Luminosa stendea l'aurora in cielo

Bernardo Morando

XVII secolo Indice:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu Sonetti Letteratura XVII. La visitazione Intestazione 10 agosto 2022 100% Da definire

O de le umane brame Dai tenebrosi orrori
Questo testo fa parte della raccolta Bernardo Morando
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XVII

LA VISITAZIONE

     Luminosa stendea l’aurora in cielo
de’ primi raggi il suo vermiglio ammanto;
altra aurora spargea piú chiari intanto
ne’ monti di Giudea raggi di zelo.
     Quella d’un breve fuggitivo sole
al mondo promettea povera luce;
questa del sole onde quel Sol riluce
chiudea nel sen meravigliosa prole.
     Che non può santo zelo? Ecco vagante
quella ch’a noi del ciel le strade addita,
peregrina d’amor per via romita,
ver’ la cognata umíl move le piante.
     Gran merto, e che non può? Gli angeli a schiere
ecco, per addolcire a la gran diva
de l’alpestre camin la noia estiva,
scendon qua giú da le celesti sfere.
     Sospende altri di lor serico tetto
sul regio capo a riparar gli ardori;
altri d’Arabia i piú pregiati odori
versa d’intorno al virginal cospetto;

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     altri onor trïonfale in piú d’un arco
inalza, ove la dea sue glorie scorge;
evvi intanto chi umíle il braccio porge
del divin braccio a l’onorato incarco;
     parte di passo in passo, a coro a coro,
temprando a vario suon musiche note,
rinovan lá de le celesti rote
il concento dolcissimo canoro;
     molti di rose non caduche e frali,
ch’ebber stelle per stelo e rai per spine,
vanno intrecciando al sacrosano crine
ghirlande incorrottibili, immortali;
     parte col ventilar di leggier volo
le spira intorno zeffiri celesti;
parte, ov’avvien ch’il sacro piè calpesti,
di rari fior va lastricando il suolo.
     Il suolo istesso, ov’ella i passi move,
si fa di fiori in mille guise adorno;
l’aura che spira, a lei sospira intorno;
il ciel nembo di grazie in sen le piove.
     S’alza ogni basso fior, quasi che brami
de la veste real baciare il lembo,
e per fioccarle i dolci frutti in grembo
ogni pianta sublime inchina i rami.
     Che dico? anco ogni sfera in ciel s’atterra
a riverire, ad adorar tal nume;
e per farsi piú chiaro a sí gran lume
il ciel desia di tragittarsi in terra.
     Che meraviglia è ciò, s’ebbe desio
di farsi il sommo Verbo anch’ei terreno?
Ma un ciel pur anco è quel vergineo seno,
ché quivi è il ciel dove sua stanza ha Dio.
     Vanne, animato ciel, vanne felice,
ché la felicitá teco s’annida:
Dio ti sia scorta, anzi tu a Dio sii guida,
poiché Dio stesso oggi portar ti lice.