Non abbiamo bisogno
Questo testo è da formattare. |
LETTERA ENCICLICA
NON ABBIAMO BISOGNO
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO XI
SULL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA
Ai Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi e altri Ordinari aventi pace e comunione con la Sede Apostolica.
Venerabili Fratelli, salute ed Apostolica Benedizione.
Non abbiamo bisogno di annunciare a voi, Venerabili Fratelli, gli avvenimenti che in questi ultimi tempi hanno avuto luogo in questa Nostra Sede Episcopale Romana e in tutta Italia, che è dire nella Nostra propria dizione Primaziale, avvenimenti che hanno avuto così larga e profonda ripercussione in tutto il mondo, e più sentitamente in tutte e singole le diocesi dell’Italia e del mondo cattolico. Si riassumono in poche e tristi parole: si è tentato di colpire a morte quanto vi era e sarà sempre di più caro al Nostro cuore di Padre e Pastore di anime … e possiamo bene, dobbiamo anzi soggiungere: « e il modo ancor m’offende ».
È in presenza e sotto la pressione di questi avvenimenti che Noi sentiamo il bisogno e il dovere di rivolgerCi e quasi venire in ispirito a ciascuno di voi, Venerabili Fratelli, innanzi tutto per compiere un grave ed ormai urgente dovere di fraterna riconoscenza; in secondo luogo per soddisfare ad un non meno grave ed urgente dovere di difesa verso la verità e la giustizia, in materia che, riguardando vitali interessi e diritti della Santa Chiesa, riguarda pure voi tutti e singoli, dovunque lo Spirito Santo vi ha posto a reggerla insieme con Noi; vogliamo in terzo luogo esporvi quelle conclusioni e riflessioni che gli avvenimenti Ci sembrano imporre; in quarto luogo vogliamo confidarvi le Nostre preoccupazioni per l’avvenire: e finalmente vi inviteremo a dividere le Nostre speranze ed a pregare con Noi e coll’Orbe cattolico per il loro compimento.
I
L’interna pace, quella che viene dalla piena e chiara consapevolezza di essere dalla parte della verità e della giustizia, e di combattere e soffrire per esse, quella pace che solo il Re divino sa dare e che il mondo, come non sa dare, così non può togliere, questa pace benedetta e benefica, grazie alla divina Bontà e Misericordia, non Ci ha mai abbandonato e mai, ne abbiamo piena fiducia, Ci abbandonerà, qualunque cosa avvenga; ma questa pace, come già nel cuore di Gesù appassionato, così nel cuore dei suoi fedeli servitori lascia libero accesso (voi lo sapete troppo bene, Venerabili Fratelli), a tutte le amarezze più amare, e anche Noi abbiamo sperimentato la verità di quella misteriosa parola: « Ecce in pace amaritudo mea amarissima » [1]. Il vostro pronto, largo, affettuoso intervento, che ancora non cessa, Venerabili Fratelli, i fraterni e filiali sentimenti, e soprattutto quel senso di alta soprannaturale solidarietà e intima unione di pensieri e di sentimenti, di intelligenze e di volontà spiranti dalle vostre amorevoli comunicazioni, Ci hanno riempito l’anima di indicibili consolazioni e Ci hanno spesse volte chiamate dal cuore sulle labbra le parole del Salmo [2]: « Secundum multitudinem dolorum meorum in corde meo, consolationes tuae laetificaverunt animam meam ». Di tutte queste consolazioni, dopo Dio, voi di tutto cuore ringraziamo, Venerabili Fratelli, voi, ai quali possiamo anche Noi dire come Gesù ai vostri antecessori, agli Apostoli: «Vos qui permansistis mecum in tentationibus meis » [3].
Sentiamo pure e vogliamo pur compiere il dovere dolcissimo al cuore paterno di ringraziare con voi, Venerabili Fratelli, i tanti buoni e degni figli vostri, che individualmente e collettivamente, singoli e delle svariate organizzazioni ed associazioni di bene e più largamente delle Associazioni di Azione Cattolica e di Gioventù Cattolica, Ci hanno inviato tante e così filialmente affettuose espressioni di condoglianza, di devozione e di generosa e fattiva conformità alle Nostre direttive, ai Nostri desideri. È stato per Noi singolarmente bello e consolante vedere le « Azioni Cattoliche » di tutti i Paesi, dai più vicini ai più lontani, trovarsi a convegno presso il Padre comune, animate e come portate da un unico spirito di fede, di pietà filiale, di generosi propositi, esprimendo tutti la penosa sorpresa di vedere perseguitata e colpita l’Azione Cattolica là, al Centro dell’Apostolato Gerarchico, dove essa ha maggior ragione di essere, essa che in Italia, come in tutte le parti del mondo, secondo l’autentica ed essenziale sua definizione e secondo le assidue e vigilanti Nostre direttive, da Voi, Venerabili Fratelli, tanto generosamente secondate, non vuole né può essere se non la partecipazione e collaborazione del laicato all’Apostolato Gerarchico.
Voi, Venerabili Fratelli, porterete l’espressione della Nostra paterna riconoscenza a tutti i vostri e Nostri figli in Gesù Cristo, che si sono mostrati così bene cresciuti alla vostra scuola e così buoni e pii verso il Padre comune, così da farci dire: « superabundo gaudio in tribulatione nostra » [4].
A voi, Vescovi di tutte e singole le diocesi di questa cara Italia, a voi non dobbiamo soltanto l’espressione della Nostra riconoscenza per le consolazioni delle quali in nobile e santa gara Ci siete stati larghi colle vostre lettere in tutto il trascorso mese e particolarmente in questo stesso giorno dei SS. Apostoli coi vostri affettuosi ed eloquenti telegrammi; ma vi dobbiamo pure un contraccambio di condoglianze per quello che ciascuno di voi ha sofferto, vedendo improvvisamente abbattersi la bufera devastatrice sulle aiuole più riccamente fiorite e promettenti dei giardini spirituali, che lo Spirito Santo ha affidato alle vostre cure, e che voi con tanta diligenza venivate coltivando e con tanto bene delle anime. Il vostro cuore, Venerabili Fratelli, si è subito rivolto al Nostro per compatire alla Nostra pena, nella quale sentivate convergere come a centro, incontrarsi e moltiplicarsi tutte le vostre: è quello che voi Ci avete mostrato con le più chiare ed affettuose testimonianze, e Noi ve ne ringraziamo di tutto cuore. Particolarmente grati vi siamo della unanime e davvero imponente testimonianza da voi resa alla Azione Cattolica Italiana e segnatamente alle Associazioni Giovanili, d’esser rimaste docili e fedeli alle Nostre e vostre direttive escludenti ogni attività politica o di partito. Ed insieme con Voi ringraziamo pure tutti i vostri Sacerdoti e fedeli, religiosi e religiose, che a voi si unirono con tanto slancio di fede e di pietà filiale. In particolar modo ringraziamo le vostre associazioni di Azione Cattolica, e prime le Giovanili per tutti i gradi fino alle più piccole Beniamine ed ai più piccoli Fanciulli, tanto più cari quanto più piccoli, nelle preghiere dei quali e delle quali particolarmente confidiamo e speriamo.
Voi avete sentito, Venerabili Fratelli, che il Nostro cuore era ed è con voi, con ciascuno di voi, con voi soffrendo, per voi e con voi pregando, che Iddio nella sua infinita Misericordia Ci venga in aiuto ed anche da questo gran male, che l’antico nemico del Bene ha scatenato, tragga nuova fioritura di bene e di gran bene.
II
Soddisfatto al debito della riconoscenza per i conforti ricevuti in tanto dolore, dobbiamo soddisfare a quello onde l’apostolico ministero Ci fa debitori verso la verità e la giustizia.
Già a più riprese, Venerabili Fratelli, nel modo più esplicito ed assumendo tutta la responsabilità di quanto dicevamo, Ci siamo Noi espressi ed abbiamo protestato contro la campagna di false ed ingiuste accuse, che precedette lo scioglimento delle Associazioni Giovanili ed Universitarie della Azione Cattolica. Scioglimento eseguito per vie di fatto e con procedimenti che dettero l’impressione che si procedesse contro una vasta e pericolosa associazione a delinquere; trattavasi di gioventù e fanciullezze certamente delle migliori fra le buone, ed alle quali siamo lieti e paternamente fieri di potere ancora una volta rendere tale testimonianza. Si direbbe che gli stessi esecutori (non tutti di gran lunga, ma molti di essi) di tali procedimenti ebbero un tal senso e mostrarono di averlo, mettendo nell’opera loro esecutoria espressioni e cortesie, con le quali sembravano chiedere scusa e volersi far perdonare quello che erano necessitati di fare: Noi ne abbiamo tenuto conto riserbando loro particolari benedizioni.
Ma, quasi a dolorosa compensazione, quante durezze e violenze fino alle percosse ed al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di fatti, contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra, precedettero, accompagnarono e susseguirono l’esecuzione dell’improvvisa poliziesca misura, che bene spesso ignoranza o malevolo zelo estendeva ad associazioni ed enti neanche colpiti dai superiori ordini, fino agli oratorii dei piccoli ed alle pie congregazioni di Figlie di Maria!
E tutto questo triste contorno di irriverenze e di violenze doveva essere con tale intervento di elementi e di divise di partito, con tale unisono da un capo all’altro d’Italia, e con tale acquiescenza delle Autorità e forze di pubblica sicurezza da far necessariamente pensare a disposizioni venute dall’alto: Ci è molto facile ammettere, ed era altrettanto facile prevedere, che queste potessero, anzi dovessero, quasi necessariamente venire oltrepassate. Abbiamo dovuto ricordare queste antipatiche e penose cose, perché non è mancato il tentativo di far credere al gran pubblico ed al mondo che il deplorato scioglimento delle Associazioni, a Noi tanto care, si era compiuto senza incidenti e quasi come una cosa normale.
Ma si è in ben altra e più vasta misura attentato alla verità ed alla giustizia. Se non tutte, certamente le principali falsità e vere calunnie sparse dalla avversa stampa di partito — la sola libera, e spesso comandata, o quasi, a tutto dire ed osare — vennero raccolte in un messaggio, sia pure non ufficiale (cauta qualifica), e somministrate al gran pubblico coi più potenti mezzi di diffusione che l’ora presente conosce. La storia dei documenti redatti non in servizio, ma in offesa della verità e della giustizia, è una lunga e triste storia; ma dobbiamo dire con la più profonda amarezza che, pur nei molti anni di vita e di operosità bibliotecaria, raramente Ci siamo incontrati in un documento tanto tendenzioso e tanto contrario a verità e giustizia, in ordine a questa Santa Sede, alla Azione Cattolica Italiana e più particolarmente alle Associazioni così duramente colpite. Se tacessimo, se lasciassimo passare, che è dire se lasciassimo credere, Noi saremmo troppo più indegni, che già non siamo, di occupare questa augusta Sede Apostolica, indegni della filiale e generosa devozione onde Ci hanno sempre consolati ed ora più che mai Ci consolano i Nostri cari figli dell’Azione Cattolica, e più particolarmente quei figli e quelle figlie Nostre, grazie a Dio tanto numerose, che, per la religiosa fedeltà alle Nostre chiamate e direttive, hanno tanto sofferto e soffrono, tanto più altamente onorando la scuola alla quale sono cresciuti, e il Divino Maestro e il suo indegno Vicario, quanto più luminosamente hanno mostrato col loro cristiano contegno, anche di fronte alle minacce ed alle violenze, da qual parte si trovino la vera dignità del carattere, la vera fortezza d’animo, il vero coraggio, la stessa civiltà.
Ci studieremo di essere molto brevi, rettificando le facili affermazioni del ricordato messaggio, facili diciamo per non dire audaci, e che sapevano di poter contare sulla quasi impossibilità di ogni controllo da parte del gran pubblico. Saremo brevi, anche perché già più volte, massime in questi ultimi tempi, abbiamo parlato sugli argomenti che ora ritornano, e la Nostra parola, Venerabili Fratelli, è potuta giungere fino a voi, e per voi ai vostri e Nostri cari figli in Gesù Cristo, come auguriamo anche alla presente lettera.
Diceva fra l’altro il ricordato messaggio che le rivelazioni dell’avversa stampa di partito sarebbero state nella quasi totalità confermate almeno nella sostanza e proprio dall’Osservatore Romano. La verità è che l’Osservatore Romano ha di volta in volta dimostrato che le così dette rivelazioni erano altrettante invenzioni, o in tutto e per tutto, od almeno nell’interpretazione data ai fatti. Basta leggere senza malafede e con la più modesta capacità d’intendere.
Diceva ancora il messaggio essere tentativo ridicolo quello di far passare la Santa Sede come vittima in un paese dove migliaia di viaggiatori possono rendere testimonianza al rispetto dimostrato verso Sacerdoti, Prelati, Chiesa e funzioni religiose. Sì, Venerabili Fratelli, purtroppo il tentativo sarebbe ridicolo, come quello di chi tentasse sfondare una porta aperta; perché purtroppo le migliaia di visitatori stranieri, che non mancano mai all’Italia ed a Roma, hanno potuto constatare di presenza le irriverenze spesso empie e blasfeme, le violenze, gli sfregi, i vandalismi commessi contro luoghi, cose e persone, in tutto il Paese ed in questa medesima Nostra Sede episcopale e da Noi ripetutamente deplorati dietro sicure e precise informazioni.
Il messaggio denuncia la « nera ingratitudine » dei Sacerdoti, che si mettono contro il partito, che è stato (dice) per tutta l’Italia la garanzia della libertà religiosa. Il Clero, l’Episcopato, e questa medesima Santa Sede non hanno mai disconosciuto quanto in tutti questi anni è stato fatto con beneficio e vantaggio della Religione; ne hanno anzi spesse volte espresso viva e sincera riconoscenza. Ma e Noi e l’Episcopato e il Clero e tutti i buoni fedeli, anzi tutti i cittadini amanti dell’ordine e della pace si sono messi e si mettono in pena ed in preoccupazione di fronte ai troppo presto incominciati sistematici attentati contro le più sane e preziose libertà della Religione e delle coscienze, quanti furono gli attentati contro l’Azione Cattolica, le sue diverse Associazioni, massime le giovanili, attentati che culminavano nelle poliziesche misure contro di loro consumate e nei modi già accennati: attentati e misure che fanno seriamente dubitare se gli atteggiamenti prima benevoli e benèfici provenissero soltanto da sincero amore e zelo di Religione. Ché se di ingratitudine si vuol parlare, essa fu e rimane quella usata verso la Santa Sede da un partito e da un regime che, a giudizio del mondo intero, trasse dagli amichevoli rapporti con la Santa Sede, in paese e fuori, un aumento di prestigio e di credito, che ad alcuni in Italia ed all’estero parvero eccessivi, come troppo largo il favore e troppo larga la fiducia da parte Nostra.
Consumata la poliziesca misura e consumata con quell’accompagnamento e con quel seguito di violenze, di irriverenze e connivenze delle autorità di pubblica sicurezza, Noi abbiamo sospeso, come l’invio di un Nostro Cardinale Legato alle centenarie celebrazioni di Padova, così le festive processioni in Roma ed in Italia. La disposizione era di Nostra evidente competenza, e ne vedevamo così gravi ed urgenti i motivi da farcene un dovere, per quanto sapessimo di imporre con essa gravi sacrifici ai buoni fedeli, forse più che ad ogni altro a Noi stessi incresciosa. Come infatti avrebbero avuto l’usato corso liete e festive solennità in tanto lutto e cordoglio che era piombato sul cuore del Padre comune di tutti i fedeli, e sul materno cuore della Santa Madre Chiesa in Roma, in Italia, anzi in tutto il mondo cattolico, come la universale e veramente mondiale partecipazione con voi alla testa, Venerabili Fratelli, venne subito a dimostrare? O come potevamo non temere per il rispetto e l’incolumità stessa delle persone e delle cose più sacre, dato il contegno delle pubbliche autorità e forze in presenza di tante irriverenze e violenze?
Dovunque le Nostre disposizioni poterono arrivare, i buoni sacerdoti ed i buoni fedeli ebbero le stesse impressioni e gli stessi sentimenti, e dove non furono intimiditi, minacciati e peggio, ne diedero magnifiche e per Noi consolantissime prove sostituendo le festive celebrazioni con ore di preghiere, di adorazione e di riparazione, in unione di pena e di intenzione col Santo Padre, e con non più veduti concorsi di popolo.
Sappiamo come le cose si svolsero dove le Nostre disposizioni non poterono arrivare in tempo, con intervento di autorità che il messaggio rileva, quelle stesse autorità di governo e di partito che già avevano o tra poco avrebbero assistito mute e inoperose al compimento di gesta prettamente anticattoliche e antireligiose; ciò che il messaggio non dice. Dice invece che vi furono autorità ecclesiastiche locali che si credettero in grado « di non prendere atto » del Nostro divieto. Noi non conosciamo una sola autorità ecclesiastica locale che siasi meritato l’affronto e l’offesa contenuta in tali parole. Sappiamo bensì e vivamente deploriamo le imposizioni, spesso minacciose e violente, fatte e lasciate fare alle locali autorità ecclesiastiche; sappiamo di empie parodie di cantici sacri e di sacri cortei, il tutto lasciato fare con profondo cordoglio di tutti i buoni fedeli e con vero sgomento di tutti i cittadini amanti di pace e di ordine, vedendo l’una e l’altro indifesi e peggio, proprio da quelli che di difenderli hanno e gravissimo dovere e insieme vitale interesse.
Il messaggio richiama il tante volte addotto confronto fra l’Italia ed altri Stati, nei quali la Chiesa è realmente perseguitata e contro i quali non si sono sentite parole come quelle pronunciate contro l’Italia, dove (dice) la Religione è stata restaurata. Abbiamo già detto che serbiamo e serberemo e memoria e riconoscenza perenne per quanto venne fatto in Italia con beneficio della Religione, anche se con contemporaneo non minore, e forse maggiore, beneficio del partito e del regime. Abbiamo pur detto e ripetuto che non è necessario (spesso sarebbe assai nocivo agli scopi intesi) che sia da tutti sentito e saputo quello che Noi e questa Santa Sede, per mezzo dei Nostri rappresentanti, dei Nostri Fratelli di Episcopato, veniamo dicendo e rimostrando dovunque gli interessi della Religione lo richiedono, e nella misura che giudichiamo richiedersi, massime dove la Chiesa è realmente perseguitata.
È con dolore indicibile che vedemmo una vera e reale persecuzione scatenarsi in questa Nostra Italia ed in questa Nostra medesima Roma contro quello che la Chiesa ed il suo Capo hanno di più prezioso e più caro in fatto di libertà e diritti, libertà e diritti che sono pure quelli delle anime, e più particolarmente delle anime giovanili, a loro più particolarmente affidate dal divino Creatore e Redentore.
Come è notorio, Noi abbiamo ripetutamente e solennemente affermato e protestato che l’Azione Cattolica, sia per la sua stessa natura ed essenza (partecipazione e collaborazione del laicato all’apostolato gerarchico) che per le Nostre precise e categoriche direttive e disposizioni, è al di fuori e al di sopra di ogni politica di partito. Abbiamo insieme affermato e protestato che Ci constava le Nostre direttive e disposizioni essere state in Italia fedelmente ubbidite e secondate. Il messaggio sentenzia che l’affermazione che l’Azione Cattolica non ebbe un vero carattere politico è completamente falsa. Non vogliamo rilevare tutto quello che vi è di irriguardoso in tale sentenza, anche perché la motivazione che il messaggio ne dà, ne dimostra tutta la falsità e la leggerezza, che diremmo davvero ridicola, se il caso non fosse tanto lacrimevole.
Aveva in realtà, dice, stendardi, distintivi, tessere e tutte le altre forme esteriori di un partito politico. Come se stendardi, distintivi, tessere e simili forme esteriori non siano oggigiorno comuni, in tutti i paesi del mondo, alle più svariate associazioni e attività che nulla hanno e vogliono avere di comune colla politica: sportive e professionali, civili e militari, commerciali e industriali, scolastiche di prima fanciullezza, religiose della religiosità più pia e devota e quasi infantile, come i Crociatini del Sacramento.
Il messaggio ha sentito tutta la debolezza e la vanità dell’addotto motivo, e quasi correndo ai ripari ne soggiunge altri tre.
Il primo vuol essere, che i capi dell’Azione Cattolica erano quasi completamente membri oppure capi del partito popolare, il quale è stato (dice) uno dei più forti avversari del fascismo. Questa accusa è stata più di una volta lanciata contro l’Azione Cattolica Italiana, ma sempre genericamente e senza far nomi. Ogni volta Noi abbiamo invitato a precisare e nominare, ma invano. Solo poco prima delle misure inflitte all’Azione Cattolica ed in evidente preparazione alle stesse, la stampa avversa, con non meno evidente ricorso a rapporti di polizia, ha pubblicato alcune serie di fatti e di nomi; e ciò son le pretese rivelazioni alle quali accenna il messaggio nel suo inizio, e che l’Osservatore Romano ha debitamente smentite e rettificate, non già confermate, come, traendo in inganno il gran pubblico, il messaggio stesso afferma.
Quanto a Noi, Venerabili Fratelli, alle informazioni già da tempo raccolte ed alle indagini personali già prima fatte, abbiamo stimato dover Nostro di procurarCi nuove informazioni e nuove indagini fare, ed eccone, Venerabili Fratelli, i positivi risultati. Innanzi tutto abbiamo constatato che, stante ancora il partito popolare e non ancora affermatosi il nuovo partito, per disposizioni emanate nel 1919, chi avesse occupato cariche direttive nel partito popolare non poteva occupare contemporaneamente uffici direttivi nella Azione Cattolica.
Abbiamo inoltre constatato, Venerabili Fratelli, che i casi di ex-dirigenti locali laici del partito popolare divenuti poi dirigenti locali della Azione Cattolica, tra quelli segnalati, come sopra abbiam detto, dalla stampa avversa, si riducono a quattro, diciamo quattro, e questo così esiguo numero con 250 Giunte diocesane, 4000 Sezioni di uomini cattolici, e oltre 5000 Circoli di Gioventù Cattolica maschile. E dobbiamo aggiungere che nei quattro detti casi si tratta sempre di individui che non dettero mai luogo a difficoltà; alcuni poi addirittura simpatizzanti e benevisi al regime ed al partito.
E non vogliamo omettere quell’altra garanzia di religiosità apolitica della Azione Cattolica che voi bene conoscete, Venerabili Fratelli, Vescovi in Italia, che stette, sta e starà sempre nella dipendenza della Azione Cattolica dall’Episcopato, da voi, dai quali sempre proveniva l’assegnazione dei sacerdoti « assistenti », e la nomina dei « presidenti delle Giunte diocesane »; onde chiaro è che, rimettendo e raccomandando a Voi, Venerabili Fratelli, le Associazioni colpite, nulla di sostanzialmente nuovo abbiamo ordinato e disposto. Disciolto e cessato il partito popolare, quelli che già appartenevano alla Azione Cattolica continuarono ad appartenervi, sottomettendosi però con perfetta disciplina alla legge fondamentale della Azione Cattolica, cioè astenendosi da ogni attività politica, e così fecero quelli che allora chiesero di appartenervi.
I quali tutti con quale giustizia e carità si sarebbero espulsi o non ammessi, quando, forniti delle qualità richieste, si sottomettevano a quella legge? Il regime ed il partito, che sembrano attribuire una così temibile e temuta forza agli appartenenti al partito popolare sul terreno politico, dovevano mostrarsi grati alla Azione Cattolica, che appunto da quel terreno li ha levati e con formale impegno di non spiegare azione politica, ma soltanto religiosa.
Non possiamo invece Noi, Chiesa, Religione, fedeli cattolici (e non soltanto noi) essere grati a chi dopo aver messo fuori socialismo e massoneria, nemici nostri (e non nostri soltanto) dichiarati, li ha così largamente riammessi, come tutti vedono e deplorano, e fatti tanto più forti e pericolosi e nocivi quanto più dissimulati e insieme favoriti dalla nuova divisa.
Di infrazioni al preso impegno Ci si è non rare volte parlato; abbiamo sempre chiesto nomi e fatti concreti, sempre pronti a intervenire e provvedere; non si è mai risposto a tale Nostra domanda.
Il messaggio denuncia che una parte considerevole di atti di carattere organizzativo era particolarmente di natura politica e che aveva niente a fare con « l’educazione religiosa e la propagazione della fede ». A parte la maniera imperita e confusa onde sembrano accennarsi i compiti della Azione Cattolica, tutti quelli che conoscono e vivono la vita d’oggi sanno che non vi è iniziativa e attività — dalle più spirituali e scientifiche fino alle più materiali e meccaniche — che non abbia bisogno di organizzazione e di atti organizzativi, e che questi come quella non si identificano con le finalità delle diverse iniziative ed attività, ma non sono che mezzi per meglio raggiungere i fini che ciascuna si propone.
Però (continua il messaggio) l’argomento più forte che può essere adoperato come una giustificazione della distruzione dei circoli cattolici dei giovani è la difesa dello Stato, la quale è più di un semplice dovere di qualunque governo. Nessun dubbio sulla solennità e sulla importanza vitale di un tal dovere e di un tal diritto, aggiungiamo Noi, perché riteniamo e vogliamo ad ogni costo praticare, con tutti gli onesti e sensati, che il primo diritto è quello di fare il proprio dovere. Ma tutti i ricevitori e lettori del messaggio avrebbero sorriso di incredulità o fatte le alte meraviglie, se il messaggio avesse aggiunto che dei Circoli Cattolici giovanili colpiti 10.000 erano, anzi sono, di gioventù femminile, con un totale di quasi 500.000 giovani donne e fanciulle, dove, chi può vedere un serio pericolo e una minaccia reale per la sicurezza dello Stato? E devesi considerare che solo 220.000 sono iscritte « effettive », più di 100.000 piccole « aspiranti », più di 150.000 ancora più piccole « Beniamine ».
Restano i circoli di gioventù cattolica maschile, quella stessa gioventù cattolica che nelle pubblicazioni giovanili del partito e nei discorsi e nelle circolari dei così detti gerarchi sono rappresentati ed indicati al vilipendio ed allo scherno (con qual senso di responsabilità pedagogica, per dir solo di questa, ognun lo vede) come una accozzaglia di conigli e di buoni soltanto a portar candele e recitar rosari nelle sacre processioni, e che forse per questo sono stati in questi ultimi tempi tante volte e con così poco nobile coraggio assaliti e maltrattati fino al sangue, lasciati indifesi da chi poteva e doveva proteggerli e difenderli, se non altro perché inermi e pacifici assaliti da violenti e spesso armati.
Se qui sta l’argomento più forte della attentata « distruzione » (la parola non lascia davvero dubbi sulle intenzioni) delle nostre care ed eroiche associazioni giovanili di Azione Cattolica, voi vedete, Venerabili Fratelli, che Noi potremmo e dovremmo rallegrarCi, tanto chiaramente appare l’argomento di per se stesso incredibile ed insussistente. Ma purtroppo dobbiamo ripetere, che « mentita est iniquitas sibi » [5], e che l’« argomento più forte » della voluta « distruzione » va cercato su altro terreno: la battaglia che ora si combatte non è politica, ma morale e religiosa: squisitamente morale e religiosa.
Bisogna chiudere gli occhi a questa verità e vedere, anzi inventare politica dove non è che Religione e Morale per conchiudere, come fa il messaggio, che si era creata la situazione assurda di una forte organizzazione agli ordini di un potere « estero », il « Vaticano », cosa che nessun governo di questo mondo avrebbe permesso.
Si sono sequestrati in massa i documenti in tutte le sedi della Azione Cattolica Italiana, si continua (anche questo si fa) a intercettare e sequestrare ogni corrispondenza che possa sospettarsi in qualche rapporto colle Associazioni colpite, anzi anche con quelle non colpite: gli oratorii. — Si dica dunque a Noi, al Paese, al mondo, quali e quanti sono i documenti della politica, agitata e tramata dalla Azione Cattolica con pericolo dello Stato. Osiamo dire che non se ne troveranno, a meno di leggere e interpretare secondo idee preconcette, ingiuste e in pieno contrasto coi fatti e con l’evidenza di senza numero prove e testimonianze. Quando se ne trovino di genuini e degni di considerazione, saremo Noi i primi a riconoscerli e a tenerne conto. Ma chi vorrà, per esempio, incriminare di politica, e politica pericolosa allo Stato, qualche segnalazione e deplorazione degli odiosi trattamenti già anche prima degli ultimi fatti, tante volte e in tanti luoghi inflitti alla Azione Cattolica? O chi fondarsi sopra dichiarazioni imposte od estorte, come Ci consta essere in qualche luogo avvenuto?
Invece, proprio senza numero si troveranno tra i sequestrati documenti le prove e le testimonianze della profonda e costante religiosità e religiosa attività come di tutta l’Azione Cattolica così particolarmente delle Associazioni giovanili ed universitarie. Basterà saper leggere ed apprezzare, come Noi stessi abbiamo innumerevoli volte fatto, i programmi, i resoconti, i verbali di congressi, di settimane di studi religiosi e di preghiera, di ritiri spirituali, di praticata e promossa frequenza ai Sacramenti, di conferenze apologetiche, di studi ed attività catechistiche, di cooperazione ad iniziative di vera e pura carità cristiana nelle Conferenze di San Vincenzo ed in altri modi, di attività e cooperazione missionaria.
È in presenza di tali fatti e di tale documentazione, dunque coll’occhio e la mano sulla realtà, che Noi abbiamo sempre detto ed ancora diciamo che accusare l’Azione Cattolica Italiana di fare della politica era ed è vero e proprio calunniare. I fatti hanno dimostrato a che cosa con questo si mirasse, che cosa si preparasse: rare volte si è in così grandi proporzioni avverata la favola del lupo e dell’agnello, e la storia non potrà non ricordarsene.
Noi, certi fino alla evidenza, di essere e di mantenerci sul terreno religioso, non abbiamo mai creduto che potessimo essere considerati come un « potere estero », massime da cattolici e da cattolici italiani.
È in grazia della potestà apostolica a Noi indegnissimi da Dio affidata, che i buoni cattolici di tutto il mondo (voi lo sapete molto bene, Venerabili Fratelli) considerano Roma come la seconda patria di tutti e di ciascuno di loro. Non è ancora troppo lontano il giorno nel quale un uomo di Stato, che rimarrà certamente fra i più celebri, non cattolico né amico del cattolicesimo, in piena assemblea politica disse che non poteva considerare come un potere estero quello al quale ubbidivano venti milioni di tedeschi.
Per dire poi che nessun governo del mondo avrebbe lasciato sussistere la situazione creata in Italia dalla Azione Cattolica, bisogna assolutamente ignorare o dimenticare che in tutti gli Stati del mondo, fino alla Cina, sussiste e vive ed opera la Azione Cattolica, bene spesso imitante nell’assieme e fino ai particolari l’Azione Cattolica Italiana, spesso ancora con forme e particolari organizzativi anche più spiccatamente tali che in Italia. In nessuno Stato del mondo mai l’Azione Cattolica è stata considerata come un pericolo dello Stato; in nessuno Stato del mondo l’Azione Cattolica è stata così odiosamente perseguitata (non vediamo quale altra parola risponda alla realtà e alla verità dei fatti) come in questa Nostra Italia, e in questa medesima Nostra Sede Episcopale Romana: e questa è veramente una situazione assurda, non da Noi sibbene contro di Noi creata.
Ci siamo imposto, Venerabili Fratelli, un grave ed increscioso lavoro; Ci è sembrato un preciso dovere di carità e giustizia paterna, e in questo spirito lo abbiamo compiuto al fine di rimettere nella giusta luce fatti e verità, che alcuni figli Nostri hanno, forse non del tutto consapevolmente, messo in luce falsa a danno di altri figli Nostri.
III
Ed ora una prima riflessione e conclusione: da quanto siamo venuti esponendo e più ancora dagli avvenimenti stessi come si sono svolti, la attività politica della Azione Cattolica, la palese o larvata ostilità di taluni suoi settori contro il regime ed il partito, come anche l’eventuale rifugio e la protezione di residuata e fin qui risparmiata ostilità al partito sotto le bandiere della Azione Cattolica (cfr. Comunicato del Direttorio, 4 Giugno 1931), tutto questo non è che pretesto o un cumulo di pretesti: è un pretesto, osiamo dire, la stessa Azione Cattolica; ciò che si voleva e che si attentò di fare, fu strappare alla Azione Cattolica, e per essa alla Chiesa, la gioventù, tutta la gioventù. Tanto è ciò vero, che dopo aver tanto parlato di Azione Cattolica, si mirò alle Associazioni Giovanili, né si stette alle Associazioni Giovanili di Azione Cattolica, ma si allungò tumultuariamente la mano anche ad associazioni e ad opere di pura pietà e di prima istruzione religiosa, come le Congregazioni di Figlie di Maria e gli Oratorii; tanto tumultuariamente da dover spesso riconoscere il grossolano errore.
Questo punto essenziale è largamente confermato anche d’altronde. È confermato innanzitutto dalle molte antecedenti affermazioni di elementi più o meno responsabili ed anche dagli elementi più rappresentativi del regime e del partito e che ebbero il loro pieno commentario e la definitiva conferma dagli ultimi avvenimenti.
La conferma è stata anche più esplicita e categorica, stavamo per dire solenne insieme e violenta, da parte di chi non solo tutto rappresenta, ma tutto può, in pubblicazione ufficiale o quasi, dedicata alla gioventù, in colloqui destinati alla pubblicità, alla pubblicità estera prima ancora che a quella del paese, ed anche all’ultima ora in messaggi ed in comunicazioni a rappresentanti della stampa.
Un’altra riflessione e conclusione subito ed inevitabilmente si impone. Non si è dunque tenuto nessun conto delle ripetute assicurazioni e proteste Nostre, non si è tenuto conto alcuno delle proteste ed assicurazioni vostre, Venerabili Fratelli Vescovi d’Italia, sulla natura e sulla attività vera e reale dell’Azione Cattolica e sui diritti sacrosanti ed inviolabili delle anime e della Chiesa in essa rappresentati e impersonati.
Diciamo, Venerabili Fratelli, i sacrosanti ed inviolabili diritti delle anime e della Chiesa, ed è questa la riflessione e conclusione che più di ogni altra si impone, come è di ogni altra la più grave. Già più e più volte, come è notorio, Noi abbiamo espresso il pensiero Nostro, o meglio, della Chiesa Santa su così importanti ed essenziali argomenti, e non è a voi, Venerabili Fratelli, fedeli maestri in Israele, che occorra dire di più; ma non possiamo non aggiungere qualche cosa per questi cari popoli che stanno intorno a voi, che voi pascete e governate per divino mandato e che ormai quasi solo per mezzo vostro possono conoscere il pensiero del Padre comune delle anime loro.
Dicevamo i sacrosanti ed inviolabili diritti delle anime e della Chiesa. Si tratta del diritto delle anime di procurarsi, il maggior bene spirituale sotto il magistero e l’opera formatrice della Chiesa, di tale magistero e di tale opera unica mandataria, divinamente costituita in quest’ordine soprannaturale fondato nel Sangue di Dio Redentore, necessario ed obbligatorio a tutti per partecipare alla divina Redenzione. Si tratta del diritto delle anime così formate di partecipare i tesori della Redenzione ad altre anime collaborando alla attività dell’Apostolato Gerarchico.
È in considerazione di questo duplice diritto delle anime, che Ci dicevamo testé lieti e fieri di combattere la buona battaglia per la libertà delle coscienze, non già (come qualcuno forse inavvertitamente Ci ha fatto dire) per la libertà di coscienza, maniera di dire equivoca e troppo spesso abusata a significare la assoluta indipendenza della coscienza, cosa assurda in anima da Dio creata e redenta.
Si tratta inoltre del diritto non meno inviolabile della Chiesa di adempiere l’imperativo divino mandato, di cui la investiva il divino Fondatore, di portare alle anime, a tutte le anime, tutti i tesori di verità e di bene, dottrinali e pratici, ch’Egli stesso aveva recato al mondo. « Euntes docete omnes gentes… docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis » Andate ed istruite tutte le genti, insegnando loro ad osservare tutto quello che vi ho commesso [6]. E qual posto dovessero tenere la prima età e la giovinezza in questa assoluta universalità e totalità di mandato, lo mostra Egli stesso il divino Maestro, Creatore e Redentore delle anime, col suo esempio e con quelle parole particolarmente memorabili ed anche particolarmente formidabili: « Lasciate che i pargoli vengano a me e non vogliate impedirmeli »… «Questi piccoli che (quasi per un divino istinto) credono in Me; ai quali è riserbato il regno dei cieli; dei quali gli Angeli tutelari e difensori vedono sempre la faccia del Padre celeste; guai all’uomo che avrà scandalizzato uno di questi piccoli ». « Sinite parvulos venire ad me et nolite prohibere eos… qui in me credunt… istorum est enim regnum caelorum; quorum Angeli semper vident faciem Patris qui in caelis est; Vae! homini illi per quem unus ex pusillis istis scandalizatus fuerit » [7]. Or eccoci in presenza di tutto un insieme di autentiche affermazioni e di fatti non meno autentici, che mettono fuori di ogni dubbio il proposito — già in tanta parte eseguito — di monopolizzare interamente la gioventù, dalla primissima fanciullezza fino all’età adulta, a tutto ed esclusivo vantaggio di un partito, di un regime, sulla base di una ideologia che dichiaratamente si risolve in una vera e propria statolatria pagana non meno in pieno contrasto coi diritti naturali della famiglia che coi diritti soprannaturali della Chiesa. Proporsi e promuovere un tale monopolio, perseguitare in tale intento, come si veniva facendo da qualche tempo più o meno palesemente o copertamente, l’Azione Cattolica; colpire a tale scopo, come ultimamente si è fatto, le sue Associazioni giovanili equivale ad un vero e proprio impedire che la gioventù vada a Gesù Cristo, dacché è impedire che vada alla Chiesa, perché dov’è la Chiesa ivi è Gesù Cristo. E si arrivò fino a strapparla, con gesto violento dal seno dell’una e dell’Altro.
La Chiesa di Gesù Cristo non ha mai contestato i diritti e i doveri dello Stato circa l’educazione dei cittadini e Noi stessi li abbiamo ricordati e proclamati nella recente Nostra Lettera Enciclica sulla educazione cristiana della gioventù; diritti e doveri incontestabili finché rimangono nei confini delle competenze proprie dello Stato; competenze che sono alla loro volta chiaramente fissate dalle finalità dello Stato; finalità certamente non soltanto corporee e materiali, ma di per se stesse necessariamente contenute nei limiti del naturale, del terreno, del temporaneo. Il divino universale mandato, del quale la Chiesa di Gesù Cristo è stata da Gesù Cristo stesso incomunicabilmente ed insurrogabilmente investita, si estende invece all’eterno, al celeste, al soprannaturale, quest’ordine di cose il quale da una parte è strettamente obbligatorio per ogni creatura consapevole, ed al quale dall’altra parte deve di natura sua subordinarsi e coordinarsi tutto il rimanente.
La Chiesa di Gesù Cristo è certamente nei termini del suo mandato, non solo quando depone nelle anime i primi indispensabili princìpi ed elementi della vita soprannaturale, ma anche quando questa vita promuove e sviluppa secondo le opportunità e le capacità, e coi modi e mezzi da lei giudicati idonei, anche nell’intento di preparare illuminate e valide cooperazioni all’apostolato gerarchico. È di Gesù Cristo la solenne dichiarazione che Egli è venuto precisamente al fine che le anime abbiano non soltanto qualche inizio od elemento della vita soprannaturale, ma affinché l’abbiano nella maggiore abbondanza: « Ego veni ut vitam habeant et abundantius habeant » [8]. E Gesù stesso ha posto i primi inizi dell’Azione Cattolica, Egli stesso scegliendo ed educando negli Apostoli e nei discepoli i collaboratori del suo divino apostolato, esempio immediatamente imitato dai primi santi Apostoli, come il sacro testo ne fa fede.
È per conseguenza pretesa ingiustificabile ed inconciliabile col nome e colla professione di cattolici quella di semplici fedeli che vengono ad insegnare alla Chiesa ed al suo Capo ciò che basta e che deve bastare per la educazione e formazione cristiana dello anime e per salvare, promuovere nella società, principalmente nella gioventù, i princìpi della Fede e la loro piena efficienza nella vita.
Alla ingiustificabile pretesa si associa la chiarissima rivelazione della assoluta incompetenza e della completa ignoranza delle materie in questione. Gli ultimi avvenimenti devono aver aperto a tutti gli occhi, mentre hanno dimostrato fino all’evidenza quello che in pochi anni si è venuto, non già salvando, ma disfacendo e distruggendo in fatto di religiosità vera, di educazione cristiana e civile. Voi sapete, Venerabili Fratelli, Vescovi d’Italia, per vostra esperienza pastorale che gravissimo ed esiziale errore sia il credere e far credere che l’opera della Chiesa svolta nell’Azione Cattolica sia surrogata e resa superflua dall’istruzione religiosa nelle scuole e dalla ecclesiastica assistenza alle associazioni giovanili del partito e del regime. L’una e l’altra sono certissimamente necessarie; senza di esse la scuola e le dette associazioni diventerebbero inevitabilmente e ben presto, per fatale necessità logica e psicologica, cose pagane. Necessarie adunque, ma non sufficienti: infatti con quella istruzione religiosa e con quella assistenza ecclesiastica la Chiesa di Gesù Cristo non può esplicare che un minimum della sua efficienza spirituale e soprannaturale, e questo in un terreno e in un ambiente non da essa dipendenti, preoccupati da molte altre materie di insegnamento e da tutt’altri esercizi, soggetti ad immediate autorità spesso poco o punto favorevoli e non rare volte esercitanti contrarie influenze con la parola e con l’esempio della vita.
Dicevamo che gli ultimi avvenimenti hanno finito di mostrare senza lasciare possibilità di dubbio quello che in pochi anni si è potuto non già salvare, ma perdere e distruggere in fatto di religiosità vera e di educazione, non diciamo cristiana, ma anche solo morale e civile.
Abbiamo infatti vista in azione una religiosità che si ribella alle disposizioni della superiore Autorità Religiosa e ne impone o ne incoraggia la inosservanza; una religiosità che diventa persecuzione e tentata distruzione di quello che il Supremo Capo della Religione notoriamente più apprezza ed ha a cuore; una religiosità che trascende e lascia trascendere ad insulti di parola e di fatto contro la Persona del Padre di tutti i fedeli fino a gridarlo abbasso ed a morte; veri imparaticci di parricidio. Simigliante religiosità non può in nessun modo conciliarsi con la dottrina e con la pratica cattolica, ma è piuttosto quanto può pensarsi di più contrario all’una ed all’altra.
La contrarietà è più grave in se stessa e più esiziale nei suoi effetti, quando non è soltanto quella di fatti esteriormente perpetrati e consumati, ma anche quella di princìpi e di massime proclamate come programmatiche e fondamentali.
Una concezione dello Stato che gli fa appartenere le giovani generazioni interamente e senza eccezione dalla prima età fino all’età adulta, non è conciliabile per un cattolico colla dottrina cattolica, e neanche è conciliabile col diritto naturale della famiglia. Non è per un cattolico conciliabile con la cattolica dottrina pretendere che la Chiesa, il Papa, devono limitarsi alle pratiche esterne di religione (Messa e Sacramenti), e che il resto della educazione appartiene totalmente allo Stato.
Le erronee e false dottrine e massime che siamo venuti fin qua segnalando e deplorando, già più volte Ci si presentarono nel corso di questi ultimi anni, e, come è notorio, non siamo mai, coll’aiuto di Dio, venuti meno al Nostro apostolico dovere di rilevarle e di contrapporvi i giusti richiami alle genuine dottrine cattoliche ed agli inviolabili diritti della Chiesa di Gesù Cristo e delle anime nel Suo divino sangue redente.
Ma, nonostante i giudizi e le aspettative e le suggestioni che da diverse parti anche molto ragguardevoli a Noi pervenivano, Ci siamo sempre trattenuti da formali ed esplicite condanne, anzi siamo andati fino a credere possibili e favorire da parte Nostra compatibilità e cooperazioni che ad altri sembrarono inammissibili. Così abbiamo fatto perché pensavamo e piuttosto desideravamo che rimanesse la possibilità di almeno dubitare che avessimo a fare con affermazioni ed azioni esagerate, sporadiche, di elementi non abbastanza rappresentativi, insomma ad affermazioni ed azioni risalenti, nelle parti censurabili, piuttosto alle persone ed alle circostanze che veramente e propriamente programmatiche.
Gli ultimi avvenimenti e le affermazioni che li prepararono, li accompagnarono e li commentarono Ci tolgono la desiderata possibilità, e dobbiamo dire, diciamo che non si è cattolici se non per il battesimo e per il nome — in contraddizione con le esigenze del nome e con gli stessi impegni battesimali — adottando e svolgendo un programma che fa sue dottrine e massime tanto contrarie ai diritti della Chiesa di Gesù Cristo e delle anime, che misconosce, combatte e perseguita l’Azione Cattolica, che è dire quanto la Chiesa ed il suo Capo hanno notoriamente di più caro e prezioso. A questo punto Voi Ci richiedete, Venerabili Fratelli, che rimane a pensare ed a giudicare, alla luce di quanto precede, circa una formula di giuramento che anche a fanciulli e fanciulle impone di eseguire senza discutere ordini che, l’abbiamo veduto e vissuto, possono comandare contro ogni verità e giustizia la manomissione dei diritti della Chiesa e delle anime, già per se stessi sacri ed inviolabili; e di servire con tutte le forze, fino al sangue, la causa di una rivoluzione che strappa alla Chiesa ed a Gesù Cristo la gioventù, e che educa le sue giovani forze all’odio, alla violenza, alla irriverenza, non esclusa la persona stessa del Papa, come gli ultimi fatti hanno più compiutamente dimostrato.
Quando la domanda deve porsi in tali termini, la risposta dal punto di vista cattolico, ed anche puramente umano, è inevitabilmente una sola, e Noi, Venerabili Fratelli, non facciamo che confermare la risposta che già vi siete data: un tale giuramento, così come sta, non è lecito.
IV
Ed eccoci alle Nostre preoccupazioni, gravissime preoccupazioni, che, lo sentiamo, sono anche le vostre, Venerabili Fratelli, di voi specialmente, Vescovi d’Italia. Ci preoccupiamo subito innanzi tutto dei tanti e tanti figli Nostri, anche giovanetti e giovanette, iscritti e tesserati con quel giuramento. Commiseriamo profondamente le tante coscienze tormentate da dubbi (tormenti e dubbi di cui arrivano a Noi certissime testimonianze) appunto in grazia di quel giuramento, com’è concepito, specialmente dopo i fatti avvenuti.
Conoscendo le difficoltà molteplici dell’ora presente e sapendo come tessera e giuramento sono per moltissimi condizione per la carriera, per il pane, per la vita, abbiamo cercato mezzo che ridoni tranquillità alle coscienze riducendo al minimo possibile le difficoltà esteriori. E Ci sembra potrebbe essere tal mezzo per i già tesserati fare essi davanti a Dio ed alla propria coscienza la riserva: « salve le leggi di Dio e della Chiesa » oppure « salvi i doveri di buon cristiano », col fermo proposito di dichiarare anche esternamente una tale riserva, quando ne venisse il bisogno.
Là poi donde partono le disposizioni e gli ordini vorremmo arrivasse la Nostra preghiera, la preghiera di un Padre che vuole provvedere alle coscienze di tanti suoi figli in Gesù Cristo; che cioè la medesima riserva sia introdotta nella forma del giuramento, quando non si voglia far meglio, molto meglio, e cioè omettere il giuramento, che è per sé un atto di religione, e non è certamente al posto che più gli conviene in una tessera di partito.
Abbiamo procurato di parlare come con calma e serenità, così con tutta chiarezza; pur non possiamo non preoccuparCi di essere bene intesi, non diciamo da voi, Venerabili Fratelli, sempre ed ora più che mai a Noi così uniti di pensieri e di sentimenti, ma da tutti quanti. E per questo aggiungiamo che con tutto quello che siamo venuti finora dicendo Noi non abbiamo voluto condannare il partito ed il regime come tale.
Abbiamo inteso segnalare e condannare quanto nel programma e nell’azione di essi abbiamo veduto e constatato contrario alla dottrina ed alla pratica cattolica, e quindi inconciliabile col nome e con la professione di cattolici. E con questo abbiamo adempiuto un preciso dovere dell’Apostolico Ministero verso tutti i figli Nostri che al partito appartengono, perché possano provvedere alla propria coscienza di cattolici.
Crediamo poi di avere contemporaneamente fatto buona opera al partito stesso ed al regime. Perché quale interesse ed utilità possono essi avere mantenendo in programma, in un paese cattolico come l’Italia, idee, massime e pratiche inconciliabili con la coscienza cattolica? La coscienza dei popoli, come quella degli individui, finisce sempre per ritornare sopra se stessa e ricercare le vie per un momento più o meno lungo perdute di vista o abbandonate.
Né si dica che l’Italia è cattolica, ma anticlericale, intendiamo anche solo in una misura degna di particolari riguardi. Voi, Venerabili Fratelli, che nelle grandi e piccole diocesi d’Italia vivete in continuo contatto con le buone popolazioni di tutto il Paese, voi sapete e vedete ogni giorno come esse, non sobillate né fuorviate, siano aliene da ogni anticlericalismo. È noto a quanti conoscono un poco intimamente la storia del Paese, che l’anticlericalismo ha avuto in Italia l’importanza e la forza che gli conferirono la massoneria e il liberalismo che lo generavano. Ai nostri giorni poi il concorde entusiasmo che unì e trasportò come non mai tutto il Paese ai giorni delle Convenzioni Laterane non gli avrebbe lasciato modo di riaffermarsi, se non lo si fosse evocato ed incoraggiato all’indomani delle Convenzioni stesse. Negli ultimi avvenimenti, poi, disposizioni ed ordini lo hanno fatto entrare in azione e lo hanno fatto cessare, come tutti hanno potuto vedere e constatare. È pertanto fuor di dubbio che sarebbe bastata e basterà sempre a tenerlo al posto dovuto, la centesima e millesima parte delle misure lungamente inflitte all’Azione Cattolica e testé culminate in quello che ormai tutto il mondo sa.
Altre e ben gravi preoccupazioni Ci ispira il prossimo avvenire. Si è protestato, e ciò in sede quant’altra mai ufficiale e solenne, e subito dopo gli ultimi per Noi e per i Cattolici di tutta l’Italia e di tutto il mondo dolorosissimi fatti a danno dell’Azione Cattolica: « rispetto immutato verso la Religione Cattolica, il suo Sommo Capo » ecc. Rispetto « immutato »: dunque quello stesso rispetto, senza mutazione, che abbiamo sperimentato; dunque quel rispetto che si esprimeva in altrettanto vaste che odiose misure poliziesche, preparate in alto silenzio come non amica sorpresa, e fulmineamente applicate proprio alla vigilia del Nostro genetliaco, occasione di tante gentilezze e bontà da parte del mondo cattolico, ed anche non cattolico; dunque quello stesso rispetto che trascendeva a violenze e irriverenze lasciate indisturbatamente perpetrarsi. Che cosa possiamo dunque sperare; o meglio che cosa non dobbiamo aspettarCi? Non è mancato chi si domandava, se a così strana maniera di parlare, di scrivere, in tali circostanze, in tanta vicinanza di tali fatti, sia stata del tutto aliena l’ironia, una ben triste ironia, che da parte Nostra amiamo escludere affatto.
Nel medesimo contesto ed in immediato rapporto con l’« immutato rispetto » (dunque coi medesimi indirizzi) si insinuavano « rifugi e protezioni » concesse a residui oppositori del partito, e si « ordinava ai dirigenti dei novemila fasci d’Italia » di ispirare la loro azione a queste direttive. Più d’uno di voi, Venerabili Fratelli, Vescovi d’Italia, ha già sperimentato, dandocene anche dolenti notizie, l’effetto di tali insinuazioni e di tali ordini, in una ripresa di odiose sorveglianze, di delazioni, di intimidazioni e vessazioni. Che cosa Ci prepara dunque l’avvenire? Che cosa non possiamo e dobbiamo aspettarCi (non diciamo temere, perché il timore di Dio espelle quello degli uomini), se, come abbiamo motivi a credere, il proposito è di non permettere che i Nostri Giovani Cattolici si adunino neppure silenziosamente, minacciate aspre pene ai dirigenti? Che cosa dunque, di nuovo Ci domandiamo, Ci prepara o minaccia l’avvenire?
V
È proprio a questo estremo di dubbi e di previsioni al quale gli uomini Ci hanno ridotti, che ogni preoccupazione, Venerabili Fratelli, svanisce, scompare, e il Nostro spirito si apre alle più fiduciose consolanti speranze; perché l’avvenire è nelle mani di Dio, e Dio è con noi, e … « si Deus nobiscum, quis contra nos? » [9].
Un segno ed una prova sensibile dell’assistenza e del favore divino Noi già la vediamo e gustiamo nella vostra assistenza e cooperazione, Venerabili Fratelli. Se siamo bene informati, si è detto recentemente che ora l’Azione Cattolica è in mano dei Vescovi e non vi è più nulla a temere. E fin qui sta bene, molto bene, salvo quel « più nulla », come se prima qualche cosa si avesse a temere, e salvo quell’« ora », come se prima e fin dal principio l’Azione Cattolica non sia sempre stata essenzialmente diocesana e dipendente dai Vescovi (come anche sopra abbiamo accennato) ed anche per questo, principalmente per questo, abbiamo sempre nutrito la più certa fiducia che le Nostre direttive erano seguite e secondate. Per questo, dopo che per il promesso, immanchevole aiuto divino, Noi rimaniamo e rimarremo nella più fiduciosa tranquillità, anche se la tribolazione — diciamo la parola esatta, la persecuzione — dovrà continuare e intensificarsi. Noi sappiamo che voi siete, e voi sapete di essere, i Nostri Fratelli nell’Episcopato e nell’Apostolato; Noi sappiamo e sapete voi, Venerabili Fratelli, che siete i Successori di quegli Apostoli che San Paolo chiamava con parole di vertiginosa sublimità « gloria Christi » [10]; voi sapete che, non un uomo mortale, sia pure Capo di Stato o di Governo, ma lo Spirito Santo vi ha posto, nelle parti che Pietro assegna, a reggere la Chiesa di Dio. Queste e tante altre sante e sublimi cose che vi riguardano, Venerabili Fratelli, evidentemente ignora o dimentica chi vi pensa e chiama, voi Vescovi d’Italia, « ufficiali dello Stato »; dai quali così chiaramente vi distingue e separa la stessa formula del giuramento che vi occorra prestare al Monarca, mentre dice e premette espressamente: « come si conviene a Vescovo Cattolico ».
Grande poi e veramente smisurato motivo a bene sperare Ci è pure l’immenso coro di preghiere che la Chiesa di Gesù Cristo da tutte le parti del mondo solleva al divino Fondatore ed alla Sua SS. Madre per il suo Capo visibile, il Successore di Pietro, proprio come quando, or sono venti secoli, la persecuzione colpiva di Pietro stesso la persona: preghiere di sacri pastori e di popoli, di cleri e di fedeli, di religiosi e di religiose, di adulti e di giovani, di bambini e di bambine; preghiere nelle forme più squisite ed efficaci di santi sacrifici e comunioni eucaristiche, di supplicazioni, di adorazioni e di riparazioni, di spontanee immolazioni e di sofferenze cristianamente sofferte; preghiere, delle quali in tutti questi giorni e subito dopo i tristi eventi Ci giungeva da ogni parte la eco consolantissima, mai così forte e così consolante come in questo giorno sacro e solenne alla memoria dei Prìncipi degli Apostoli e nel quale disponeva la divina bontà che potessimo por fine a questa Nostra Lettera Enciclica.
Alla preghiera tutto è divinamente promesso: se non sarà il sereno e la tranquillità dell’ordine ristabilito, sarà in tutti la cristiana pazienza, il santo coraggio, la gioia ineffabile di patire qualche cosa con Gesù e per Gesù, con la gioventù e per la gioventù a Lui tanto prediletta, e ciò fino all’ora nascosta nel mistero del Cuore divino, infallibilmente la più opportuna alla causa della verità e del bene.
E poiché da tante preghiere tutto dobbiamo sperare, e poiché tutto è possibile a quel Dio che alla preghiera tutto ha promesso, abbiamo fiduciosa speranza ch’Egli voglia illuminare le menti al vero e volgere le volontà al bene, così che alla Chiesa di Dio, che nulla contende allo Stato di quello che allo Stato compete, si cessi di contendere ciò che a Lei compete, la educazione e formazione cristiana della gioventù, non per umano placito ma per divino mandato, e che pertanto essa deve sempre richiedere e sempre richiederà, con una insistenza ed una intransigenza che non può cessare né flettersi, perché non proviene da placito o calcolo umano o da umane ideologie mutevoli nei diversi tempi e luoghi, ma da divina ed inviolabile disposizione.
E Ci ispira pure fiducia e speranza il bene che indubitabilmente proverrebbe dal riconoscimento di tale verità e di tal diritto. Padre di tutti i redenti, il Vicario di quel Redentore che, dopo aver insegnato e comandato a tutti l’amore dei nemici, moriva perdonando ai suoi crocifissori, non è e non sarà mai nemico di alcuno e così faranno tutti i buoni e veri figli suoi, i cattolici che vogliano serbarsi degni di tanto nome; ma essi non potranno mai condividere, adottare o favorire massime e norme di pensiero e di azione contrarie ai diritti della Chiesa ed al bene delle anime e perciò stesso contrarie ai diritti di Dio.
Quanto preferibile a questa irriducibile divisione delle menti e delle volontà, la pacifica e tranquilla unione dei pensieri e dei sentimenti, che per felice necessità non potrebbe non tradursi in feconda cooperazione di tutti per il vero bene a tutti comune; e ciò col plauso simpatico dei cattolici di tutto il mondo, invece che col loro universale biasimo e malcontento, come ora avviene! Preghiamo il Dio di tutte le misericordie, per la intercessione della sua SS. Madre che testé ci arrideva di plurisecolari splendori, e dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, che Ci conceda a tutti di vedere quello che conviene fare e a tutti dia la forza di eseguirlo.
La Benedizione Nostra Apostolica, auspice e pegno di tutte le Benedizioni divine, discenda sopra di voi, Venerabili Fratelli, sui vostri Cleri, sui vostri popoli, e vi rimanga sempre.
Roma, dal Vaticano, nella Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 1931.
PIUS PP. XI
[1] Is., XXXVIII, 17.
[2] Psalm. XCIII, 19.
[3] Luc., XXII, 28.
[4] I Cor., VII, 4.
[5] Psalm. XXVI, 12.
[6] Matth., XXVIII, 19-20.
[7] Matth., XIX, 13 seqq. XVIII, 1 seqq.
[8] Io., X, 10.
[9] Rom., VIII, 31.
[10] 2 Cor., VIII, 23.