Ménica dall'ortolano

Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Ménica dall'ortolano Intestazione 27 giugno 2024 75% Da definire

La spósa ricca La mamma prudente
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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MÉNICA DALL’ORTOLANO.

     Du’ bbaiocchi d’andivia.[1] E cche mme dài?
Quattro pieducci soli? Ôh ssanta fede!
Ma ssei matto davero o mme sce[2] fai?
Questa, capata[3] ch’è, mmanco se[4] vede.

     Tu stasera vòi famme[5] passà gguai
Co’ la padrona. Ebbè? ccosa succede?
Te l’aribbutto llì, Ggiachemo, sai?
Presto, a tté, ttira via, ggiù, un antro piede.[6]

     Da scerto temp’in qua, ppropio, sor coso,
Ve séte messo sur caval d’Orlanno:
Come ve séte fatto carestoso!

     Varda[7] cqui ddu’ bbaiocchi d’anzalata![7]
E aringrazziamo er cèfolo:[8] quest’anno
L’erba è ddiventat’oro, è ddiventata.

19 febbraio 1835.

Note

  1. Invidia.
  2. Mi ci.
  3. [Scelta], mondata.
  4. Si.
  5. Vuoi farmi.
  6. [Un] altro [cesto].
  7. 7,0 7,1 Guarda [qui che miseria è due baiocchi d’]insalata.
  8. Ringraziamo il cielo: modo scherzoso. [Cèfolo: cefalo.]