Memorie storiche della città e del territorio di Trento/Prefazione

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Memorie storiche della città e del territorio di Trento Parte prima
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PREFAZIONE





Strana cosa sembra il vedere, come avendo quasi tutte le città e provincie d’Italia la loro particolare storia la nostra fin’ora non abbia avuta la sua, quando pure nel lungo giro de’ secoli importantissimi fatti in essa avvennero, i quali non meno che quelli d’ogni altra città ben meritavano d’essere da una particolare storia tramandati alla memoria de’ posteri. Noi abbiamo un libro di Gio. Pirro Pincio col titolo De vitis Pontificum Tridentinorum stampato nel secolo decimo sesto, ed un altro scritto dappoi nell’italiana favella intitolato Trento, del Mariani; ma questi due scrittori ben lungi sono dall’avere le qualità, per cui meritar possano il nome di storici. Il Padre Benedetto Bonelli, ch’ebbe dal Principe Vescovo Francesco Felice l’incarico d’esaminare l’archivio del Castello del Buon-Consiglio, e di raunare ed unir quelle cose, che più notabili fossero, [p. iv modifica]tre grossi volumi in 4.° pubblicò colle stampe negli anni 1760, 1761, 1762 intitolati Notizie istorico-critiche della Chiesa di Trento, ed un altro in lingua latino ne pubblicò l’anno 1765 col titolo Monumenta Ecclesiæ Tridentinæ. Contengono questi volumi una lunga serie di documenti tratti dall’archivio suddetto, i quali servir possono utilmente ad illustrare la nostra storia del medio evo, e copiosi materiali somministrano per tale oggetto. Pregevolissima è bensì per questo riguardo la fatica del Padre Bonelli; ma essa non è la storia del nostro paese, come un ammasso di sabbia e di pietre non è un edifizio; ma la mano richiede dell’architetto, che lo innalzi, e gli dia una conveniente e regolar forma. Niuno tra di noi oggidì stato sarebbe più atto a compiere degnamente quest’opera del ch. Cavaliere Carlo Rosmini, il quale tessendo la storia di Trento avrebbe tessuta ad un tempo stesso quella ancora di Roveredo Sua patria e della Valle Lagarina, ch’è pur del Trentino una sì nobile e sì ragguardevole parte; ma ito a soggiornare in Milano i suoi studj egli ha [p. v modifica] rivolti ad altre storie, che più importanti sono delle nostre. Molte cose alla storia di Trento e del suo territorio appartenenti, che nel vario corso de’ miei studj mi avveniva d’incontrare, io soleva pure raccogliere, e sebbene confusamente in varie mie carte notare. Io sentiva sovente la voce dell’amor patrio, ed un pungente stimolo a scrivere in quella guisa, che per me si potesse, la nostra storia: ma non versato punto in cotal genere di studj io sentiva altresì, quanto poco atto io fossi ad un lavoro di tal natura, lavoro di lunga lena, e che il travaglio di molt’anni esigendo ora per la mia già troppo grave età non aveva a sperare di poter più compiere. Malgrado di tutto questo io disegnava meco medesimo di render pubbliche almeno quelle poche memorie, che aveva raccolte; ma occupato fin’ora in altre cure tempo non ebbi mai nè agio di recare il mio divisamento ad effetto, ed esse si giacquero fin’ora sconosciute e sepolte. Ora però, che posta ho l’ultima mano alle altre deboli mie opere, e giunto già sono all’età d’ottanta un anno, io credetti di non dover più oltre [p. vi modifica]indugiare ad intraprendere sollecitamente questo, qualunque siasi, mio lavoro. Io mi posi dunque ad unire le Memorie suddette, ch’erano qua e là disperse, e ad ordinarle, come meglio potei, distribuendole in differenti epoche secondo l’ordine de’ tempi: dico come meglio potei; perchè, perduta avendo infelicemente già da tre anni la vista, costretto or sono a leggere cogl’occhi altrui, ed a scrivere coll’altrui mano. Sono esse divise in due parti: la prima, che ora esce alla luce, comprende la dominazion de’ Romani incominciando dal secolo d’Augusto dopo la celebre guerra Retica fino all’estinzione dell’Impero romano in Occidente, e poi quella de’ Re Goti, e de’ Re Longobardi, ed indi estinto il regno longobardico quella degli Imperatori Franchi e Tedeschi, e dei Re d’Italia fino all’anno 1027, essendo Trento ed il suo territorio fino a tal tempo stato sempre una parte del Regno italico. Avendo l’Imperator Corrado il Salico l’anno 1027 donato il temporale dominio del Ducato, Marchesato, o Comitato di Trento al Vescovo Udalrico, ed a tutti i suoi [p. vii modifica]successori in perpetuo, i quali da quel punto ne divennero principi e signori territoriali, la seconda parte di queste Memorie, se il cielo darammi vita e salute onde poter a compimento ridurla, abbraccierà la dominazione o il governo de’ nostri Principi Vescovi; e le varie vicende del nostro paese, ed i più importanti avvenimenti, che in esso ebber luogo, fino all’epoca della secolarizzazione dei Principati ecclesiastici avvenuta l’anno 1803.

Io ho dovuto nel corso della mia opera esaminare e discutere alcuni punti di storia, ciò necessario essendo ed indispensabile, ove d’antichi secoli si favelli, e di controversie, che dal vero senso degli antichi latini scrittori dipendono, e da quel giusto raziocinio, che dal complesso d’altre notizie viene a prodursi. Dovendo lo storico non le guerre solamente ed i nomi de’ dominanti d’età in età riferire, ma metter pure dinanzi agli occhi il vario e diverso aspetto de’ costumi e de’ tempi, e lo stato prospero o infelice, in cui nelle diverse età ritrovossi il paese, del quale ragiona, mi convenne sovente parlare non della città o provincia sola di [p. viii modifica]Trento, ma accennar pure il vario stato delle altre contigue città d’Italia, non potendosi per altra via scrivere la storia d’una città o provincia se non le rivoluzioni narrando e gli avvenimenti, che ad un gran tratto di paese furon comuni. Niuno però s’aspetti di ritrovare in queste Memorie un intero e compiuto filo di storia del nostro paese, e di tutte le cose, e di tutti i fatti, che in differenti tempi vi avvennero; ma io spero, che questo tenue mio Saggio servir possa almeno ad altri d’eccitamento e d’impulso a compiere un lavoro, che sia degno della patria nostra. Io chiedo indulgenza pei difetti, che saran pur molti, e le sviste e gli errori, che incontreransi nel mio lavoro, pregando il leggitore di voler far grazia alla mia già cadente età non meno che alla mia cecità, per cui mi fu forza molte cose agli occhi ed alla diligenza de’ miei amanuensi affidare. Per quanto però esser possa imperfetto e difettoso il mio travaglio, io mi lusingo di trovar perdono, se ho osato tuttavia pubblicarlo, e se volli pur rendere pria di scendere nella tomba questo, qualunque siasi, tributo alla mia [p. ix modifica]patria, qua, dice Cicerone, nihil dulcius, nihil carius esse potest. Io ho sentito sempre quest’amore patrio non meno per la Naunia, ch’è il nido, in cui nacqui, che per la città, in cui la maggior parte della mia vita pur trapassai, ed in cui le più importanti cariche, sebbene immeritamente, ho per lunghi anni coperte; poichè due patrie, dice il citato Cicerone, noi abbiamo, quella in cui siamo nati, e quella in cui siamo vissuti. Catoni, scrive egli,1et omnibus municipibus duas esse censeo patrias, unam naturae, alteram civitatis, in quam susceptus est.

Trento 14 novembre 1819.


Note

  1. De legibus II. 2.