Notizie storiche della Valsassina (1889)/Prefazione
Questo testo è stato riletto e controllato. |
Prefazione 2 | ► |
PREFAZIONE
Quod potui feci, faciant meliora potentes.
Nessuno storico occupossi per lo passato di una sì piccola porzione dell’Italia qual’è la Valsassina, forse perchè credette non poter essa fornire materiali di qualche importanza e bastanti a completare una continuata narrazione. Il signor dott. Carlo Redaelli però, colla pubblicazione delle Notizie istoriche della Brianza, del distretto di Lecco, della Valsassina e dei luoghi limitrofi, aveva, pochi anni sono, pel primo tentato questo passo; ma l’opera sua commendevolissima per la critica e per l’erudizione di cui era ripiena, qual ne fosse il motivo, rimase ben presto sospesa, poichè non giunse che alla dominazione longobardica. Venne dopo lui il chiarissimo professore signor Ignazio Cantù, il quale nelle Vicende della Brianza e dei paesi circonvicini, scritte con quel brio e quella amenità, che è propria di tutte le sue opere, trattò pure della Valsassina; ma non essendo questa lo scopo precipuo della sua storia, non si diffuse molto intorno ad essa, lasciando a me il campo, com’egli stesso dice1, a trattarne più ampiamente. Altri parlarono di cose parziali, ed altri qualche cosa ne dissero per incidenza.
Mosso io primieramente da amor patrio, e da curiosità di sapere le politiche e religiose vicende cui andò soggetta nei varj secoli questa valle, mi feci a cercarle nelle cronache farraginose e nelle antiche e moderne istorie: poi, preso di mano in mano coraggio, le registrai, e le ho nel miglior modo che potei ordinate. Oltre però i libri a stampa giovaronmi all’uopo gli archivj comunali e parrocchiali, ed alcuni manoscritti fra i molti che per trascuratezza o per ignoranza andaron perduti, e principalmente mi furono di ajuto quelli di Paride Cattaneo Torriano2. Quale e quanta fatica durassi nel raccogliere le presenti notizie non dirò. Questo però non vo’ tacere, che mi convenne spesso dilucidarne di oscure, rigettarne di false, e molte glorie, specialmente letterarie, che le erano state dai vicini storici rapite, rivendicare. Così dovette lo stile qua e là assumere una veste di polemica e di dissertazione. Le mie diligenze però non bastarono a compiere le molte lacune che vi si trovano. Badisi perciò ch’io non intesi di dare la storia, ma alcune memorie che servissero a prepararla.
Ho poi, unitamente alle valsassinesi, narrate le vicende eziandio dei distretti di Lecco e Bellano, e delle valli Averara e Taleggio, si perchè taluno di questi paesi le furon per qualche tempo dipendenti, e si perchè tali vicende, per la vicinanza dei luoghi in cui avvennero, influirono sulla Valsassina.
Ho diviso il mio lavoro in cinque libri, nei quali mi sono fatto carico di narrare le notizie tutte che potessero essere di qualche interesse. Le vite degli uomini che si resero celebri nelle lettere, nelle scienze, nelle arti, o che per qualunque altro modo si distinsero, furono annotate alla fine di ciascun libro.
So che, per quella condizione infelicissima degli uomini di voler sempre ciò che trae dai proprj sentimenti e principi, alcuni de’ miei lettori avranno amato meglio ch’io mi fermassi a preferenza sui tempi più remoti e cercassi di diradarne le tenebre che li involgono: altri che su questi trascorressi per estendermi maggiormente su quelli più vicini a noi e più certi: a quale sarò sembrato troppo minuzioso, a quale troppo breve narratore. Come poteva io dar nel genio di tutti? Che che però ne pensino del mio lavoro, posso assicurarli d’aver loro narrato il vero, avendo a tal fine riportate le debite autorità, memore della massima di Roberston che: lo scrittore di avvenimenti rimoti non merita la confidenza del pubblico, se colle testimonianze le proprie asserzioni non avvalora. Posso assicurarli ancora d’essermi ingegnato perchè la mia fatica riuscisse gradita. Se in ciò ho io diffaltato, vagliami di scusa la buona intenzione, e mi concedano gli eruditi un benigno compatimento: compartimento che da essi oso tanto più sperare in quanto che li avverto essere di fresca età e distratto da studj affatto da questo diversi. Che se poi quelli ai quali è patria questa non ultima parte d’Insubria, e che patrio amore nutriscono, me ne sapranno buon grado per aver io radunate tutte quelle memorie che, se non dopo la lettura di molte e spesse fiate rudi e seccantissime opere non avrebbero avuto, io sarò appieno pago e contento.