17. L’imperatore del Gattaio

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Partimoci dallo Usibech per andare allo inperadore del Gattaio, che sono quindici giornate. Infra questi inperadori sono molte castelle e ville, che nolle conto per tedio; e il detto paese si chiama el Gattaio.

E in questo paese è una gran città: dicesi ch’ella fu la magiore città del mondo, e la muraglia lo dimostra, che chi la vede, il crede. Questa città non à mura, ed è chiamata Venzina; ed à dal drento al di fuori cinque mila ponti, e in su ciascuno ponte è una torre; e in mezo di questa città è un lago grandisimo, e nel mezo del lago è una isola di giro di miglia cento cinquanta, ed è abitata di molte generazioni di gente.

E nella detta città si fa molto sale e molta seta: lo sale va per inperio, ed àssene molto tesoro; la seta va alla Tana. Di questo inperadore non vi posso dire la sua possanza né la sua richeza: èvi gran quantità di spezierie. In questo reame si spende una moneta, che si chiama colli di zelmini, colla impronta del signore; e sono larghi quanto un grosso. Non resta, però, che in questo paese non sia di molto oro e ariento. Questa città è fornita di molte gioie, e non ne fanno troppa istima.

Questa città è presso alla marina, e à navili assai; e questi navili ciascuno à cinque o sei alberi, ciascuno colla vela in mezo. E sono questi navili fatti con caviglie sanza ferri, per cagione che in quello mare v’è di molta calamita.

Io voglio che voi sapiate della sua posanza. Questo inperadore si misse a disfare il Tanburlà (questo Tanburlà è il signore di Tartarìa) per piccolo sdegno che ’l Tanburlà fecie a uno scudiere dello inperadore del Gattaio: lo ’nperadore lo voleva disfare, onde il Tanburlà fecie abruciare tutti i suoi paesi, che furono di lungheza più di sesanta giornate, che v’era molte ville e castella, ch’erono in mezo tra.llo inperadore e ’l Tanburlà. Fecie questo abruciamento, perché lo ’nperadore non trovasse da mangiare, che sono cento giornate dallo inperio a Samacante, la quale è la principale città che abia il Tanburlà.

E sapiate che lo ’nperadore ci disse che andava adosso al Tanburlà con due milioni d’uomini tra a cavallo e a piè; e trovamoli per lo cammino. E dicovi che quando fummo giunti collo inperadore del Gattaio, ci disse che ’l Tanburlà era più possente signore del mondo.

Partimoci dal detto inperadore, e a dodici giornate trovamo una città chiamata Misco, sugietta allo ’nperadore del Gattaio; e il re si chiama Salaniche, ed è idolatro, e fa i sacrifici che fa il suo signore. Questa città à uno porto di mare, che si chiama Salo; e a questo porto vengono e’ navili carichi di seta, la quale portono alla Tana, e vanno per terra.

E a sei giornate di qui è un’altra città detta Taburca; e non v’è signore, anzi si reggie a popolo, e dà trebuto al signore del Gattaio.

E di sopra a nove giornate v’è un’altra città chiamata Campofavano: è molto rica, e regiesi a popolo, e dà cienso al Gattaio; èvvi molto oro e ariento e piombo. Sono uomini di piccola statura, ànno grande quantità di bestie. Costoro ànno fatto gran guerra al Tamburlà; e lo ’nperadore del Gattaio li tiene molto cari, perché sono valenti vuomini.