Lo schiavetto/Dedica
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Da quegli anni, che la bella Italia cominciò pur a godere una tranquilla pace, quasi a ristoro de’ travagli di tante continuate guerre, cominciarono valentissimi personaggi a ritrovare l’antico tralasciato uso del rappresentar comedie. Di queste, nondimeno, pochi si sono potuti conoscere, che se ne dimostrassero insieme i compositori e rappresentanti; contenti gli uni dello studio e gloria della invenzione, si addossarono gli altri il carico del recitare. Per l’eccellenza di questi e di quegli, fattosi dubbio di chi più meritasse a pubblico giovamento; ché, se perfetti dicitori non ci avesse dati il nostro secolo, a notizia di picciol numero di persone sarebbero l’opere de’ componenti. Ora, se alcuno acquista fama di riuscita nel rappresentare e nel comporre, altresì questi è il comico Giovan Battista Andreini detto Lelio, il quale, non meno con scelta favella che dottrina, ci se fa veder compiutamente faceto e leggiadro, facondo e saggio, pronunciando e scrivendo. Né perciò vi è chi no’l giudichi con dignità fatto capo de’ comici della compagnia, ch’il Serenissimo duca di Mantova ha eletto nella sua corte.
Alle molte opere, che l’istesso Andreini ha composte, in ogni parte lodate, avendo aggiunto quest’altra dilettevolissima comedia, con titolo dello Schiavetto, che nel farla sentire prima in diverse città è stata con ogni applauso gradita, è poscia egli compiaciuto che ne fossero anco le stampe adorne. Io, che della impressione mi sono dato cura, nella dimora che in Milano questa estate ha fatto la compagnia, conceduta da quella Altezza nell’arrivo dell’eccellentissimo signor marchese de la Hynojosa governatore, non ho veduto a chi più convenientemente possa raccomandare il proteggerla, che alla autorità di vostra signorìa illustrissima, la quale, come consiglier di Stato e come ambasciatore dell’Altezza medesima, può farle sostener il decoro nel Mantovano, nel Monferrato, nel Milanese, e in ogni provincia ove essa porti il suo nome avanti, ché in ogni luogo deve esser pervenuto il degno grido di quanto vostra signorìa illustrissima soglia esser defenditrice, e officiosa per virtuosi. Né volendo per ora entrare a maggior campo dell’altre lodatissime qualità, che adornano la sua persona e la tengono in istima presso ogni principe, aspettarò dalla sua benignità la grazia di essa protezione, di che umilmente la supplico. E le faccio riverenza, rendendola padrona sempre di quanto da me può dipendere.
- In Milano a 6 di Ottobre 1612.
- Di vostra signorìa illustrissima, servitore devotissimo, Pandolfo Malatesta.