Lo schiavetto/Atto terzo/Scena I
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Giovan Battista Andreini - Lo schiavetto (1612)
Atto terzo - Scena I
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Alberto
- Alberto.
- O com’è vero il detto del savio, quando disse che quanto più l’uomo dalla felicità si crede lontano, allora con passo improviso si vede entrato in quella. E io ho pur veduto che molte navi, scorrendo felicemente per l’alto mare, ruppero poi e abissarono nell’entrare di sicuro porto, e altre, sdrucite e agitate dall’onde, sicure alla fine al porto si condussero. Che più? Faggio, pino, cipresso, percosso dal folgore, quasi incenerito ne rimase, e pure in breve si ritornò a rivestire de’ suoi frondosi onori. Alfine concludo che intervengono più presto le cose disperate che le sperate. E di qui vedi ancor tu, o Alberto, come ti s’è offerta la ventura di questo prencipe incognito, il quale non solo t’ha da far del bene per istarte in casa, ma perché, forse forse, tu potresti pettargli alle spalle Prudenza per moglie. Oh lo volesse il Cielo! Allora sì, che tutti saluterebbero, e meco parlando, ad ogni ora e tenendo il cappello in mano, ci caccierebbero l’illustrissimo signor sì e l’illustrissimo signor no, per far più sonora la musica. Altra volta fu detto che la vera nobiltà da virtù dipendeva, e l’altre cose tutte dalla fortuna; altra volta si disse che la nobiltà non debbe esser considerata dal sangue, ma da i costumi, e che la vera nobiltà non da l’altrui splendore si riceve, ma con la propria fatica virtuosa, mentre operando s’acquista. Ma ogni età ha ’l suo costume; adesso non è così: chi ha più quattrini, quello è più nobile. Ed è pur vero, ché alcuna fiata i’ sento ad un tale ignorante dar dell’illustrissimo perché ha quattro quattrinnucci, che mi fa crepar dalle risa, ricordandomi che l’altro giorno lo vidi andar mendicando il solo messere. Orsù Alberto, segui il costume del mondo immondo! Appìgliati pure al quattrino, poi che, per dire il vero, rallegra più uno scrittoio di doble mal tondate, che la più bella libreria del mondo. Riprèndanmi pur questi sciocchi dicendo: «Alberto, marita la figliola! Che vuoi tu fare? Stai troppo!». O goffi, guardino un poco; questo è il colpo, che per sé tiene ogni buono schermitore: maritarla senza dote era il mio disegno, ed ecco che vicino sono a far che la cosa riuscisca. Rimane solo ch’io disponga la figliola, la quale mi credo che in rimirare il suo bene non sarà cieca talpa.