Novelle (Bandello)/Prima parte/Il Bandello ai candidi ed umani lettori
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Il Bandello ai candidi ed umani lettori
Prima parte - Il Bandello a la molto illustre e vertuosa eroina la signora Ippolita Sforza e Bentivoglia | ► |
Io, giá molti anni sono, cominciai a scriver alcune novelle, spinto dai comandamenti de la sempre acerba ed onorata memoria, la vertuosa signora Ippolita Sforza, consorte de l’umanissimo signor Alessandro Bentivoglio, che Dio abbia in gloria. E mentre che quella visse, ancor che ad altri fossero alcune di loro dedicate, tutte nondimeno a lei le presentava. Ma non essendo il mondo degno d’aver cosí elevato e glorioso spirito in terra, nostro Signor Iddio con immatura morte a sé lo ritirò in cielo. Onde dopo la morte sua a me avvenne, come a la versatil mola suol avvenire, che, essendo da forte mano raggirata, ancor che se ne levi essa mano, tuttavia la ruota, in vertú del primo movimento, buona pezza senza esser tocca si va raggirando. Cosí dopo la morte de la detta nobilissima signora, l’animo mio, che sempre fu desideroso d’esserle ubidiente, non cessò di raggirare la mia debol mano, a ciò ch’io perseverassi a scrivere or questa or quella novella, secondo che l’occasione mi s’offeriva, di modo che molte ne scrissi. Ora, essendo alcuni amici miei che desiderano di vederle, essendone state vedute pur assai, tutto il dí m’essortano a darle fuori. Molte ne ho a Vulcano consacrate; quelle poi, che da la vorace fiamma si son sapute schermire, non avendo io servato ordine veruno, secondo che a le mani venute mi sono, le ho messe insieme, e fattone tre parti, per dividerle in tre libri, a ciò che elle, restino in volumi piú piccioli che sará possibile. Io, né invito né sforzo persona chi si sia a leggerle, ma ben prego tutti quelli a cui piacerá di leggerle, che con quell’animo degnino di leggerle, con il quale sono state da me scritte: affermo bene che per giovar altrui e dilettare le ho scritte. Se io mo a questo ho sodisfatto, al benevolo e sincero giudicio vostro, benigni lettori miei, rimetto. Io non voglio dire come disse il gentile ed eloquentissimo Boccaccio, che queste mie novelle siano scritte in fiorentin volgare, perché direi manifesta bugia, non essendo io né fiorentino né toscano, ma lombardo. E se bene io non ho stile, ché il confesso, mi sono assicurato a scriver esse novelle, dandomi a credere che l’istoria e cotesta sorte di novelle possa dilettare in qualunque lingua ella sia scritta. State sani.