Lo schiavetto/Atto secondo/Scena VI

Atto secondo - Scena VI

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Scemoel, facchino, e Fulgenzio

Scemoel.
In effetto fino da fanciullo intese a dire che chi dorme non piglia pesce. Scimison, tu sai che se’ stimato il più vituperoso giudeo che sia di qua e di là da i monti Caspi; e di più, dicesi che chi la fa a te, per la Torrà, convien che sia della tribù de’ più fini, e come a lo Gohim ho giurato di fraccarla, scappi se può. Affé, che questo signor Alberto ha da passar per queste mani anch’esso, se vorrà spender i zevvin traboccanti; poi che la robba mia, per mirarla, farebbe aprir gli occhi ad un morto. Che di’ tu, come pesa questo forziero?
Facchino
Che diavolo vi avete dentro? sonovi forse tutte le lucerne delle sinagoghe? o tutti i coltelli della saggattaria? Fate presto, ch’io non posso più.
Fulgenzio.
Questi non è Orazio.
Scemoel.
O taci, taci, ché di qua vedo che se ne viene il maggior scellerato di tutto il giudaesmo.