Liriche (Corazzini 1935)/L'amaro calice/Toblach
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TOBLACH
I.
E giovinezze erranti per le vie
piene di un grande sole malinconico,
portoni semichiusi, davanzali
deserti, qualche piccola fontana
che piange un pianto eternamente uguale
al passare di ogni funerale,
un cimitero immenso, un’infinita
messe di croci e di corone, un lento
angoscioso rintocco di campana
a morto, sempre, tutti i giorni tutte
le notti, e in alto, un cielo azzurro, pieno
di speranza e di consolazione,
un cielo aperto, buono come un occhio
di madre che rincuora e benedice.
II.
Le speranze perdute, le preghiere
vane, l’audacie folli, i sogni infranti,
le inutili parole de gli amanti
illusi, le impossibili chimere,
e tutte le defunte primavere,
gl’ideali mortali, i grandi pianti
de gli ignoti, le anime sognanti
che hanno sete, ma non sanno bere,
e quanto v’ha Toblach d’irraggiungibile
e di perduto è in questa tua divina
terra, è in questo tuo sole inestinguibile,
è nelle tue terribili campane
è nelle tue monotone fontane,
Vita che piange, Morte che cammina.
III.
Ospedal tetro, buona penitenza
per i fratelli misericordiosi
cui ben fece di sè Morte pensosi
nella quotidiana esperienza,
anche se dal tuo cielo piova, senza
tregua, dietro i vetri lacrimosi
tiene i lividi tuoi tubercolosi
un desiderio di convalescenza.
Sempre, così finchè verrà la bara,
quietamente, con il crocefisso
a prenderli nel ’ultima corsia.
A uno a uno Morte li prepara,
e tutti vanno verso il tetro abisso
lungo, Speranza! la tua dolce via!
IV.
Anima, quale mano pietosa
accese questa sera i tuoi fanali
malinconici, lungo gli spedali
ove la morte miete senza posa?
Vidi lungo la via della Certosa
passare funerali e funerali;
disperata etisia degli Ideali
anelanti la cima gloriosa!
Ora tutta è quieto: nelle bare
stanno i giovani morti senza sole,
arde in corona la pietà de’ ceri.
Anima, vano è questo lacrimare,
vani i sospiri, vane le parole
so quanto ancora in te viveva ieri.