in Italia, gli elettori della Magna elessono re de’ Romani Ridolfo duca di Sassogna, e per aventura il papa ne fu consenziente; onde Arrigo imperadore richiese il detto papa Gregorio che scomunicasse i detti elettori per la detta elezione. Il detto papa nol volle fare, se prima non intendesse a ragione; per la qual cosa Arrigo isdegnato se n’andò in Alamagna, e battaglia fece col detto Ridolfo e vinselo, e poi tornò in Lombardia. E nella città di Brescia raunata la sua corte con XXIIII vescovi e altri prelati che ’l seguivano e erano ribelli del papa, si fece processo contro al detto papa Gregorio come a·llui piacque, più che con ragione. E per quello processo dispuosono il detto papa, e anullò e cassò tutte le sue operazioni, e fece eleggere un altro papa che avea nome Silibero arcivescovo di Ravenna, e fecelo chiamare papa Chimento, e col detto papa venne a Roma, e là il fece consegrare al vescovo di Bologna e a quello di Modona e a quello di Cervia, faccendolo adorare e fare grande reverenzia, e da·llui si fece ricoronare dello imperio; e perciò il primo e il diritto papa Gregorio co’ suoi cardinali scomunicato da capo il detto Arrigo e privatolo dello imperio, siccome persecutore della Chiesa, asolvette tutti i suoi baroni di fio e di saramento; per la qual cosa il detto Arrigo assediò il detto papa co’ suoi cardinali col favore de’ Romani in Castello Santo Angelo, il quale mandato per soccorso in Puglia al buono Ruberto Guiscardo, il quale incontanente venne a Roma con grande oste, e il detto Arrigo col suo papa per tema di Ruberto si partirono dallo assedio, e guastarono per battaglie e arsono la città Leonina, cioè dal lato di San Piero di qua dal Tevero, e infino in Campidoglio; e non potendo resistere alla forza del detto Ruberto Guiscardo e di sua gente, fuggissi col detto suo papa alla città di Siena; e poi il detto Ruberto liberato papa Gregorio e i cardinali, gli mise in sedia e in signoria nel palazzo di Laterano, e molti Romani che furono colpevoli delle dette cose punì gravemente in avere e in persona. E poi il detto papa Gregorio se n’andò nel Regno col detto Ruberto Guiscardo, e morì nella città di Salerno santamente, faccendo Idio assai miracoli per lui. E appresso lui fu fatto papa Vittorio, il quale non vivette più che XVI mesi, e fu avelenato; e poi fu eletto papa Urbano secondo negli anni di Cristo MLXXXXVIIII.

XXIII Come il detto Arrigo imperadore assediò la città di Firenze.

Negli anni di Cristo MLXXX, tornando il sopradetto Arrigo imperadore da Siena per andarsene in Lombardia, trovando che’ Fiorentini teneano la parte della Chiesa e del detto papa Gregorio, e non voleano obbedire né aprire le porte al detto imperadore per le sue ree opere, sì si puose ad oste alla città di Firenze dalla parte ove oggi si chiama Cafaggio, e dov’è oggi la chiesa de’ Servi Sante Marie infino a l’Arno, e fece gran guasto a la detta città; e statovi più tempo, e date molte battaglie alla terra, e tutto adoperato invano, imperciò che·lla città era fortissima, e’ cittadini bene in concordia e in comune, assalito il suo campo da·lloro, se ne levò a modo di sconfitta, e lasciò tutto il suo campo e arnesi; e ciò fu nel detto anno a dì XXI di luglio. E per lo detto imperadore Arrigo si cominciò a dividere tutta Italia in parte di Chiesa e d’imperio; e partito il detto Arrigo di Toscana, si tornò in Lombardia, e di là ebbe grande guerra colla contessa Mattelda, la quale era divota figliuola di santa Chiesa, e ebbe battaglie co·llui e sconfisselo in campo, e poi lui mal capitato in Lombardia, se n’andò in Alamagna, e poi morì in pregione scomunicato, ove il mise il figliuolo suo medesimo chiamato Arrigo quarto.

XXIV Come in questi tempi fu il gran passaggio oltremare.

Negli anni di Cristo MLXXXVIIII, essendo papa Urbano secondo, i Saracini di Soria presono la città di Gerusalem, e uccisono molti Cristiani, e molti ne menarono per ischiavi; per la qual cosa il detto papa Urbano fatto concilio generale prima a Chieramonte in Avernia, e poi al Torso in Torena alla sommossa di Piero romito, santa persona, tornato lui di Gerusalem colle dette novelle. E in questo tempo apparve in cielo la stella comata, la quale, secondo che dicono i savi astrolagi, significa gran cose e mutazioni di regni. E certo così seguì poco apresso, che per la presura di Gerusalem quasi tutto il ponente si sommosse a prendere la croce per andare al passaggio d’oltremare, e andovvi innumerabile popolo a cavallo e a piede, più di CCm d’uomini del reame di Francia, e della Magna, e di Proenza, e di Spagna, e di Lombardia, e di Toscana, e della nostra città di Firenze, e di Puglia, intra’ quali furono questi signori principi: Gottifredi di Buglione duca del Loreno (questi fu capitano generale, e fu valente uomo e di gran senno e valore); Ugo fratello del re Filippo primo di Francia; Baldovino e Guistasso frategli del detto Gottifredi di Buglione; Anselmo conte de·Ribuamonte, Ruberto conte di Fiandra; Stefano conte di Brois; Rinieri conte di San Gilio; Buiamonte duca di Puglia, e più altri signori e baroni; e passarono per mare, ma i più per terra per la via di Gostantinopoli con molto affanno. E prima presono la città d’Antioccia, e poi più altre in Soria, e Ierusalem, e tutte le città e castella della Terrasanta, e più battaglie ebbono co’ Saracini, delle quali bene aventurosamente ebbono vittoria i Cristiani. E ’l detto Gottifredi fu re di Ierusalem, ma per sua umiltà, perché Cristo v’ebbe corona di spine, non volle in suo capo corona d’oro. Ma chi a pieno queste storie vorrà sapere legga i·libro del detto passaggio, ove sono distinte ordinatamente. E in questo tempo fatto il conquisto intorno gli anni di Cristo MCXX, si cominciarono le magioni del tempio e dello spedale di Ierusalem.

XXV Come i Fiorentini cominciarono a crescere il loro contado.

Negli anni di Cristo MCVII, essendo la nostra città di Firenze molto montata e cresciuta di popolo, di genti, e di podere, ordinarono i Fiorentini di distendere il loro contado di fuori, e allargare la loro signoria, e qualunque castello o fortezza non gli ubbidisse, di fargli guerra. E nel detto anno prima presero per forza Monte Orlandi ch’era di sopra da Gangalandi e certi cattani il teneano, i quali non volendo ubbidire alla città di Firenze furono distrutti, e il castello disfatto e abattuto.

XXVI Come i Fiorentini vinsono e disfeciono il castello di Prato.

E nel detto tempo e anno medesimo i Pratesi si rubellarono contra a’ Fiorentini, onde i Fiorentini v’andarono ad oste per comune, e per assedio il vinsono e disfeciollo. Ma in quegli tempi Prato era di picciolo sito e podere, che di pochi tempi dinanzi s’erano levati d’uno poggio, ch’è tra Prato e Pistoia presso a Montemurlo, che·ssi chiamava Chiavello, ove in prima abitavano com’uno casale e villate, e erano fedeli de’ conti Guidi, e per loro danari si ricomperarono, e puosonsi in quello luogo ov’è oggi la terra di Prato, per essere in luogo franco da signori; e Prato gli puosono nome, però che dove è oggi la terra avea allora uno bello prato il quale comperarono, e ivi si puosono ad abitare.

XXVII Come fu eletto imperadore Arrigo quarto di Baviera, e come perseguitò la Chiesa.

Nel detto anno MCVII fu eletto per gli prencipi elettori della Magna il re de’ Romani Arrigo IIII di Baviera figliuolo del sopradetto Arrigo terzo, e regnò anni XV; e se ’l padre fu nimico di santa Chiesa, come detto avemo, sì fu questo Arrigo maggiormente, che negli anni di Cristo MCX passando in Italia per venire a Roma per la corona, sì mandò suoi ambasciadori a lettere a papa Pasquale che allora regnava nel papato, e a’ suoi cardinali, ch’egli volea essere amico e fedele di santa Chiesa, e volea rifiutare e restituire al papa tutte le ’nvestiture de’ vescovi e abati e altri cherici, le quali il padre od altri suoi anticessori aveano tolti alla Chiesa. Ciò era che in Alamagna e in Italia in più parti si metteano e confermavano i vescovadi e gli altri prelati cui e come loro piacea; onde erano nate le discordie tra gl’imperadori e la Chiesa. E queste cose fare, promettea di confermare per suo saramento e de’ suoi baroni; per la qual cosa il detto papa Pasquale il confermò a essere imperadore. E lui vegnendo a Roma per la via che viene di verso Montemalo, tutto il chericato col popolo di Roma gli si fece incontro, con grande processione e triunfo; e ’l detto papa e’ suoi cardinali parati l’attendeano in su i gradi dinanzi a la chiesa di San Piero; e giunto il detto Arrigo, per reverenzia basciò il piè al papa, e poi il papa il basciò in bocca in segno di pace e d’amore in su la porta detta Argentea, e insieme a mano a mano entrando in San Piero, e giunti in su la porta chiamata Profica, il detto papa domandò al detto Arrigo il saramento il quale gli avea promesso, di rendere le ’nvestiture de’ vescovi e prelati. Onde fatta il papa la detta richesta, il detto Arrigo consigliatosi alquanto in disparte co’ suoi baroni, subitamente a la sua gente d’arme fece pigliare il detto papa e’ cardinali, e col favore de’ malvagi Romani, sì come il tradimento era ordinato, gli fece mettere in pregione; e simigliantemente avea in Alamagna guerreggiato molto col padre Arrigo terzo, e vintolo in battaglia, e messolo in pregione nella città di Legge, e ivi fattolo morire. Poi stato il detto papa Pasquale e’ suoi cardinali alquanto in pregione, sì fu accordo da·llui al detto Arrigo; e trattolo di pregione, e non potendo fare altro, lasciò ad Arrigo le ’nvestiture, e giurò egli e’ suoi cardinali di non iscomunicarlo per offese ch’avesse loro fatte, e comunicossi il papa co·llui del corpo di Cristo per più fermezza di pace, e sì ’l coronò imperadore di fuori dalla città di Roma. E dapoi che ’l detto papa fu preso, si levarono tre papi contra lui, non degnamente, in diversi tempi: l’uno ebbe nome Alberto, l’altro Agnulfo, e l’altro Teodorico; ma ciascuno regnò poco, e ebbono piccolo podere contra il detto papa Pasquale. Ma morto Pasquale, fu per gli cardinali eletto papa Gelasio; ma per cagione che ’l detto Arrigo non sentì la detta lezione, né vi fu presente, sì si fece uno suo papa uno Spagnuolo chiamato Bordino; per la qual cosa il detto papa Gelasio co’ suoi cardinali per paura d’Arrigo si fuggirono a Gaeta ond’egli era nato, e poi si misono per mare infino in Proenza, e andarne in Francia per aiuto al re di Francia; ma in quello viaggio morìo il detto papa a la città d’Amiaco, e lui morto, per gli cardinali fue fatto di concordia papa Calisto secondo di Borgogna, il quale papa Calisto iscomunicò il detto Arrigo imperadore e suoi seguaci, sì come persecutore di santa Chiesa, e tornando verso Roma per Proenza e per Lombardia e per Toscana, da tutti fu ricevuto sì come degno papa, e fattogli grande reverenza. Sentendo la sua venuta Bordino, il papa ch’avea fatto Arrigo imperadore, per paura si fuggì di Roma a Sutri; ma per gli Romani fu in Sutri assediato e preso, e menato a Roma in diligione in su uno cammello col viso volto addietro a la groppa, e legatagli in mano la coda del cammello, e misollo in pregione nella rocca di Fummone in Campagna, e ivi morìo.

XXVIII Come a la fine il detto Arrigo quarto imperadore tornò all’obedienza di santa Chiesa.

Il sopradetto imperadore Arrigo fatta molta guerra a la Chiesa, e stato ancora vinto in battaglia in Lombardia da l’antidetta contessa Mattelda come fu il padre, si tornò a coscienza, e al detto papa Calisto rassegnò tutte le ’nvestiture de’ vescovi e arcivescovi e abati per anella e pasturali, e rifiutonne ogni ragione e usanza ch’egli o suoi antichi n’avessero presa dalla Chiesa, e ristituìo il Patrimonio di San Piero e ogni possessione ch’egli o sua gente aveano prese o vendute della Chiesa o delle chiese, per cagione della guerra avuta colla detta Chiesa, e con papa Pasquale, e co gli altri; onde il detto papa Calisto fece pace co·llui e ricomunicollo; ma poco vivettono appresso lo ’mperadore e ’l detto papa, e dicesi per le genti che per cagione che ’l detto Arrigo s’era male portato del padre, che per giusto giudicio morìo sanza niuna reda né figliuolo, né maschio né femmina, gli anni di Cristo MCXXV; e succedette a·llui Lottieri di Sassogna; e in lui finiro gl’imperadori della casa di Baviera, che IIII Arrighi aveano tenuto lo ’mperio l’uno appresso l’altro, e suti li tre molto contrarii a santa Chiesa. Lasceremo ora alquanto degl’imperadori e papa, e torneremo a nostra materia de’ fatti di Firenze, ch’assai cominciaro a·ffare i Fiorentini delle novità e guerre a’ loro vicini per accrescere loro stato.

XXIX Come i Fiorentini isconfissero il vicario d’Arrigo quarto imperadore.

Negli anni di Cristo MCXIII i Fiorentini feciono oste a Montecasciolo, il quale facea guerra alla città, e avealo rubellato messere Ruberto Tedesco, vicario dello ’mperadore Arrigo in Toscana, e stava con sue masnade in Samminiato del Tedesco; e però era Samminiato sopranomato del Tedesco, però che’ vicari degl’imperadori ch’erano co le loro masnade de’ Tedeschi stavano nella detta terra a guerreggiare le città e castella di Toscana che non ubbidissero gl’imperadori; il quale messere Ruberto fu da’ Fiorentini sconfitto e morto, e ’l castello preso e disfatto.

XXX Come nella città di Firenze per due volte s’apprese il fuoco, onde arse quasi gran parte della città.

Negli anni di Cristo MCXV, del mese di maggio, s’apprese il fuoco in borgo Santo Appostolo, e fu sì grande e impetuoso che buona parte della città arse con grande danno de’ Fiorentini. E in quello anno medesimo morì la buona contessa Mattelda. E l’anno appresso del MCXVII anche si prese il fuoco in Firenze, e buonamente ciò che non fu arso al primo fuoco arse al secondo, onde i Fiorentini ebbono grande pestilenzia, e non sanza cagione e giudicio di Dio; imperciò che·lla città era malamente corrotta di resia, intra l’altre della setta degli epicuri per vizio di lussuria e di gola, e era sì grande parte che intra’ cittadini si combatteva per la fede con armata mano in più parti di Firenze, e durò questa maladizione in Firenze molto tempo infino alla venuta delle sante religioni di santo Francesco e di santo Domenico, le quali religioni per gli loro santi frati, commesso loro l’oficio della eretica pravità per lo papa, molto la stirparo in Firenze, e in Milano, e in più altre città di Toscana e di Lombardia al tempo del beato Pietro martiro, che da’ paterini in Milano fu martirizzato, e poi per gli altri inquisitori. E per l’arsione de’ detti fuochi in Firenze arsono molti libri e croniche che più pienamente facieno memoria delle cose passate della nostra città di Firenze, sicché poche ne rimasono; per la qual cosa a noi è convenuto ritrovarle in altre croniche autentiche di diverse città e paesi, quelle di che in questo trattato è fatto menzione in gran parte.

XXXI Come i Pisani presono Maiolica, e’ Fiorentini guardarono la città di Pisa.

Negli anni di Cristo MCXVII i Pisani feciono una grande armata di galee e di navi, e andarono sopra l’isola di Maiolica che·lla teneano i Saracini; e come fu partita la detta armata di Pisa e già raunata insieme sopra Vada per fare loro viaggio, i Lucchesi per comune vennero a oste sopra Pisa per prendere la terra. I Pisani avendo la novella, per paura che’ Lucchesi non occupassono la terra, non ardivano d’andare innanzi col loro stuolo, e ritrarresi della ’mpresa non pareva loro onore al grande spendio e apparecchiamento ch’aveano fatto; presono per consiglio di mandare loro ambasciadori a’ Fiorentini, i quali erano in quegli tempi molto amici i detti Comuni, e pregaro che piacesse loro di guardare loro la cittade, confidandosi di loro come di loro intimi amici e cari fratelli. Per la qual cosa i Fiorentini accettarono di servirgli, e di fare loro guardare la città da’ Lucchesi e da tutta gente; per la qual cosa il Comune di Firenze vi mandò gente d’arme assai a cavallo e a·ppiede, e puosonsi ad oste di fuori da la città a due miglia, e per onestà delle loro donne non vollono entrare in Pisa, e mandaro bando che nullo non entrasse nella città sotto pena della persona: uno v’entrò, sì fu condannato a impiccare. I Pisani vecchi ch’erano rimasi in Pisa, pregando i Fiorentini che per loro amore gli dovessero perdonare; no·llo vollono fare. E i Pisani contradissero, e pregaro che almeno in su il loro terreno nol facessono morire, onde segretamente i Fiorentini dell’oste feciono a nome del Comune di Firenze comperare uno campo di terra da uno villano, e in su quello rizzarono le forche, feciono la giustizia per mantenere il loro decreto. E tornata l’oste de’ Pisani dal conquisto di Maiolica, rendero molte grazie a’ Fiorentini, e domandaro quale segnale del conquisto volessono, o le porte del metallo, o due colonne del profferito ch’aveano recate e tratte di Maiolica. I Fiorentini chiesono le colonne, e’ Pisani le mandaro in Firenze coperte di scarlatto; e per alcuno si disse che innanzi che le mandassero per invidia le feciono affocare; e le dette colonne sono quelle che sono diritte dinanzi a San Giovanni.

XXXII Come i Fiorentini presero e disfecero la rocca di Fiesole.

Negli anni di Cristo MCXXV i Fiorentini puosono oste a la rocca di Fiesole, che ancora era in piede e molto forte, e tenealla certi gentili uomini cattani stati della città di Fiesole, e dentro vi si riduceano masnadieri e sbanditi e mala gente che alcuna volta faceano danno alle strade e al contado di Firenze, e tanto vi stettero all’assedio che per difalta di vittuaglia s’arendéo, che per forza mai non s’arebbe avuta, e feciolla tutta abbattere e disfare infino alle fondamenta, e feciono decreto che mai in su Fiesole non s’osasse rifare niuna fortezza.

XXXIII Ove si pigliano le misure delle miglia del contado di Firenze.

La misura delle miglia del contado di Firenze si prendono ed è loro termine de le V sestora che sono di qua da l’Arno a la chiesa, overo Duomo, di Santo Giovanni; e del contado di là dal fiume d’Arno si prendono alla coscia del ponte Vecchio di qua da l’Arno dal piliere dov’è la figura di Mars. E questa fue l’antica consuetudine de’ Fiorentini; e il migliaio si fu mille passini, che ogni passino si è tre braccia a la nostra misura.

XXXIV Come Ruggieri duca di Puglia ebbe guerra co la Chiesa e poi si riconciliò col papa, e come poi furono in Roma due papi a uno tempo.

In questi tempi, gli anni di Cristo MCXXV, regnando papa Onorio secondo, nato di Bologna, i baroni di Puglia quasi si rubellarono da Ruggieri duca di Puglia e figliuolo di Ruberto Guiscardo, e con lusinghe il detto papa condussono infino a Aquino per fare torre il regno a Ruggieri; ma Ruggieri co le sue forze sconfisse l’oste del papa con grande dannaggio di sua gente; e ciò fatto, il detto Ruggieri non ne montò in superbia, ma con grande umilità venne al papa e gittoglisi a’ piedi chiedendogli misericordia, e il papa gli puose il calcio in sul collo e disse il verso del Saltero che dice: «Super aspidem et basaliscum ambulabis, et conculcabis leonem et draconem». E ciò detto, gli perdonò, e fecelo levare, e basciollo in segno di pace. Il quale Ruggieri mostrò al detto papa come i suoi baroni falsamente gli aponeano, e com’egli era fedele di santa Chiesa com’era stato il padre; onde il papa lui confermò il regno, e coronollo del reame di Cicilia, e grande vendetta fece de’ suoi ribelli. Poi morto il detto papa Onorio, fu eletto papa Innocenzio secondo gli anni di Cristo MCXXX. Questi fue Romano, e regnò papa XIII anni; ma alla sua lezione nacque in Roma grande scisma nella Chiesa, imperciò che uno messere Piero ch’era cardinale figliuolo di Pietro Leone possente Romano, per forza si fece fare papa e chiamossi Innacreto, e con sua forza combatté papa Innocenzio e suoi cardinali nelle case degl’Infragnipani di Roma. Quello messere Pietro Leone ispogliò tutte le chiese di Roma d’ogni tesoro sacro per farne moneta, il quale tesoro fue infinito, e con quello corruppe molti Romani contra Innocenzio papa, il quale non possendo stare in Roma per la forza di quello figliuolo di Pietro Leoni, iscomunicatolo, cassò ogni suo ordine; se n’andòe in Francia in su due galee co’ suoi cardinali, e da Luis il Grosso re di Francia furono ricevuti onorevolemente. E consecrò re il detto Luis, e egli promise d’atare la Chiesa con tutta sua forza. Ma essendo papa Innocenzio in Francia, fu eletto imperadore Lottieri di Sassogna, il quale con grande potenzia di gente di suo paese passò in Italia e menonne seco il detto papa Innocenzio e’ cardinali, e con molti vescovi e arcivescovi ch’erano stati al concilio, prima a Chieramonte in Alvernia e poi al Loreno, e rimise in Roma in sedia e signoria il detto papa, e per forza cacciò di Roma Pietro Leoni e tutti i suoi seguaci, e poi prese la corona dello ’mperio per mano del detto papa Innocenzio negli anni di Cristo MCXXX. Questo Lottieri regnò re de’ Romani e imperadore XI anni, e fue cristianissimo e fedele di santa Chiesa, e per cagione che Ruggieri figliuolo del primo Ruggieri ch’era stato figliuolo di Ruberto Guiscardo, essendo re di Cicilia e di Puglia, avendo tenuta la setta di figliuolo Petro Leoni contra il detto papa Innocenzio, questo Lottieri imperadore con papa Innocenzio insieme, e coll’armata de’ Pisani e de’ Genovesi, passaro nel regno di Puglia per mare e per terra sopra il detto Ruggieri che s’era rubellato dal papa e dalla Chiesa, e lui colla detta forza cacciarono di Puglia; e fuggissi in Cicilia; e toltogli il regno, feciono duca di Puglia il conte Cammone, ma poco regnò, che poi tornò la signoria al figliuolo di Ruggieri, ciò fu il buono re Guiglielmo, come innanzi faremo menzione. E per cagione dell’aiuto che’ Genovesi e’ Pisani feciono a la Chiesa sopra il duca di Puglia, in generale concilio in Roma fu fatto grazia d’arcivescovado a la città di Genova, dandosi più vescovadi in sua signoria della riviera di Genova e di Lombardia. E simile fece a’ Pisani, dandogli sotto lui certi vescovadi di Sardigna, e quello di Massa in Maremma, e quello di Grosseto. E ciò fatto, il detto Lottieri imperadore bene aventurosamente si tornò in Alamagna, e poco appresso morì, e fu eletto re de’ Romani Currado secondo di Sassogna negli anni di Cristo MCXXXVIII, e regnò XV anni, ma non fu coronato a Roma dello imperio.

XXXV Conta del secondo passaggio d’oltremare.

Nel tempo del sopradetto Currado re de’ Romani furono tre papi a Roma l’uno appresso l’altro: papa Celestino secondo regnò VII mesi; e poi fu Luzio primo, ancora vivette poco; poi fu papa Eugenio di Pisa che regnò anni VIII e mesi. Al tempo di questo papa, gli anni di Cristo MCXLVII, Luis il Pietoso re di Francia per amenda d’una guerra ch’egli a torto avea presa col re di Navarra per torreli Campagna, sì promise d’andare al soccorso della Terrasanta, e per la sua andata si commosse tutto il suo reame per andare oltremare, e richiese il detto Currado re de’ Romani che gli piacesse d’imprendere co·llui il detto passaggio, e egli l’accettò allegramente, e mandarono pregando il detto papa Eugenio che passasse in Francia a·lloro dare la croce, e così fece; e coronò il detto re Luis. E poi crociati i detti re Currado e re Luis tra’ confini d’Alamagna e di Francia per comandamento del detto papa per mano di santo Bernardo abate di Chiaravalle, i Franceschi e’ Tedeschi, innumerabile gente, passarono per mare con CC navi, e i più per terra per Ungaria e Pannonia in Grecia, ma con molto affanno per la retà de’ Greci, che per fargli morire o amalare mischiavano la calcina colla farina, onde molti ne moriro. E poi co’ Turchi in Turchia ebbono grande contasto, e fecero più battaglie. Bene aventurosamente vinsono contra’ Saracini, ma poco vi dimoraro, che Luis prima si tornò in Francia, e poi Currado in Alamagna, e sanza venire a Roma, e di là si morìo sanza benedizione imperiale. E ’l papa Eugenio dopo molte buone opere fatte morìo a Roma gli anni di Cristo MCLIIII. E dopo lui succedette papa Anastasio IIII, ma vivette poco più d’uno anno. E poi fu papa Adriano IIII, che coronò il primo Federigo imperadore. Torneremo alle novità che furono in Firenze in questo tempo che noi avemo intralasciato per seguire nostro trattato.

XXXVI Come i Fiorentini disfecero il castello di Montebuoni.

Negli anni di Cristo MCXXXV, essendo in piè il castello di Montebuono, il quale era molto forte e era di que’ della casa de’ Bondelmonti, i quali erano cattani e antichi gentili uomini di contado, e per lo nome del detto loro castello avea nome la casa Bondelmonti; e per la fortezza di quello, e che la strada vi correa a piè, coglievano pedaggio; per la qual cosa a’ Fiorentini non piacea né voleano sì fatta fortezza presso a la città, si v’andarono ad oste del mese di giugno e ebbollo, a patti che ’l castello si disfacesse, e l’altre possessioni rimanessero a’ detti cattani, e tornassero ad abitare in Firenze. E così cominciò il Comune di Firenze a distendersi, e colla forza più che con ragione, crescendo il contado e sottomettendosi a la giuridizione ogni nobile di contado, e disfaccendo le fortezze.

XXXVII Come i Fiorentini furono sconfitti a Montedicroce da’ conti Guidi.

Negli anni di Cristo MCXLVI, avendo i Fiorentini guerra co’ conti Guidi, imperciò che colle loro castella erano troppo presso a la città, e Montedicroce si tenea per loro e facea guerra; per la qual cosa, per arte, de’ Fiorentini v’andarono ad oste co·lloro soldati, e per troppa sicurtade non faccendo buona guardia furono sconfitti dal conte Guido vecchio e da·lloro amistà Aretini e altri, del mese di giugno. Ma poi gli anni di Cristo MCLIIII i Fiorentini tornaro a oste a Montedicroce, e per tradimento l’ebbono, e disfeciollo infino alle fondamenta; e poi le ragioni che v’aveano i conti Guidi venderono al vescovado di Firenze, non possendole gioire né averne frutto. E d’allora innanzi non furono i conti Guidi amici del Comune di Firenze, e simile gli Aretini che gli aveano favorati.

XXXVIII Come i Pratesi furono sconfitti da’ Pistolesi a Carmignano.

Negli anni di Cristo MCLIIII, avendo guerra i Pratesi co’ Pistolesi per lo castello di Carmignano, e essendovi cavalcati i Pratesi colle masnade e aiuto de’ Fiorentini, sì vi furo sconfitti da’ Pistolesi. Lasceremo alquanto de’ nostri fatti di Firenze, imperciò che infra XVI anni appresso poche notevoli cose v’ebbe, e cominceremo il sesto libro, e diremo del primo Federigo imperadore, il quale egli e le sue rede feciono di grandi e diverse mutazioni in Italia, e a la Chiesa di Roma, e a la nostra città di Firenze; onde molto ne cresce matera, siccome innanzi faremo per gli tempi menzione.