Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde/VI

L'episodio del Dr. Lanyon

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V VII

Passò del tempo; una taglia da migliaia di sterline fu messa a ricompensa, perché per la morte di Sir Danvers ci si risentì come per una offesa al bene comune; ma dalle indagini della polizia il signor Hyde risultava sparito, come se non fosse mai esistito. Per il vero parecchio fu svelato del suo passato, ed era del tutto disonorevole: vennero fuori delle storie sulla crudeltà del personaggio, così insensibile e violento al tempo stesso; sulla sua vita turpe, sulle sue strane frequentazioni, sul livore che sembrava aver segnato le sue imprese; ma sul suo attuale domicilio, non c'erano neppure dicerie. Dall'epoca in cui aveva lasciato la casa in Soho la mattina dell'omicidio, egli risultava semplicemente svanito; a poco a poco, col passare dei giorni, Utterson cominciò a riprendersi dalla morsa dei suoi timori e acquisiva maggiore tranquillità. La morte di Sir Danvers, dal suo punto di vista, era stata più che ripagata dalla scomparsa del signor Hyde. Ora che era stato sottratto a quella influenza malvagia, una nuova vita cominciava per il dottor Jekyll. Egli uscì dal suo isolamento e riallacciò le relazioni con i suoi amici, tornò ad essere ancora una volta il loro abituale ospite e intrattenitore; e mentre era sempre stato conosciuto per le sue opere di carità, ora non si distingueva da meno per il suo fervore religioso. Si dava da fare, stava molto all'aria aperta, faceva del bene; il suo volto sembrava aprirsi radioso, come se avesse un'intima consapevolezza dei suoi meriti; e per oltre due mesi, il dottore stette in pace.

L'otto di gennaio Utterson cenò dal dottore in occasione di un piccolo ricevimento, c'era anche Lanyon; il viso del padrone di casa era oggetto di sguardi dall'uno all'altro, come ai vecchi tempi, quando i tre erano amici inseparabili. Il dodici e nuovamente il quattordici, l'avvocato si vide chiudere la porta in faccia. Il dottore era confinato nel suo appartamento, disse Poole, e non riceveva visite. Il quindici provò di nuovo, e di nuovo gli fu negata la visita; e dal momento che negli ultimi due mesi era solito vedere l'amico quasi quotidianamente, questo ritorno alla solitudine gli pesava. La quinta sera invitò a cenare con sé Guest e la sesta si recò a casa del dottor Lanyon.

Almeno lì non gli fu rifiutato l'ingresso, ma non appena entrò, rimase scioccato dal cambiamento avvenuto nell'aspetto del dottore. Egli aveva la sua sentenza di morte chiaramente scritta sulla faccia. Quell'individuo dal colorito roseo, ora era pallido, la sua carne inflaccidita, era visibilmente più calvo e più vecchio; eppure non furono tanto questi segni di un rapido decadimento fisico che colpirono l'attenzione dell'avvocato, quanto piuttosto uno sguardo con degli occhi e un certo modo di fare che sembravano testimoniare un terrore profondamente radicato nell'animo. Era improbabile che il dottore temesse di morire; e tuttavia proprio questo fu ciò che Utterson fu portato a sospettare. «Sì,» pensò «è un medico, deve essere a conoscenza del proprio stato di salute e che i suoi giorni sono contati; e questa consapevolezza è più di quanto possa sopportare.» Tuttavia quando Utterson gli fece notare il suo aspetto malato, Lanyon con grande dignità dichiarò di essere un uomo condannato.

«Ho avuto un colpo,» disse «e non mi riprenderò. È solo questione di settimane. Beh, la vita è stata piacevole, mi è piaciuta; sì, dai, di solito mi piaceva. Certe volte penso che se noi conoscessimo le cose per intero, saremo più felici di andarcene.»

«Anche Jekyll è malato.» osservò Utterson. «Lo hai visto?»

Ma la faccia di Lanyon mutò, e alzò una mano tremolante. «Desidero non vedere o sentire parlare più del dottor Jekyll,» gridò con voce incerta «ho chiuso definitivamente con quella persona; e ti prego di risparmiarmi qualsiasi allusione a uno che considero morto.»

«Che brutta storia.» disse Utterson; e poi dopo una notevole pausa, «Non posso fare nulla?» domandò. «Noi siamo amici di vecchia data, Lanyon, non vivremo abbastanza per farcene degli altri.»

«Non ci si può fare nulla,» rispose Lanyon «chiedilo a lui stesso.»

«Non mi riceverà.» rispose l'avvocato

«La cosa non sorprende.» fu la sua risposta. «Un giorno, Utterson, dopo che sarò morto, tu forse potrai venire a conoscenza di come stanno le cose. Io non posso dirtelo. E nello stesso tempo, se puoi sederti e restare a parlare con me di qualche altra cosa, per l'amor di Dio, resta e fallo; ma se non riesci a tenerti alla larga da questo maledetto argomento, allora, nel nome di Dio, va, perché io non lo reggo.»

Non appena fu di ritorno a casa, Utterson si sedette e scrisse a Jekyll, lamentandosi della sua esclusione dalla casa, e domandando quale fosse la causa di questa infelice rottura con Lanyon; il giorno seguente gli portò una lunga risposta, spesso espressa in modo davvero patetico, e talvolta tendente ad essere oscuramente misteriosa. Il contrasto con Lanyon era insanabile. “Io non biasimo il nostro vecchio amico,” scriveva Jekyll “ma condivido il suo giudizio circa il fatto che non dobbiamo più vederci. Ho intenzione d'ora in avanti di condurre una vita estremamente ritirata; non devi esserne sorpreso, né devi dubitare della mia amicizia, anche se la mia porta è spesso chiusa anche per te. Devi lasciarmi andare per la mia strada, per quanto sia priva di luce. Mi sono procurato da solo una punizione e un pericolo che non posso nominare. Se io sono il primo tra i peccatori, sono anche il primo per patimenti. Non avrei potuto credere che su questa terra ci fosse posto per sofferenze e terrori ai quali non siamo preparati; Utterson c'è una sola cosa che tu puoi fare, per alleviare questo destino, e questa è di rispettare il mio mutismo.» Utterson era sbalordito; l'oscura influenza di Hyde era stata allontanata, il dottore era tornato alle sue vecchie occupazioni e frequentazioni; una settimana fa, le sue prospettive erano tutte rosee e promettenti una lieta e onorata vecchiaia, e ora in un baleno, le amicizie, la tranquillità e l'intero corso della sua vita era distrutto. Un cambiamento così grande e inopinato faceva pensare alla pazzia; ma considerando i modi e le parole di Lanyon, si doveva celare dietro tutto ciò una ragione più profonda.

Una settimana dopo il dottor Lanyon si allettò, e in meno di due settimane era già morto. La notte successiva al funerale, dal quale era stato tristemente scosso, Utterson serrò la porta del suo studio e, sedutosi lì alla luce di una malinconica candela, tirò fuori e pose davanti a sé una busta in cui l'indirizzo era stato scritto dalla mano del suo amico morto, ed era stata suggellata con il suo sigillo. “PERSONALE: da consegnare SOLO nelle mani di G. J. Utterson e in caso di suo decesso, distruggere senza darne lettura.” questo è quanto riportava chiaramente la soprascritta; l'avvocato temeva di guardarne il contenuto. “Oggi ho seppellito un amico,” rifletté “e se questa lettura dovesse costarmi la perdita di un secondo?” Poi giudicò questi timori come una mancanza di lealtà, e ruppe i sigilli. All'interno c'era un secondo involucro, anch'esso sigillato, contrassegnato sul fronte come “da non aprire prima della morte o della scomparsa del dottor Henry Jekyll.” Utterson non credeva ai propri occhi. Sì, c'era scritto scomparsa; ancora una volta, come nel folle testamento che molto tempo prima aveva restituito al suo autore, ancora una volta qui, c'era l'idea della scomparsa associata al nome di Henry Jekyll. Ma nel testamento, quell'idea era scaturita dalla sinistra suggestione di quel Hyde, ed era stata inserita lì con uno scopo del tutto evidente e orribile. Scritta dalla mano di Lanyon, che cosa poteva significare? Il curatore fu preso da un grande desiderio di indagare, di non ottemperare al divieto e immergersi subito verso il fondo di quei misteri, ma l'etica professionale e la lealtà verso l'amico defunto erano obblighi a cui non si poteva sottrarre; così il pacchetto fu messo a dormire nell'angolo più remoto della sua cassaforte personale.

Una cosa è non assecondare la curiosità, altro è sconfiggerla; e c'è da dubitare che, da quel giorno in avanti, Utterson desiderasse la compagnia dell'amico ancora in vita con la stessa impazienza. Pensava a lui con affetto, ma i pensieri erano inquietanti e spaventosi. In verità andò a cercarlo, tuttavia probabilmente si sentì sollevato quando gli negarono l'accesso; forse, in cuore suo, preferiva scambiare due parole con Poole sulla soglia di casa, attorniato dall'aria aperta e dai suoni della città, piuttosto che essere ammesso in quella casa di volontaria prigionia e sedersi a parlare con il suo enigmatico recluso. Per la verità, Poole non aveva notizie molto piacevoli da comunicare. Il dottore, così sembrava, se ne stava ora più che mai confinato nel suo studio sopra il laboratorio, dove delle volte si tratteneva perfino per dormire; era giù di corda, ed era diventato molto taciturno, non leggeva; sembrava che avesse qualcosa per la mente. Utterson incominciò ad abituarsi al carattere sempre uguale di questi rapporti, al punto che poco a poco diradò la frequenza delle sue visite.